domenica 14 luglio 2024

Colore e cuore, il connubio vincente nella pittura di Giuseppina Marrocchino

Molto recentemente ho avuto come ospite nei nostri studi televisivi per il programma di Canale Cultura Multimedia Art projects “ArtisticaMente”, l’artista Giuseppina Marrocchino in arte “Margy”. Debbo dire che dal nostro incontro, piacevole e allo stesso tempo esaustivo nei riguardi del tema trattato, è scaturita una serie di interessanti spunti relativi all'arte in generale e non solo pittorica. La conversazione ha fatto emergere peraltro, quanto sia facile, quasi naturale per Margy, coniugare le normali azioni quotidiane alla pratica artistica. Il suo amore per la pittura infatti è talmente coinvolgente che lo vive senza soluzione di continuità dipingendo, spesso, anche durante il disbrigo delle varie attività quotidiane. 

Giuseppina Marrocchino porta con sé, ovunque, il sole del nostro sud, il calore della sua terra ricca di rigogliosa flora ma anche di tradizioni e cultura millenarie. La sua Basilicata e soprattutto Palazzo San Gervasio, piccolo borgo in provincia di Potenza incastonato tra le addolcite colline lucane dal quale proviene, sono elementi che in qualche misura pervadono in maniera sensibile e inconfutabile i vari soggetti presenti nelle sue opere imprimendo loro, calde note dal sapore tipicamente mediterraneo. 

Tuttavia, non manca di certo nel suo repertorio un latente e inconsapevole riferimento all'antico: antiquitatis imago, si direbbe, laddove ogni traccia d'antico è però proposta e riprodotta sotto una moderna dimensione, attenta e incentrata al nostro tempo. Vi sono anche riproduzioni assai fedeli a stati d'animo, riferiti a fatti ed eventi della vita e del nostro mondo. Dolorosi spesso, ma anche privi di sconforto in altri, laddove un'aura di piacere fiorisce spontanea e desta pace e distensione allo stesso tempo.

Il mare è spesso presente, ma diventa nelle sue opere strumento che esprime passioni e dolore, gioia e rancori. Il suo mare, è un fondamentale elemento comunicatore: un sogno rubato a un bambino, il sereno d’una giornata di quiete oppure, il rosso tramonto che stende la pace sono passaggi d’umore e di stato, le cui radici si confondono con le origini proprie e con le esperienze acquisite di vita vissuta.

Margy, la chiameremo giustamente così, inizia a dipingere poiché attratta dall’arte in generale e per una dote innata. La sua è una continua ricerca della perfezione e la tecnica preferita è l'olio su tela, non disdegnando tuttavia, di usare tecniche diverse tra le quali anche l'acquerello. Il tutto finalizzato a meglio illustrare il suo pensiero, quella figura che la sua mente progetta e che vede già abbozzata nei tratti essenziali. La sua è una pittura che parla e la sua voce, un lungo racconto che si snoda lungo colori, tonalità, forme e giochi di luce. 

E ancora, attraverso la tetralogia visibile a fianco,  l’autrice racconta un percorso fondamentale della sua vita: l’angustia dapprima patita, diventa via via un nuovo sentiero verso quella rinascita che ogni individuo si augura quando sente e percepisce una decisa reazione prendere forma nella coscienza. Una rinascita che non significa solo un nuovo respiro affrancato da costrizioni e disfatte, ma che rappresenta una speranza, quella speranza alla quale, sempre, ogni essere umano deve aggrapparsi per cancellare un cupo passato, ingiusto e troppo severo.

La pittura di Margy è la sua essenza, il suo fluire delicato e sincero lungo natura e sentimento conditi di storie, illusioni, verità e speranza. Una pittura che scandisce il suo tempo attraverso la semplice vita di tutti i giorni; una pittura che occupa un posto importante nella sua vita, tanto, che anche durante le attività quotidiane resta in costante lavorazione.

Moltissime sono le partecipazioni a mostre collettive e personali, a testimonianza di una volontà forte di condivisione del proprio pensiero, perché come essa stessa afferma: «Ogni volta è un'occasione unica per condividere una parte di me; per lasciare che le mie emozioni fluiscano liberamente attraverso i miei quadri, raggiungendo e toccando il cuore di ogni osservatore». Una condivisione che la rende felice nel momento in cui chi volge lo sguardo alle sue opere ne rimane colpito e ne percepisce frammenti della sua anima pura e sincera che si esprime coi colori del mondo. 

Molti sono anche i riconoscimenti ottenuti dalla critica specializzata tra i quali un primo premio al concorso "festa dell'arte", per aver interpretato in una estemporanea un luogo storico e suggestivo del territorio di Spinazzola (Barletta-Andria-Trani); i premi “Leone d’oro" a Venezia, “Caravaggio”  a Bergamo e “Mercurio d’oro” a Cesenatico, nonché il premio “Star dell’arte” di Los Angeles solo per citarne alcuni.

Come da sua stessa ammissione, lo scorso 2023 è stato l'anno della consacrazione, della maturazione piena ed effettiva, e partendo da questa solida base ormai costruita, Margy potrà soltanto continuare a dipingere opere che sapranno meravigliare e stupire. 

venerdì 12 luglio 2024

"Poeta" è una parola grossa!

La mia adolescenza l’ho vissuta in un periodo di grandi rivoluzioni in molti campi iniziate già dalla metà degli anni ’60. In campo artistico, in particolare, voci nuove imprimevano un impulso forte e l’arte in tutte le sue forme divenne incisivo e potente strumento di comunicazione con cui venne data voce alla protesta e al dissenso, non solo attraverso le parole, ma anche e soprattutto attraverso stili e mode forzatamente anticonformiste. "Libertà", e non solo intellettuale fu la parola d'ordine che per anni gratificò una buona fetta di cosiddetti "figli dei fiori" oltreché coloro che, strizzando un occhio alle grandi adunate musicali vollero esibire un proprio stile di vita che spesso finiva per superare il confine del canonico giudizio di massa allora imperante. Tuttavia, da queste frange di artisti e in questo contesto "solo apparentemente" caotico, nacquero opere di assoluto spessore, forse irripetibili e ineguagliabili ancora oggi.

In quest’epoca non esisteva ancora un Internet da interrogare ogni qualvolta nascesse in chiunque una curiosità da soddisfare, e per trovare risposte a ogni quesito, non rimaneva altro che ricorrere ai mezzi, allora e da sempre in uso quali libri, enciclopedie e quant’altro rigorosamente stampato. Non esistevano neppure gli smartphone inventati solo qualche decennio più tardi che, oltre a garantire la comunicazione sono oggi usati in massicce dosi per immortalare quanto capita davanti ai nostri occhi.

Vero è, che queste conquiste tecnologiche frutto di uno sfrenato progresso, hanno sicuramente innalzato il grado di benessere sociale a tutti i livelli. Svago, studio e perché no, un concreto aiuto alle nostre attività quotidiane ce le fornisce anche l’intelligenza artificiale, utilizzata con sensibile efficacia sotto varie forme ma attraverso cui qualcuno, e mi viene l’orticaria solo a pensarci, sviluppa anche trame per romanzi da proporre a lettori sprovveduti.

Ma ciò che oggi mi chiedo e spero vi chiediate anche voi, si lega a una riflessione tanto semplice quanto necessaria in questo contesto di crescita globale: di tutta questa tecnologia, di questo eccessivo impiego di elettronica ovunque e dell’intelligenza artificiale, ne facciamo un uso ponderato oppure esagerato? Sono davvero mezzi dei quali ci si può fidare senza limiti, o meglio dosarne l’uso e sfruttarli nei confronti di quei casi ritenuti strettamente utili e/o per cause più o meno indispensabili al fine di scongiurare disastri a danno della collettività?

Di sicuro, a parte tutto, hanno causato un impigrire progressivo nelle azioni di tutti i giorni. Da tale repentino aumento nel loro impiego è andata via via scemando la manualità, il piacere d'una ricerca analizzante stimolata dalla nostra mente fortificando, per contro, una passiva rinuncia -  quasi rassegnata -  all’approfondimento, all’analisi e alla sana valutazione supportata dal ragionamento. Ha istituito senza possibilità di fraintendimenti, una rassegnata accettazione di quanto il web ci fa passare sotto il naso in un contesto ricco di fake news, di martellanti pubblicità e non di meno, di una serie di informazioni contrastanti tra di loro, laddove chi la spara più grossa cattura più letture, e con esse, una serie di benefici legati al numero delle visualizzazioni.

Cosa voglio dire e dove voglio arrivare con questo lungo preambolo? Semplicemente far notare che più strumenti si hanno a disposizione per documentare e diffondere materiale multimediale inerente al proprio essere e alle proprie attività, maggiore è il rischio che possa circolare un'infinità di cose non sempre valide dal punto di vista dei contenuti, se non addirittura vera e propria spazzatura. Facile filmare ogni frammento di vita; facile riprendere fatti ed eventi più o meno di nessuna importanza generale facendoli passare per preziosi momenti di cultura; facile scattare una quantità infinita di foto e documentare in video reading cosiddetti poetici, e questo è un dato di fatto. Per questo e per tanto altro appare evidente che il rischio concreto è quello di cadere nella banalità, e grazie ai social, questa grande quantità di  materiale trova dimora più o meno abbastanza lunga in rete, sovrastando spesso quel poco di buono che invece dovrebbe maggiormente circolare.

Tornando ai sani libri che esulano dall’impiego della rete è giusto tuttavia rimarcare che non è poi così disperata la situazione sul loro consumo in termini di lettura, anzi,  esiste fortunatamente un’ampia frangia di frequentatori di librerie che guai togliere loro il bel libro da divorare in men che non si dica.

Tuttavia è e rimane una minoranza rispetto al popolo degli scrittori, sempre più agguerrito, sempre più sostanzioso e sempre meno qualificato e allora, torna alla mente ciò che eravamo e a quanto dai nostri libri abbiamo appreso, imparato ed estratto allo scopo di arricchire spirito e cultura personali. Era bello sapere che ogni buona lettura ci regalava proprio ciò che cercavamo in un unico messaggio. Il nostro libro era un sacro oggetto cui riporre fede e da cui assorbire potenziali risorse di crescita e arricchimento personali. Che si trattasse di un romanzo, di un racconto o di una semplice poesia, tutto aveva il giusto valore poiché si scriveva solo quando si aveva qualcosa da dire e si pubblicava solo quando ciò che andava in stampa recava in sé un valore letterario, un contenuto che si era guadagnato un posto nel panorama editoriale, grazie anche a un'accurata selezione (che oggi abbiamo perso quasi totalmente) da parte delle poche ma valide case editrici.

Oggi, a distanza di circa cinquant'anni, il mondo dei libri è diventato una sorta di giungla dove il sublime si confonde con la mediocrità, dove il colto autore deve fare i conti con l'esordiente che scalpita arrogante dietro il suo primo libro pubblicato dietro proposta di acquisto o peggio ancora a pagamento. Se ciò da una parte può fare piacere poiché offre maggiore scelta nei confronti dell'utenza, dall'altra fa emergere un interrogativo: è tutto buono ciò che viene stampato e pubblicato? 

Cresce l’offerta dei libri mentre sono in calo i lettori. Nel 2022 infatti, sono aumentati dell’1,3% i titoli pubblicati rispetto all’anno precedente così come le tirature (+1,7%) mentre per quanto riguarda i lettori, il 39,3% della popolazione di 6 anni e più ha letto almeno un libro nell’ultimo anno per motivi non strettamente scolastici o professionali abbassando la quota rispetto al 40,8% del 2021 (Ultimi dati pubblicati da Istat).  Chiaro che proseguendo questo trend, vi sarà un numero spropositato di scrittori a fronte di un numero sempre minore di lettori. 

Già, scrittori. Basta affidarsi a uno degli oltre 5000 editori in Italia e detto fatto, si diventa scrittori, così come si diventa poeti solo pubblicando qualche verso. Al di là della narrativa dove l’assistenza all’autore è quasi totale attraverso figure come il correttore di bozze e l’editor, per mezzo dei quali il prodotto finale nella sua forma può essere giudicato accettabile, la poesia, per esempio, deve partire già con una solida base strutturale: di concetto e di contenuto. Insomma, scrittori di racconti e romanzi si può diventare se le storie narrate hanno un contenuto accattivante e una narrazione che cattura. Poeti no, poiché nessuno può manipolare il cesellamento di parole e di contenuti eseguito dal poeta, e se non si parte già con un valore intrinseco globale, difficile sarà reputarle poesie!

Per questo credo che la parola poeta sia una parola grossa, molto grossa, e oggi se ne fa sproposito nel suo uso. Essere poeti vuol dire aver riconosciuto nella propria scrittura i favori di una critica competente, preparata. Una critica che vada oltre una visione relegata solo alle esigenze del lettore contemporaneo e che arrivi ad abbracciare l'intera tradizione letteraria, anche attraverso i classici che hanno fatto la storia della letteratura mondiale.

Certamente non parliamo di quella critica spicciola, come quelle combriccole di commissioni improvvisate nelle centinaia e centinaia di concorsi di poesia creati ad hoc per racimolare qualche soldo e permettere così all'autore di turno di postare sui social la sua bella pergamena con una menzione d’onore, il suo attestato di partecipazione oppure, il diplomino, perché selezionato quale finalista al premio di poesia "Ciccio Balocco" di Bardanzo di sotto nell’ambito dei festeggiamenti "Il pentolone di bronzo", ma di quella maturata e agente in tutt’altri ambienti. 

È mia convinzione che la stragrande quantità (per fortuna non tutte) di commissioni approntate per le centinaia di concorsi letterari che ormai pullulano nel web sia competente solo per un certo di tipo di poesia: quella che descrive sinteticamente un pensiero semplice, con parole semplici, che descrive concetti semplici a favore di una facilità di comprensione e di valutazione, sempre più aderente a congetture prive di storia e di tradizioni. Giurie e giurati di ristretta veduta insomma, pigri nell’applicare quel paradigma di elementi pertinenti alla scrittura poetica per un’oggettiva valutazione dell'insieme.

Per questo affermo, e non improvvisando,  che la poesia è una cosa seria, molto seria! E deve essere fruita in contesti ove esista una competenza dedicata, dove vi sia la presenza di fruitori che abbiamo una sensibilità colta e una capacità percettiva superiore, adatte ad analizzare gli scritti in maniera appropriata e competente e dove, soprattutto, vi sia equilibrio e coerenza nel riconoscere meriti e valori al di là della richiesta el mercato, al di là del personaggio, al di là del nome e/o dell'amico e oggi, ahimè, e assai difficile ottenere tali oggettivi giudizi. 

Si può nascere grandi poeti, ma se questo accade in un’epoca sbagliata, in pochi saranno in grado di riconoscerne i valori e di proporre una capacità d’analisi adeguata e soprattutto competente.

martedì 9 luglio 2024

Pamela Caddeo, forme e colori di un mondo interiore

Quando osserviamo un bel quadro il primo quesito che  spontaneamente ci poniamo è: cosa sta facendo qui l’artista? Sta raffigurando il mondo attorno a lui oppure riporta sulla tela ciò che il suo intimo sentire gli suggerisce sottoforma di idee, forme e colori? Per dare una risposta a questa domanda possiamo provare ad analizzare l’ultima parte del nostro tempo, quella che parte cioè, dall’ inizio circa del ‘900 e fino ai giorni nostri. Il tema è analizzare una presunta evoluzione all’interno della disciplina, oppure individuare se qualcosa è emancipato dal modo di fare pittura fino ad allora praticato, spostando il baricentro altrove. Di giovamento sarà, osservare inoltre se tale transizione (ammesso che ve ne sia traccia) abbia preso vita attraverso differenti correnti di pensiero recanti tutt’altra visione nel proporre la nobile arte chiamata pittura.

Come noto l’impressionismo si esprimeva attraverso la sensibilità del pittore in relazione al mondo esterno, o meglio,  attraverso la realtà che lo circondava imitandonde i tratti salienti e di conseguenza, la natura e il mondo circostante. Nel momento in cui tale esigenza, attraverso idee avanguardistiche furono messe in discussione spostando l’attenzione verso una dimensione più intimista, nacque l’astrattismo, vera e propria rappresentazione interiore dell’artista attraverso linee, forme e colori. Ciò, irrimediabilmente, si contrappose così alla millenaria concezione della pittura quale vera e propria imitazione della realtà.

Ebbene, l’astrattismo non solo riscosse un gran successo nell’atto della sua apparizione, ma ancora oggi è una delle forme più apprezzate. Non solo da fruitori comuni  e acuti osservatori sempre a caccia di originalità, ma anche, da molti artisti contemporanei compresa Pamela Caddeo, pittrice genovese, e vera e propria interprete di questo modo di intendere e creare la pittura. Pamela, nella sua semplice ma spesso mistica espressività artistica, mi ha subito fornito spunti di riflessione. Non solo in relazione alle proprie figure che imprime indelebilmente sulle  tele, ma su quanto l’astrattismo riesca a profondere inequivocabilmente in termini di stupefacente scoperta nella minuziosa descrizione di uno stato d’animo interiore.

Pamela Caddeo come detto è ligure, terra prolifica che ha dato i natali a molti personaggi del mondo dell’arte e non solo, e che hanno in qualche modo fatto la storia. Lei, in silenzio e senza far rumore, inconsapevolmente forse, prosegue questo trend, dando lustro alla sua terra attraverso una pittura originale, di ampio respiro e soprattutto assai comunicativa. Divisa tra la sua Liguria e la Sardegna dove per almeno tre mesi l’anno trova rifugio, vive il mare in tutte le sue forme, mare che imprime in lei l’immagine dell’infinito, un infinito che ritroviamo nella sua pittura senza limiti e confini, una pittura originale e contraddistinta dall’unicità. 

Inizia a dipingere quasi per appianare una strada irta di ostacoli; soddisfare un bisogno di cui per molti anni, attraverso varie vicissitudini della sua vita, ha dovuto fare a meno: quello dell’approfondimento, della ricerca del bello pur nella sua semplicità e dello studio inteso come indispensabile arricchimento personale prima ancora che  come strumento per interpretare con qualificata competenza ogni meraviglia. Una spinta ulteriore in questo senso gliela imprime un momento critico vissuto a causa della sua salute. E proprio da questo indesiderato passaggio nasce l’esigenza di un risveglio, di una rinascita volta a ricominciare un ciclo, consapevole che solo “colorando” ogni immagine passata, ogni monocromo episodio vissuto malamente può nascere una nuova sensazione di benessere e di appagamento. 

A volte lo fa anche dipingendo con le dita, come se volesse un contatto vero con la sua materia e con i suoi colori, riuscendo in questo modo a far dialogare tatto e colore, mentre ogni sua emozione, è un susseguirsi di idee e di immagini che nascono e prendono forma a mano a mano che la mente crea e detta. 

E così le sue opere sono uno scandire appassionato del suo tempo, del suo stato d’animo e del suo flusso creativo, mai sazio di sposare il suo infinito laboratorio delle idee. Ogni suo lavoro racchiude in sé un messaggio che si dimena e che evade dall’interno di poche tinte a volte, ma certamente scelte non a caso; essenziali per capacità penetrativa nel proporre un deciso impatto e causare, in maniera del tutto naturale, impressione emozionale nell’osservatore. In "Tropicana" (Carnevale di Rio), qui raffigurato infatti, l'artista afferma che l'arte altro non è che la ricerca del bello in un mondo reso invivibile dall'uomo.

Come ogni artista che ama sperimentare, anche Pamela si affida a nuove tecniche e nuovi materiali. Essa infatti, non conosce solo determinati strumenti per esprimersi. Dopo l’acrilico, principale elemento utilizzato, si interessa al gesso, agli smalti e al pastello ad olio che, con intuito creativo, scioglie in parte sulla fiamma, e steso poi sul supporto, conferisce all’opera una corposa traccia innestando in questo modo la nascita di una piacevole sensazione di rilievo e di un conseguente addolcimento nell’interpretazione visiva. 


Numerosissime le sue partecipazioni a prestigiose mostre e altrettanto numerosi gli attestati di stima ricevuti per i suoi lavori ma Pamela è anche poeta. Tra i suoi progetti futuri l’idea di proporre un volume contenente immagini delle proprie opere, corredate ognuna di una sua poesia allo scopo di ottenere una duplice prospettiva artistica, senza perdere di vista la fonte che eroga ogni sua idea e ogni sua progettazione.

Molti sono anche i lavori di bigiotteria attraverso cui Pamela trova un ulteriore canale di sfogo e in cui inventare e realizzare. Attraverso una molteplicità di creazioni non solo pittoriche, ha mostrato e messo in
atto sicure capacità artistiche: abile nell’uso del pantografo e nella pittura anche su stoffa; esperta nel produrre stampe attraverso l’uso di agenti chimici su legno; decora vetro e crea con paste modellanti. E ancora, pratica incisioni su cuoio e pelle. Il suo insomma è un mondo ricco di fantastiche invenzioni e le sue attività, un fattivo contributo all’arte in generale a conferma che, sebbene i tempi cambino così come le mode, il pensiero e gli stili, ciò che contraddistingue il genere umano è questa capacità di produrre l’inimmaginabile improvvisando per stupire.