martedì 14 gennaio 2025

Piglio, le origini della Chiesa di S. Antonio Abate

Il numero elevato di edifici di culto presenti a Piglio è la testimonianza più eloquente di un passato ispirato alla pratica religiosa.

Le Chiese di Piglio possono essere divise in due grandi categorie: urbane e rurali.

Al primo gruppo appartengono oltre alla Collegiata Santa Maria Assunta, anche la chiesa di S. Antonio Abate, la cappellina di San Pietro in Vincoli sita (nella rocca del Castello), la chiesa di San Nicola (detta anche dell’Oratorio), la cappellina di San Sebastiano ora scomparsa (situata sotto l’Arco della Fontana), la chiesa di Santa Lucia e del Santuario della Madre Santissima (detta delle Rose).

Tali edifici si trovano tutti sullo stesso asse da Ovest ad Est, quasi lungo un grande ed ipotetico viale.

L’orientamento verso Est testimonia l’antichità degli impianti originari.

Mentre appartengono alla categoria rurale, il Santuario della Madonna del Monte, la Chiesa di San Rocco-Madonna della Valle, ubicate rispettivamente alle due estremità di Piglio, la Chiesetta degli Angeli (dedicata ai due Papi Pio XII e Paolo VI) in località “Lapillo” e la cappellina, dedicata a San Pietro in Tehano in località la “Civitella” nei pressi del Casale omonimo.

Parliamo ora delle origini della chiesa di S. Antonio Abate.

Il popolo pigliese a questo Santo ha dedicato una chiesetta ad est del paese alle porte di Piglio, dove in tempi passati c’era la transumanza delle greggi.

Da quanto risulta in un documento rinvenuto dal parroco don Marcello nell’archivio della Collegiata Santa Maria, questa chiesetta era anticamente utilizzata quale cappella ospedaliera.

Ne riportiamo il testo: “Orfeo da Ludovico della città d’Arezzo passando nel 1622 in Piglio fu invitato a servire l’ospedale allora esistente. Orfeo accettò come avevano fatto gli altri ospedalieri confermati da Mons. Antonio Seneca.

Nell’anno 1625 il sopra detto Orfeo non trovando in alcuna Chiesa l’immagine di S. Antonio si adoperò per la nascita della devozione del Santo.

Nel 1626 il medesimo Orfeo chiese ed ottenne dal Vescovo di Anagni, Mons. Gaspare Melis, di poter far celebrare la S. Messa nella cappella, dopo l’avvenuta benedizione.

I doni per arredare la cappella del necessario per la celebrazione eucaristica furono numerosi e sono elencati in un inventario conservato nell’archivio parrocchiale.

La Chiesa fu dotata subito anche di un campanile e di una campana.

Fu posto nella Chiesa anche un quadro di S. Antonio Abate fatto da Mattia Testa ed un quadro della Madonna del Carmine fatto da Pompilio Feraioli di Palestrina.

Nel 1633 lo stesso Orfeo volle fondare la Confraternita annessa alla Chiesa.

Nel 1640 Orfeo, vedendo che la devozione della gente cresceva di continuo, volle fare un’altra chiesa grande che terminò nel 1643.

Il Sig. Orfeo lasciò come disposizione che alla sua morte fosse sepolto in mezzo alla Chiesa da lui costruita”.

Dopo Orfeo sono stati i vari parroci a far rivivere questa graziosa Chiesa, costeggiata dalla via Francigena per raggiungere Subiaco e l’Abruzzo.

Proprio in questi tempi era d’uso che i ragazzini andassero a bussare alle porte delle case del Paese chiedendo frutta secca, da poter mangiare insieme ai poveri.

La comunità pigliese inaugura il ciclo delle festività annuali con la festa di S. Antonio che la chiesa commemora il 17 Gennaio.

Sant’Antonio, nell’iconografia antica e moderna è raffigurato vestito di un saio, con un bastone che termina con una T (greca) con ai piedi un maialino e sullo sfondo una umile grotta.

Chi era costui?

Sicuramente un noto personaggio dell’antichità, vissuto nel periodo del tardo impero romano, che vendette ogni suo bene e distribuì il ricavato ai poveri e che stanco di una vita agiata ed oziosa, si ritirò nel deserto dell’Egitto e si distinse in modo particolare per il dono della penitenza e della preghiera.

Fu fortemente tentato dal demonio, che gli portava cibi prelibati a base di carne di animali di ogni genere, ma il Santo, dedito alla penitenza ed ai digiuni, rifiutava scacciando il maligno.

Quale tentazione?

Il Santo invece di mangiare benediva gli animali che Dio Onnipotente, gli faceva ritrovare vivi e che restavano a fargli compagnia nella sua grotta di penitenza.

Considerato dalla tradizione un grandissimo esorcista, sembrava che bastasse pronunciare il suo nome perché il maligno si dileguasse. Si spense in santità dopo aver convertito al cristianesimo migliaia di pagani nel 358 D.C..

E’ proprio da questa diceria, nata nella notte dei tempi, che la pietà popolare ha annoverato S. Antonio Abate come protettore di tutti gli animali domestici di piccola e grossa taglia, tanto era la fama e le leggende che sono finite attorno a questo Santo, e che in ogni paese e in ogni contrada, è venerato come protettore degli animali.

Per quanto riguarda la tradizione pigliese la quale vuole che durante la processione venga portata la Statua del Santo attraverso le vie del paese, seguita da donne non maritate.

Anche per questa usanza c’è una pagana spiegazione: il Santo nei tempi più antichi era tenuto molto più in considerazione che oggi, in quanto la nostra civiltà contadina teneva molto agli animali da cortile i quali erano l’unico sostentamento per le famiglie di allora.

Pertanto metterli sotto la protezione di Sant’Antonio significava dare una benedizione affinché gli animali da cortile prosperassero.

Questo concetto di prosperità e di augurio si estese alle donne non maritate e a quelle senza figli. alle quali S. Antonio doveva provvedere, intercedendo presso Dio, affinché trovassero entro l’anno lo sposo o la fertilità.

Come gli antichi romani facevano offerte in questo periodo dell’anno in modo particolare al Dio Sole, generatore della vita, così è rimasta questa tradizione che, pur nell’aspetto pagano, rappresenta un atto di amore e di devozione.

Notizie in parte raccolte da don Marcello Coretti parroco di Piglio (dal 2000-al 2009)

Giorgio Alessandro Pacetti

lunedì 13 gennaio 2025

PIGLIO, Trecento anni fa veniva Beatificato Andrea Conti.

Correva l’anno 1724 il giorno 11 del mese di dicembre quando a Roma venne Beatificato frate Andrea Conti da Papa Innocenzo.

“Nato da nobile famiglia, Andrea dei Conti di Segni (conosciuto anche come Andrea d'Anagni, dal suo luogo di nascita, oppure, come si trova nel supplemento francescano al Martirologio Romano, che lo commemora il 17 febbraio, semplicemente come Andrea "dei Conti"), era nipote (di Rinaldo Conti, futuro papa Alessandro IV (1254-1261), a sua volta nipote di papa Gregorio IX (1227-1241), e parente stretto di un altro nativo di Anagni, Benedetto Caetani, anch'egli papa con il nome di Bonifacio VIII (1294-1303).

Con tali legami Andrea avrebbe potuto tranquillamente intraprendere una carriera ecclesiastica straordinaria, ma egli rinunciò a tutte le ambizioni di questo genere ed entrò nell'Ordine dei Frati Minori, dove rimase un semplice fratello converso per tutto il resto della sua vita.

Entrato nel monastero di San Lorenzo fondato da S. Francesco stesso (4 ott.), ottenne l'autorizzazione a vivere come eremita. I suoi distinti parenti mostrarono una certa riluttanza ad accettare la scelta di Andrea: nel 1295 suo zio, Alessandro IV, andò a trovarlo c gli pose sul capo un copricapo da cardinale ma «il nostro santo se lo tolse immediatamente, affermando che rifiutava quella carica».

Suo nipote, Bonifacio VIII, gli inviò in seguito le insegne cardinalizie, ma di nuovo egli si rifiutò di accettare l'onore di cui veniva insignito.

Uomo di lettere dotato, scrisse un libro sulla Vergine Maria che si dice «sia stato apprezzato dai dottori della Chiesa», ma che è andato perduto.

Oltre a ciò, ben poco si sa della sua vita, eccetto che fu tenuto in grande considerazione per la sua santità e per i miracoli compiuti sia in vita sia dopo la morte, e che «tormentato in vita da demoni, fu invocato per l'assistenza a coloro che chiedevano aiuto contro di essi».

Morì 1'1 febbraio 1302; il suo culto fu confermato nel 1724.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Piglio nel Lazio, beato Andrea dei Conti di Segni, sacerdote dell’Ordine dei Minori, che, rifiutata ogni più alta dignità, preferì servire Cristo in umiltà e semplicità”.

Notizie riprese dal Martirologio: edizione 2004.

Giorgio Alessandro Pacetti

domenica 12 gennaio 2025

Piglio, la Via Francigena fra natura e segni di santità

Il legame di Piglio con la Via Francigena si sviluppa da quando San Francesco, passando per il Piglio, per raggiungere la vicina Subiaco, fondò un eremo divenuto poi convento con la chiesa annessa dove visse dal 1240 al 1302 il Beato Andrea Conti, zio di Bonifacio VIII.

Proprio lungo questa via si sviluppa un numero elevato di edifici di culto presenti a Piglio che sono la testimonianza più eloquente di un passato ricco di culto e di pratiche religiose.

Iniziamo il nostro viaggio, da Ovest ad Est, con i luoghi di culto che sono disseminati lungo la Via Francigena in un grande ed ipotetico viale. L’orientamento verso Est testimonia l’antichità degli impianti originari e precisamente:

la cappellina, dedicata a San Pietro in Tehano”, la Chiesetta degli Angeli (dedicata ai due Papi Pio XII e Paolo VI) in località “Lapillo”, la Chiesa di San Rocco-Madonna della Valle, custode di preziosi affreschi di scuola giottesca-napoletana e di Raffaello, il Santuario della Madre Santissima (detta delle Rose) custode di un affresco del 1400, la cappellina del pellegrino detta la Madonnella,  la chiesa di Santa Lucia, la Collegiata Santa Maria Assunta, la chiesa di San Nicola (detta anche dell’Oratorio), la cappellina di San Pietro in Vincoli sita (nella rocca del Castello), la chiesa di S. Antonio Abate, il Santuario della Madonna del Monte, il convento di San Giovanni dove ora ha la sede la Comunità “Nuovi Orizzonti” di Chiara Amirante e il convento francescano di San Lorenzo.

Le origini dei due santuari quello della Madre Santissima detta delle Rose e quello della Madonna del Monte sono in genere legate al culto popolare, ma non mancano collegamenti al verificarsi di fatti prodigiosi, con il ritrovamento di immagini sacre e con le apparizioni della Vergine Maria.

I titoli mariani più diffusi a Piglio sono quelli della Maria Assunta, della Madre Santissima, della Madonna delle Rose, della Madonna della Valle, della Madonna del Monte e dell’Addolorata a testimonianza del ricorso fiducioso del popolo verso la Madonna nelle necessità e nelle calamità che infierirono su Piglio e sui pigliesi. Significativi sono gli innumerevoli “ex voto” posti lungo le pareti dei sacri edifici per grazia ricevuta. Ora alla città di Piglio, ricca di vivi ricordi di storia, di santità, di cultura, oltre alle luci di San Francesco d’Assisi, del Beato Andrea Conti, del padre Francesco Rutini, del padre Felice Andrea Guanciali, della terziaria francescana Antonia Spirito, dell’umanista Benedetto de Pileo, di san Massimiliano Kolbe, del servo di Dio P. Quirico Pignalberi, si è aggiunto in ultimo in località Inzuglio-Santo Biagio, sempre lungo la Via Francigena, il “percorso contemplativo di Papa Wojtyla”, e la “Via Crucis” in ferro battuto, collocati in quella fetta di verde che sovrasta Piglio, e che fu tanto cara a Giovanni Paolo II. Ma non finisce qui!

Esiste oltre ad un paesaggio naturale, un paesaggio storico, nel quale valori ambientali ed archeologici sono complementari, dove accanto alla suggestiva ed eccezionale bellezza dei luoghi, troviamo un concentrarsi di elementi artistici appartenenti ad età e culture differenti e tutte di notevole livello qualitativo

Del resto i beni monumentali di età tardo romana sono già stati segnalati in una pubblicazione nella collana “Forma Italiae” cui si può aggiungere un altro tassello quale l’acquedotto romano, rinvenuto nel cimitero di Piglio nel corso dei lavori di sbancamento e resti del tempio di Giano.

Nel cimitero di Piglio è visibile un manufatto in muratura intonacato internamente con tanto di sfiato (acquedotto romano) che collegava le sorgenti di Romagnano con il tempio di Giano per proseguire verso il sottostante “Lago”. Quindi Piglio non è solo “Vino Cesanese” ma anche arte storia e cultura.

Questo è il nostro giacimento “petrolifero” che potrebbe dare una svolta all’economica locale.

Giorgio Alessandro Pacetti