martedì 12 novembre 2024

Arte e cultura in primo piano. Maria Teresa Infante La Marca, un impegno sostenuto da passione

Praticare il mondo dell’arte e della cultura oggi, è assai più impegnativo rispetto a qualche tempo fa, e lo dico paradossalmente con un pizzico di piacere sulla base di una semplice osservazione: maggiore è la difficoltà di emergere in virtù di una larga adesione di massa, più alta è la possibilità che ogni opera prodotta sia di livello superiore rispetto alle altre. Il numero di persone che fanno arte infatti (poeti, scrittori e soprattutto pittori), è di gran lunga cresciuto in questi ultimi anni e contestualmente, anche la quantità di prodotto creato.

Il fenomeno, oltre che frutto di una precisa tendenza che la società contemporanea ha assunto da qualche anno a questa parte e a cui va dato atto che rappresenta sicuramente un positivo trend, è da considerare mera espressione di un bisogno di comunicazione oltre che di condivisione in un'epoca - quella nostra - che vive di assoluta frenesia. Un concreto supporto a questo dato lo fornisce il web, social in primis, anche se vi sono tuttavia, diversi ulteriori punti di incontro tra artisti e fruitori: gallerie d’arte - cresciute non poco nel loro numero negli ultimi anni - e associazioni culturali, solo per citare le più in voga.

Esiste in buona sostanza, una discreta quantità di strumenti, utili a poter ben diffondere le proprie passioni e questo, se da una parte rappresenta un sostegno concreto a disposizione di ognuno, dall’altra ci fa interrogare sulla qualità di quanto circola in rete e non solo. Ma questo è un discorso vecchio, su cui ho già espresso il mio pensiero in più di qualche circostanza.   

Un esempio concreto su come uscire dal marasma serpeggiante in questo campo senza possibilità di fallimento ce lo offre la mia ospite di oggi che con grande piacere accolgo nel mio blog. Sto parlando di Maria Teresa Infante La Marca, poetessa, scrittrice, critico letterario, operatrice culturale e redattrice per varie testate giornalistiche. Ben 24 pubblicazioni tra poesia, narrativa, libri per l’infanzia e antologie di cui è ideatrice e curatrice. Apprezzata figura - non solo nel nostro Paese -  che d’arte e cultura ormai ne profonde in abbondanza, e scopriamo in che modo attraverso questa intervista gentilmente concessami e qui pubblicata in esclusiva. 
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Maria Teresa, sei membro titolare di varie accademie sparse per l’Europa, prima tra tutte lAccademia delle Arti e delle Scienze Filosofiche di Bari di cui sei anche cofondatrice. Cosa significa istituire oggi, un organo di questo genere e in che misura potrebbe assumere una funzione spirituale, morale e anche didattica, soprattutto nei confronti dei più giovani?

L’istituzione dell’Accademia delle Arti e delle Scienze filosofiche di Bari non è stata frutto dell’improvvisazione ma di un percorso di crescita ad ampio spettro culturale, infatti nasce come naturale evoluzione dell’Associazione “L’Oceano nell’Anima”, fondata nel 2014 da Massimo Massa, – in seguito ideatore anche dell’Accademia –, e di cui tutt’oggi sono vice presidente.

Grazie ai progetti intrapresi con i vari Dipartimenti l’Accademia ci ha permesso di valorizzare il nostro agito e ci sta offrendo la concreta possibilità di collaborazioni non solo a livello nazionale ma internazionale, quindi di comunicare e connetterci con altre realtà creando un dialogo interreligioso e interculturale. La letteratura quindi come impegno civile per stimolare e sensibilizzare le coscienze. Quando noi ci narriamo, ci offriamo attraverso la scrittura – potente mezzo di comunicazione – e permettiamo all’altro di avvicinarsi, creando un ponte non solo nozionistico ma un legame emotivo. Attraverso la condivisione cadono le barriere fondate su preconcetti e pregiudizi: “si teme ciò che non si conosce”, la conoscenza dimezza le distanze tra i popoli, è integrazione, rispetto delle culture e della fede religiosa, è foriera di pacifica convivenza.

È tale modus operandi che speriamo venga preso a modello dai più giovani, spesso si trasmette più con l’esempio che con i discorsi accademici, più con le azioni che con i sermoni; le nuove generazioni hanno molte potenzialità ma poche guide che li orientino per canalizzare le loro predisposizioni e le capacità.

All’interno del Premio Seneca, che si svolge annualmente, abbiamo istituito le sezioni di poesia e narrativa studenti, con partecipazione gratuita, proprio al fine di avvicinare il maggior numero di ragazzi a contesti formativi ed educativi stimolanti che siano spunto di riflessioni e maturazione personale. 

Hai istituito nel 2012 il movimento "Ciò che Caino non sa", da cui nel 2020 ha avuto origine il Premio letterario omonimo giunto oggi alla sua VI edizione e di cui, oltre che ideatrice, sei anche presidente. Un Premio, inserito nel Dipartimento "Solidarietà e Promozione Sociale dell'Accademia", i cui temi sono la piaga della violenza di genere, i crimini nei confronti dei minori e non meno importanti quelli legati ai soprusi e alle vessazioni nei confronti dei più deboli. Oltre a rappresentare l’immagine riflessa della tua spiccata sensibilità nei confronti di questo tema sociale assai sentito e purtroppo in continuo aumento, cosa ti proponi di raggiungere attraverso questo ciclico ritorno alla trattazione di un grosso male della nostra società? Credi che affrontare l’argomento anche e soprattutto con l’ausilio dell’arte, possa rappresentare un deterrente e/o costituire un elemento di maggior presa morale e psicologica all’interno della collettività?

Purtroppo hai messo il dito nella piaga sociale, di natura atavica, che va sempre più incancrenendosi nonostante le continue campagne di sensibilizzazione. 

Ciò che Caino non sa nasce nel 2013 con la consapevolezza che a poco serva la Giornata del 25 novembre indetta dall’UNESCO senza attuare un costante processo di educazione/rieducazione a livello sociale che conduca al rispetto tra i sessi, presupposto che non dovrebbe avere ragione a esistere in una società che ama definirsi evoluta ma purtroppo negli ultimi decenni qualcosa sembra esserci inceppato nel cammino paritario e la donna è tornata a essere considerata un’appendice del maschio, soggetta a una mentalità che la riconduce a mero oggetto di possesso, un qualcosa da usare e poi “disfarsi” a proprio piacimento. 

Gli intenti di “Ciò che Caino non sa” sono sempre stati rivolti alla informazione per prevenire e alla denuncia per arginare; svariati sono stati i progetti attuati in questo percorso decennale, siamo stati un’apripista per quanto riguarda le antologie a tema, che hanno raccolto oltre duecento autori,  presentate di volta in volta in vari convegni con il supporto di diverse figure professionali – psicologi, pediatri, criminologi, parlamentari, avvocati, giornalisti, rappresentanti delle Forze dell’Ordine, del clero… –

Il Premio di Poesia e Narrativa (a cui successivamente si sono aggiunte le Arti visive) nasce invece nel 2020 per continuare a stimolare e pungolare un maggior numero di autori ed evitare l’intorpidimento delle coscienze, dovute all’assuefazione alla notizia o meglio ai drammi quasi quotidiani, una sorta di alibi quindi per tenere sempre alta l’attenzione sulla difficile condizione femminile e sui crimini verso i minori. La stessa cerimonia conclusiva di ogni edizione non consiste solo in una mera consegna di riconoscimenti ma si avvale della presenza di relatori impegnati professionalmente nel campo della informazione e della prevenzione che generosamente ci supportano con la loro esperienza.

In questo 2024 in Italia, stiamo assistendo all'uccisione di una donna ogni due giorni, di recente anche due! Tra cui minorenni. Urge un cambiamento culturale e sappiamo bene che la violenza non si combatte con la violenza, ognuno deve contrastarla con le armi che ha a disposizione, la nostra arma è la Parola, noi possiamo essere i fucili, le pistole, i cannoni, i missili a lungo raggio per informare, prevenire, scardinare le coscienze e sensibilizzare. 

“L’oceano nell’Anima”, è un’associazione culturale e artistica con sede a Bari e di cui sei cofondatrice. Nell’ambito delle attività che essa svolge a favore di arte e cultura esiste anche la possibilità di poter pubblicare con “Oceano Edizioni”, sezione dell’associazione di cui sei responsabile per le collane poesia, narrativa e saggistica. Sappiamo bene quanto ogni editore investa per portare un manoscritto a diventare un libro, e non solo attraverso un impegno di risorse umane ma anche mediante uno sforzo economico che non sempre ritorna. In una società dove scrittori e tirature, secondo l’ultima indagine Istat, sono in continuo aumento mentre cala il numero dei lettori, cosa prevedi nell’immediato futuro e qual è il tuo pensiero in merito nella duplice veste di autrice ed editore?

Proverò ad affrontare la questione editoriale da più prospettive secondo il mio pensiero che potrebbe non essere condivisibile. 

Esistono metodologie commerciali che non sempre corrispondono alla diffusione di un valido e sano sapere e lasciano a desiderare in quanto a qualità e a tale modus operandi non sono estranee le principali case editrici nazionali – asservite alle leggi del consumismo e del profitto – per cui se il numero dei lettori è in decrescita forse è dovuto anche alla perdita di fiducia verso un sistema propagandistico che delude le aspettative, puntando più sul “personaggio” o sullo scandalo/gossip del momento che sui contenuti. Quante volte in libreria abbiamo scelto il nome noto che non ha soddisfatto le nostre aspettative? Penso che non si riesca più ad essere stimolanti, che non si sappia offrire quel quid di originalità e novità che possa essere coinvolgente. Mangiare sempre la stessa minestra toglie l’appetito.  

Di contro vista la proliferazione degli scrittori, con diverso livello qualitativo, è anche vero che tanti autori poco conosciuti al grande pubblico sono meritevoli di attenzioni ma nel marasma generale rischiano di restare anonimi, soprattutto se non sanno (o non vogliono) intraprendere campagne mediatiche personali attraverso i social che, di contro, rischiano di mettere in risalto chi sa farne buon uso a prescindere dai meriti.

Assodato che le principali case editrici nazionali, a differenza di qualche decennio fa, non vanno più alla ricerca e alla scoperta di nuovi talenti letterari, per azzerare i rischi, ben vengano le piccole e medie C. E. che, pur con i loro limiti, offrono la possibilità agli autori emergenti e non, di far conoscere e diffondere i propri scritti e certamente a costi più proponibili. D’altronde questo è stato anche il mio percorso personale e se qualcuno (in) illo tempore non mi avesse concesso fiducia oggi non sarei giunta alla mia 24esima pubblicazione con diverse case editrici ed è ciò che ci proponiamo con Oceano Edizioni – direttore Massimo Massa – di cui sono responsabile editoriale. In sette anni abbiamo dato voce sia ad autori emergenti, la cui maturazione letteraria ha avuto un seguito, che a nomi abbastanza affermati del panorama letterario, e nella Collana Atena, esclusiva per la saggistica, troviamo opere dai solidi e validi contenuti. 

Certo che in tanti scrivano è un buon segnale, vuol dire che ci si ascolta e che si è sensibili a ciò che accade dentro e fuori da noi (ma non sempre scrivere equivale a essere scrittori/poeti), che in pochi leggano è dovuto sia ai motivi sopraelencati che all’abbassamento della soglia culturale dell’intero Paese, un fenomeno che meriterebbe ulteriori – troppi – approfondimenti. 

Inoltre ho la “pruriginosa” impressione che i lettori peggiori siano proprio gli stessi scrittori (eccezioni a parte), ognuno pretende di essere letto piuttosto che leggere, credendo erroneamente di non avere necessità di confronto e crescita personale.

Il futuro? Dovrei dire “nero” se penso al self-publishing in cui non esiste filtro e ognuno pubblica sé stesso e la diffusione a macchia d’olio dell’AI che si sta sostituendo alla creatività dell’individuo. Andremo verso il suicidio letterario, i lettori si sentiranno traditi, truffati e scompariranno del tutto… cùi pròdest? ma non voglio arrendermi, spero vivamente in una inversione di rotta, anche se, dal punto di vista personale continuerò a scrivere fino al mio ultimo giorno, con o senza pubblicazioni, quando scrivo vivo.  

Passiamo alla Maria Teresa poetessa e scrittrice bussando alla porta del tuo mondo artistico. Nella sua opera “Repubblica” Platone giudica il poeta un bugiardo, poiché egli, agendo d’impulso e mosso solo da emozioni, si lascia trasportare dalle passioni totalmente dominato del fascino della Mìmesis.  Tutto questo - sempre secondo il suo pensiero - determina la creazione di opere che sono solo copie imperfette della realtà ma non la vera realtà. Personalmente, invece, credo che il bello stia proprio in questo: creare un mondo parallelo che sappia illuminare la personalità dell’artista nel momento in cui origina, con certosina fedeltà, quanto la propria coscienza esprime in un momento che reputo divino, qual è quello in cui l’artista è “gestito” da forze estranee. Come donna di cultura e d’arte, tra questi due assiomi in netta antitesi quale abbracci maggiormente in un contesto di riflessione filosofica? 

Una volta scrissi “i poeti mentono a tutti tranne che a sé stessi”, inutile chiarire che, non mentendo a sé stessi risultano “onesti” ma preferiscono farsi considerare visionari, folli idealisti e sognatori. D’altronde per me la poesia è uno scudo alla mia vulnerabilità, una corazza grazie alla quale tiro fuori il coraggio che non sapevo di avere o almeno questo è ciò che ho compreso quando mi analizzo e divengo il mio indagatore più agguerrito. L’analisi è il momento della pausa o forse del nulla che tutto contiene in quanto ha una capienza illimitata, è il silenzio totale in cui la poesia svanisce, sembra avermi abbandonata e la solitudine si fa sentire; un’assenza dolorosa con cui ho imparato a convivere perché ho capito che quel vuoto è gestazionale, propedeutico alla nascita di un altro pezzo di me, sconosciuto fino ad allora. E quando giunge l’accettazione e abbatto le barriere del pudore, la poesia torna, simile a un rigurgito interiore irrefrenabile, e mi parla con suoni e voci che riconosco solo successivamente, quando tutto è già compiuto, è lei che decide come e quando, è despota e tiranna, io sono il suo servitore e la assecondo, mi fido di lei perché so che tutto ciò che dirà mi appartiene profondamente e senza il suo aiuto non sarei riuscita a parlar/mi. Ecco, la poesia è anche spazio infinito in cui i limiti non sono consentiti, è liberazione, mi ha concesso le chiavi per aprire le porte che temevo di oltrepassare. 

Ne evince che sposo assolutamente la seconda linea di pensiero, non sono mai riuscita a guidare o pianificare il mio atto creativo, la mia scrittura è un atto completamente irrazionale e per questo lucido e vero. 

Nella moltitudine di attività nelle quali sei impegnata, si registra un’esperienza cinematografica: parlo della tua partecipazione al film “CalmApparente”, dall’omonimo romanzo di Mauro Valente, regia di Eric Veneziano, pellicola nella quale interpreti la madre della protagonista. Come reputi questo momento di approccio verso l’arte cinematografica e quale tipo di esperienza hai potuto assorbire da tale partecipazione.

Hai riportato alla mente un’altra delle sfide che, da incosciente quale sono, ho affrontato. Per naturale inclinazione ho una mente aperta, curiosa e dopo i primi timidi tentennamenti e le rassicurazioni dello scrittore/regista ho accettato di interpretare, in vari e fugaci passaggi, il ruolo di una madre enigmatica, dalle tante sfaccettature, infatti si tratta di un “giallo” con finale a sorpresa. 
Esperienza nuova in cui non potevo affidarmi alla penna ma dovevo esprimermi direttamente, con la voce, la mimica, la gestualità; ogni parte del corpo è impegnato nella recitazione mentre le battute, pur non essendo tue, devi assimilarle (in pratica entrare nel personaggio). Ho imparato che anche con le espressioni, gli sguardi, le movenze si possono lanciare messaggi alla stessa stregua delle parole e la macchina da presa è stata un banco di prova per conoscere meglio le mie potenzialità comunicative. Sono del parere che ogni esperienza ci lascia un bagaglio di conoscenze che, a nostra insaputa, ci tornano utili al momento opportuno. Che dire poi del dietro le quinte e di tutti quei “ciak si gira” ripetuti più volte quando, piuttosto che piangere perché hai appena saputo che “tuo marito” ha pochi mesi di vita, non smetti di ridere a crepapelle? Eh già… l’ho fatto proprio io, insieme al marito in fin di vita che a quanto pare l’aveva presa abbastanza bene!  

Brevissimamente: otto edizioni del Premio Lucius Annaeus Seneca - di cui sei direttrice artistica - l’ultimo dei quali chiusosi con le premiazioni lo scorso 19 ottobre 2024 all’interno del Medievale e seducente Castello Normanno Svevo di Sannicandro di Bari. Riconoscimenti al merito, premiazioni al concorso Ezio Bosso che ha coinvolto giovani e talentuosi musicisti, premiazioni letterarie di diversi generi relative a opere edite e inedite e molto, molto altro. Un tour de force straordinario da parte dell’accademia delle arti e delle scienze filosofiche che si è rivelato un grande successo sotto vari punti di vista. Cosa c’è dietro questo largo consenso generale e come pensate di poter offrire un supporto sempre maggiore all’arte alla cultura? 

Questa volta credo di poter essere sintetica, Il Premio Seneca è frutto di anni di esperienza, è stato pensato e studiato con attenzione e metodo prima di dargli vita, c’è davvero tanto impegno sia a livello personale che di gruppo, riferendomi ai membri fondatori dell’Accademia delle Arti e delle Scienze filosofiche, al Senato accademico e ai membri della Commissione del Premio; ognuno mette a disposizione le proprie abilità e conoscenze senza risparmiarsi, con zelo, serietà e professionalità. 
Il Seneca è divenuto una creatura che sembra avere vita propria, alimentata dalle nostre cure, cresce di anno in anno e credo continuerà a farlo grazie al desiderio incessante di poter offrire sempre qualcosa di più per riuscire ad avvicinare un numero maggiore di autori che consideriamo non solo dal punto di vista della produzione letteraria ma come individui che possano condividere i nostri stessi ideali, a valenza universale, e le finalità dell’Accademia, in primis la diffusione del sapere, vissuto come un dovere, e il dialogo interculturale e interreligioso per auspicarci un futuro in cui l’uomo prediliga il dialogo alle armi, l’amore all’odio innaturale. 
Il nostro punto di forza è la fede nella Parola, siamo dei sognatori, a me è stato sempre detto, fin da quando ne ho memoria, che ho la testa fra le nuvole, nulla di più vero… io vivo costantemente tra le nuvole, peccato siano poco frequentate:
«Se ti sedessi su una nuvola non vedresti la linea di confine tra una nazione e l'altra, né la linea di divisione tra una fattoria e l'altra. Peccato che tu non possa sedere su una nuvola».
Khalil Gibran 



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mercoledì 23 ottobre 2024

Premio "Seneca 2024", un forte contributo alle arti e non solo

Dio solo sa che sforzo hanno fatto i miei amici per convincermi ad inviare alcune mie poesie a un paio di concorsi letterari diramati in questo 2024. Sì, lo so, vanno molto di moda in questo periodo e danno anche lustro a chi da queste “prove” riesce a ottenere dei riconoscimenti ma si sa, a me non piace molto la competizione in arte, e nemmeno amo fare sfoggio di posizioni in classifica raggiunti o podi conquistati (vedasi mio precedente post “Poeta è una parola grossa” su questo blog). Tuttavia un giorno mi capita davanti e non ricordo neanche come, il bando di partecipazione a un concorso indetto dall’Accademia delle Arti e delle Scienze Filosofiche e denominato "Lucius Annaeus Seneca" aperto, tra le altre cose,  anche ad autori di altre nazioni. 

Già l’intitolazione, dedicata a uno dei personaggi che hanno fornito un contributo importante alla storia della Roma antica (fu, tra le altre cose, tutore e precettore del giovane Nerone) mi cattura: conosciuto semplicemente come “Seneca” fu filosofo, drammaturgo e politico Romano, nonché uno dei maggiori esponenti della prosa romana che visse tra il 4 a.C e il 65 d.C. La sua opera riformatrice ebbe grande positivo impatto sulla qualità della vita dei romani di allora.

Sfoglio il regolamento e noto sin da subito che la commissione esaminatrice è formata da autorevoli esponenti del mondo della cultura: docenti universitari, critici letterari, scrittori, saggisti e poeti di spessore solo per citarne alcuni. Una commissione quindi assolutamente  "titolata" nell'identificare e riconoscere quali, tra le oltre mille opere giunte in concorso e successivamente analizzate, sarebbero state meritevoli di menzione e riconoscimento.

Partecipo con piacere, e non solo al concorso ma anche, a distanza di qualche settimana, alla cerimonia di premiazione dacché una delle poesie da me scritte e inviate ottiene il  premio speciale “Domus”.

La consegna dei premi, trascorsa tra poesie, racconti, storie, premiazioni alla carriera e tanto altro si è svolta sabato 19 ottobre 2024,  in Sannicandro di Bari (BA), con orario di inizio dalle ore 16,00 e l’intera cerimonia è stata magistralmente condotta da Maria Teresa Infante La Marca, responsabile della direzione artistica del premio giunto in questo 2024 all’ottava edizione. 

Organizzazione impeccabile, grande partecipazione e location semplicemente affascinante. Tutto si è svolto infatti all’interno del castello Normanno Svevo di Sannicandro di Bari, storica e suggestiva fortezza medievale situata al centro del piccolo comune distante dal capoluogo pugliese soltanto una manciata di chilometri. Il pomeriggio ha registrato come detto, la presenza di un folto pubblico presente che ha potuto assistere anche alla consegna dei riconoscimenti relativi al premio EzioBosso - sempre organizzato dall'Accademia - nei confronti di due giovani musicisti, i quali hanno potuto deliziare i presenti con brevi ma intense composizioni per pianoforte.

Il premio, ideato e presieduto da Massima Massa, coadiuvato dai presidenti di commissioni inediti ed editi Pasquale Panella e Gianfranco Longo e con la direzione artistica della citata Maria Teresa Infante La Marca, scrittrice e poetessa, è stato una occasione di unione e di aggregazione di culture, di popoli e di religioni. Una commistione di arti e di idee racchiuse in una socialità che ha creato un ponte di scambio culturale tra paesi, tra stili e tradizioni, mai così vicine come in questa circostanza. Lodevole l’impegno degli addetti ai lavori e ammirevole il contributo e il supporto delle numerose Istituzioni che con i loro patrocini hanno contribuito a dare maggior prestigio a questa manifestazione culturale.

Oggi, come detto, di concorsi solo in Italia se ne contano alcune centinaia l’anno, ma quanti di questi sono in grado di attribuire alle opere in concorso un giudizio squisitamente aderente ai canoni standard e di riferimento nella valutazione della poesia, della prosa e altro? Quanti di questi vantano al loro interno la presenza di commissioni competenti e in grado di erogare una valutazione oggettivamente qualificata?

Doveroso da parte mia, e senza voler a tutti i costi esprimere un giudizio di parte su un terreno che giudico spesso arido nella ricerca e nell'approfondimento dei valori della letteratura, esprimere la mia gratitudine all’Accademia delle Arti e delle Scienze Filosofiche per aver realizzato, in un quadro complesso come quello inerente ai valori sociali e culturali delle arti nel nostro tempo,  un efficace disegno dove elementi di diversa natura convergono spontaneamente verso un unico punto di fuga: l’aggregazione spontanea, sana e libera nel mondo delle arti.

venerdì 11 ottobre 2024

Quel fiume che vuole dialogare con la natura umana

"La via alla foce"

(PAV Edizioni 2024)


«Gli uomini sono come i fiumi: l’acqua è in tutti uguale e ovunque la stessa, ma ogni fiume è ora stretto, ora rapido, ora ampio, ora tranquillo, ora limpido, ora freddo, ora torbido, ora tiepido».

sabato 24 agosto 2024

L'opera e la poesia di Arturo Onofri

Romano, Arturo Onofri (1885-1928), di cui di seguito riporto una sinteticissima scheda, è stato personaggio irrequieto, sempre alla ricerca di una conoscenza interiore che scavasse dentro la sua personalità alla ricerca di stimoli per la sua creativa mente. 

Precoce come pochi, iniziò a scrivere poesie all’età di 18 anni e pubblicò la sua prima raccolta poetica nel 1907. Soltanto qualche anno più tardi, nel 1912, fonderà la rivista “Lirica” collaborando, nel contempo, con varie riviste italiane tra le quali “La voce”, di Giuseppe Prezzolini, che tanto successo ebbe nonostante avesse smesso le pubblicazioni solamente nel 1916. 

Fu non solo poeta ma anche acuto critico d’arte. I suoi primi approcci alla poesia possono essere accostati per stile e temi a quella di Pascoli e D’Annunzio sebbene, col tempo, dirigerà le sue attenzioni verso il Crepuscolarismo e il Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti in piena esplosione in quel periodo. 

L’elemento spirituale e lo studio della coscienza, saranno gli elementi che sosterranno lo sviluppo e la creazione della sua opera poetica ma anche saggistica, come in “Nuovo Rinascimento come arte dell’io”, pregno di elementi metafisici riferibili alla scienza dello spirito, tanto cara ad Onofri. 

Poco considerato nel suo tempo, fu convinto sostenitore che la parola fosse uno strumento assai potente a disposizione del poeta, attraverso la quale, stabilire connessioni spirituali con l’intero universo.

Un suo toccante componimento, elaborato in video e inserito nel mio canale YouTube è fruibile qui


giovedì 22 agosto 2024

Quei valori finiti nella spazzatura

Tempo fa, leggendo qua e là in rete ciò che accade in questo nostro mondo mi sono imbattuto in un post che qualche riflessivo utente aveva inserito in uno dei tanti social che ormai tingono di chiaroscuro il nostro scialbo vivere nella società contemporanea. Tra le altre cose, all’interno del post, si lamentava il fatto che la musica, oggi, non esiste più. Bene, ho pensato, qualcuno se n’è finalmente accorto oltre il sottoscritto. Tale dichiarazione, assolutamente veritiera, apre un mondo verso un tema che in pochi sentono l’esigenza di affrontare, poiché nel rispetto dello stile oggi imperante “tutto e subito a prescindere”, non ha nessun ritorno garantito in termini di guadagno e/o di interesse, anzi, allontana coloro che la pensano diversamente e col verificarsi di tale nefasto accadimento, il suo autore avrà il rammarico di aver perso follower piuttosto che la felicità di avere espresso un’idea, assumendo una posizione ferma e chiara nei confronti del comune orientamento.

Tuttavia non solo la musica (rimasta viva solo fino alla fine del secolo scorso), impietosamente dimenticata quale espressione di creatività, di fantasia, di sperimentazione e di ricerca è andata via via scemando fino a lasciare oggi solo deboli tracce, ma le arti in generale ahimè, hanno subìto un lento e inesorabile tracollo, svuotandosi del proprio valore artistico collegato al genio umano e al supremo spirituale "io" interiore, fonte inesauribile di energie creative.

Colpa degli artisti? Forse; colpa degli utenti? Sicuramente! Gli strateghi del marketing insegnano che ogni studio è finalizzato all'accumulare denaro, a prendersi la più grande fetta del mercato e vincere così la concorrenza,  ed è questo ciò che conta. In relazione a questo principio, sacro per i più, ciò che il mercato chiede va prodotto e non dobbiamo spaventarci se tali dinamiche palesano una perdita di qualità. L’utente medio questo cerca? Bene! Questo dovrà essere proposto nel rispetto del concetto, ormai ampiamente collaudato, della domanda/offerta.

Un chiaro esempio arriva dagli eventi dove la musica dovrebbe essere l'ingrediente fondamentale; essere regina della serata: i concerti. Gli stadi sono pieni quando questi sono tenuti da protagonisti di un certo genere sonoro che offrono un insieme di "rumori" non sempre collegabili alla stessa arte musicale (ma sicuramente richiesti dal mercato dell’orrore) aggregati tra loro a formare una monotona e arzigogolante nenia. Viceversa, musicisti professionisti e titolati, con alle spalle anni di studio accademico e con esperienza pluridecennale nel campo delle sette note, sono costretti a suonare in scialbi pub davanti a pochi intenditori - una rarità ormai - o addirittura, per poter sbarcare il lunario,  in eventi quali matrimoni e feste di compleanno sconvolgendo - non senza dolore - il proprio repertorio.

Si assiste purtroppo, allargando raggio d'azione verso più ampi orizzonti, a un costante e inesorabile crollo generale dei valori e a un continuo ridicolizzare le istituzioni, le religioni e i popoli, attraverso aggressioni verbali, soprusi e atti di bullismo intellettuale.

Il mondo, oggi, è diventato una corsa al successo immediato mediante ogni mezzo disponibile dove chi spesso vince, non è il più bravo e talentuoso, ma il più affine alla richiesta di mercato e il più capace nell’ostentare accattivanti profili solo estetici, spesso privi di sostanza. Il suo "strillo", pur senza contenuto, deve essere capace di coprire quello dell’antagonista impedendone espressione e replica. È bravo colui che nei social fa il pieno di like e colui che viene seguito da centinaia di migliaia di follower per i suoi contenuti studiati ad hoc, e a volte anche rischiosi poiché non di rado, accade che vengano proposte imprese attraverso atti non privi di incoscienza e che qualche emulatore, emotivamente più sensibile, potrebbe prendere in seria considerazione. Tutto questo, naturalmente, per catturare svagate menti in balia di un display e con loro, interessi economici e profitti d'ogni tipo. 

Il mancato rispetto e la scarsa osservanza dei valori della vita, il deciso calo di qualità delle arti in primis, a mio parere non sono casi legati solo a una tendenza momentanea in virtù di una sensibile inversione di tendenza da parte della società contemporanea, ma un fenomeno destinato a mutare definitivamente il modo di intendere tali elementi. 

Secondo un comune desiderio avanguardistico, il passato non è più riferimento certo ed esempio pratico nella creazione di opere d'arte, cancellato il postmodernismo si cerca e si vuole l'ambiguità, l'effetto che crei incredulità con la speranza che si affermi anche grazie a una determinata critica dal forte impatto mediatico. La società del nostro tempo insomma, mira alla trasformazione dei canoni classici in rinnovati stili molto meglio adattabili all'era del "mordi e fuggi".

Siamo quindi noi che essendo sempre meno disposti a cercare emozioni spontanee, libere da pregiudizio e conformismo, tendiamo a distruggere e/o a estremizzare ogni evento sino a snaturarlo. Abbiamo perso di vista la bellezza, il piacere dell’unicità e la voglia di stupirci, favorendo così un'implosione emotiva, spesso soppressa nel nostro inconscio adeguamento al mondo di massa e alle sue mode. Evitiamo di arrivare a percepire ciò che riesca a “umiliare”  la nostra "moderna" arroganza, accettando una costante e inesorabile evoluzione verso il peggio.


Fonte immagini: Pexels.com


domenica 14 luglio 2024

Colore e cuore, il connubio vincente nella pittura di Giuseppina Marrocchino

Molto recentemente ho avuto come ospite nei nostri studi televisivi per il programma di Canale Cultura Multimedia Art projects “ArtisticaMente”, l’artista Giuseppina Marrocchino in arte “Margy”. Debbo dire che dal nostro incontro, piacevole e allo stesso tempo esaustivo nei riguardi del tema trattato, è scaturita una serie di interessanti spunti relativi all'arte in generale e non solo pittorica. La conversazione ha fatto emergere peraltro, quanto sia facile, quasi naturale per Margy, coniugare le normali azioni quotidiane alla pratica artistica. Il suo amore per la pittura infatti è talmente coinvolgente che lo vive senza soluzione di continuità dipingendo, spesso, anche durante il disbrigo delle varie attività quotidiane. 

Giuseppina Marrocchino porta con sé, ovunque, il sole del nostro sud, il calore della sua terra ricca di rigogliosa flora ma anche di tradizioni e cultura millenarie. La sua Basilicata e soprattutto Palazzo San Gervasio, piccolo borgo in provincia di Potenza incastonato tra le addolcite colline lucane dal quale proviene, sono elementi che in qualche misura pervadono in maniera sensibile e inconfutabile i vari soggetti presenti nelle sue opere imprimendo loro, calde note dal sapore tipicamente mediterraneo. 

Tuttavia, non manca di certo nel suo repertorio un latente e inconsapevole riferimento all'antico: antiquitatis imago, si direbbe, laddove ogni traccia d'antico è però proposta e riprodotta sotto una moderna dimensione, attenta e incentrata al nostro tempo. Vi sono anche riproduzioni assai fedeli a stati d'animo, riferiti a fatti ed eventi della vita e del nostro mondo. Dolorosi spesso, ma anche privi di sconforto in altri, laddove un'aura di piacere fiorisce spontanea e desta pace e distensione allo stesso tempo.

Il mare è spesso presente, ma diventa nelle sue opere strumento che esprime passioni e dolore, gioia e rancori. Il suo mare, è un fondamentale elemento comunicatore: un sogno rubato a un bambino, il sereno d’una giornata di quiete oppure, il rosso tramonto che stende la pace sono passaggi d’umore e di stato, le cui radici si confondono con le origini proprie e con le esperienze acquisite di vita vissuta.

Margy, la chiameremo giustamente così, inizia a dipingere poiché attratta dall’arte in generale e per una dote innata. La sua è una continua ricerca della perfezione e la tecnica preferita è l'olio su tela, non disdegnando tuttavia, di usare tecniche diverse tra le quali anche l'acquerello. Il tutto finalizzato a meglio illustrare il suo pensiero, quella figura che la sua mente progetta e che vede già abbozzata nei tratti essenziali. La sua è una pittura che parla e la sua voce, un lungo racconto che si snoda lungo colori, tonalità, forme e giochi di luce. 

E ancora, attraverso la tetralogia visibile a fianco,  l’autrice racconta un percorso fondamentale della sua vita: l’angustia dapprima patita, diventa via via un nuovo sentiero verso quella rinascita che ogni individuo si augura quando sente e percepisce una decisa reazione prendere forma nella coscienza. Una rinascita che non significa solo un nuovo respiro affrancato da costrizioni e disfatte, ma che rappresenta una speranza, quella speranza alla quale, sempre, ogni essere umano deve aggrapparsi per cancellare un cupo passato, ingiusto e troppo severo.

La pittura di Margy è la sua essenza, il suo fluire delicato e sincero lungo natura e sentimento conditi di storie, illusioni, verità e speranza. Una pittura che scandisce il suo tempo attraverso la semplice vita di tutti i giorni; una pittura che occupa un posto importante nella sua vita, tanto, che anche durante le attività quotidiane resta in costante lavorazione.

Moltissime sono le partecipazioni a mostre collettive e personali, a testimonianza di una volontà forte di condivisione del proprio pensiero, perché come essa stessa afferma: «Ogni volta è un'occasione unica per condividere una parte di me; per lasciare che le mie emozioni fluiscano liberamente attraverso i miei quadri, raggiungendo e toccando il cuore di ogni osservatore». Una condivisione che la rende felice nel momento in cui chi volge lo sguardo alle sue opere ne rimane colpito e ne percepisce frammenti della sua anima pura e sincera che si esprime coi colori del mondo. 

Molti sono anche i riconoscimenti ottenuti dalla critica specializzata tra i quali un primo premio al concorso "festa dell'arte", per aver interpretato in una estemporanea un luogo storico e suggestivo del territorio di Spinazzola (Barletta-Andria-Trani); i premi “Leone d’oro" a Venezia, “Caravaggio”  a Bergamo e “Mercurio d’oro” a Cesenatico, nonché il premio “Star dell’arte” di Los Angeles solo per citarne alcuni.

Come da sua stessa ammissione, lo scorso 2023 è stato l'anno della consacrazione, della maturazione piena ed effettiva, e partendo da questa solida base ormai costruita, Margy potrà soltanto continuare a dipingere opere che sapranno meravigliare e stupire. 

venerdì 12 luglio 2024

"Poeta" è una parola grossa!

La mia adolescenza l’ho vissuta in un periodo di grandi rivoluzioni in molti campi iniziate già dalla metà degli anni ’60. In campo artistico, in particolare, voci nuove imprimevano un impulso forte e l’arte in tutte le sue forme divenne incisivo e potente strumento di comunicazione con cui venne data voce alla protesta e al dissenso, non solo attraverso le parole, ma anche e soprattutto attraverso stili e mode forzatamente anticonformiste. "Libertà", e non solo intellettuale fu la parola d'ordine che per anni gratificò una buona fetta di cosiddetti "figli dei fiori" oltreché coloro che, strizzando un occhio alle grandi adunate musicali vollero esibire un proprio stile di vita che spesso finiva per superare il confine del canonico giudizio di massa allora imperante. Tuttavia, da queste frange di artisti e in questo contesto "solo apparentemente" caotico, nacquero opere di assoluto spessore, forse irripetibili e ineguagliabili ancora oggi.

In quest’epoca non esisteva ancora un Internet da interrogare ogni qualvolta nascesse in chiunque una curiosità da soddisfare, e per trovare risposte a ogni quesito, non rimaneva altro che ricorrere ai mezzi, allora e da sempre in uso quali libri, enciclopedie e quant’altro rigorosamente stampato. Non esistevano neppure gli smartphone inventati solo qualche decennio più tardi che, oltre a garantire la comunicazione sono oggi usati in massicce dosi per immortalare quanto capita davanti ai nostri occhi.

Vero è, che queste conquiste tecnologiche frutto di uno sfrenato progresso, hanno sicuramente innalzato il grado di benessere sociale a tutti i livelli. Svago, studio e perché no, un concreto aiuto alle nostre attività quotidiane ce le fornisce anche l’intelligenza artificiale, utilizzata con sensibile efficacia sotto varie forme ma attraverso cui qualcuno, e mi viene l’orticaria solo a pensarci, sviluppa anche trame per romanzi da proporre a lettori sprovveduti.

Ma ciò che oggi mi chiedo e spero vi chiediate anche voi, si lega a una riflessione tanto semplice quanto necessaria in questo contesto di crescita globale: di tutta questa tecnologia, di questo eccessivo impiego di elettronica ovunque e dell’intelligenza artificiale, ne facciamo un uso ponderato oppure esagerato? Sono davvero mezzi dei quali ci si può fidare senza limiti, o meglio dosarne l’uso e sfruttarli nei confronti di quei casi ritenuti strettamente utili e/o per cause più o meno indispensabili al fine di scongiurare disastri a danno della collettività?

Di sicuro, a parte tutto, hanno causato un impigrire progressivo nelle azioni di tutti i giorni. Da tale repentino aumento nel loro impiego è andata via via scemando la manualità, il piacere d'una ricerca analizzante stimolata dalla nostra mente fortificando, per contro, una passiva rinuncia -  quasi rassegnata -  all’approfondimento, all’analisi e alla sana valutazione supportata dal ragionamento. Ha istituito senza possibilità di fraintendimenti, una rassegnata accettazione di quanto il web ci fa passare sotto il naso in un contesto ricco di fake news, di martellanti pubblicità e non di meno, di una serie di informazioni contrastanti tra di loro, laddove chi la spara più grossa cattura più letture, e con esse, una serie di benefici legati al numero delle visualizzazioni.

Cosa voglio dire e dove voglio arrivare con questo lungo preambolo? Semplicemente far notare che più strumenti si hanno a disposizione per documentare e diffondere materiale multimediale inerente al proprio essere e alle proprie attività, maggiore è il rischio che possa circolare un'infinità di cose non sempre valide dal punto di vista dei contenuti, se non addirittura vera e propria spazzatura. Facile filmare ogni frammento di vita; facile riprendere fatti ed eventi più o meno di nessuna importanza generale facendoli passare per preziosi momenti di cultura; facile scattare una quantità infinita di foto e documentare in video reading cosiddetti poetici, e questo è un dato di fatto. Per questo e per tanto altro appare evidente che il rischio concreto è quello di cadere nella banalità, e grazie ai social, questa grande quantità di  materiale trova dimora più o meno abbastanza lunga in rete, sovrastando spesso quel poco di buono che invece dovrebbe maggiormente circolare.

Tornando ai sani libri che esulano dall’impiego della rete è giusto tuttavia rimarcare che non è poi così disperata la situazione sul loro consumo in termini di lettura, anzi,  esiste fortunatamente un’ampia frangia di frequentatori di librerie che guai togliere loro il bel libro da divorare in men che non si dica.

Tuttavia è e rimane una minoranza rispetto al popolo degli scrittori, sempre più agguerrito, sempre più sostanzioso e sempre meno qualificato e allora, torna alla mente ciò che eravamo e a quanto dai nostri libri abbiamo appreso, imparato ed estratto allo scopo di arricchire spirito e cultura personali. Era bello sapere che ogni buona lettura ci regalava proprio ciò che cercavamo in un unico messaggio. Il nostro libro era un sacro oggetto cui riporre fede e da cui assorbire potenziali risorse di crescita e arricchimento personali. Che si trattasse di un romanzo, di un racconto o di una semplice poesia, tutto aveva il giusto valore poiché si scriveva solo quando si aveva qualcosa da dire e si pubblicava solo quando ciò che andava in stampa recava in sé un valore letterario, un contenuto che si era guadagnato un posto nel panorama editoriale, grazie anche a un'accurata selezione (che oggi abbiamo perso quasi totalmente) da parte delle poche ma valide case editrici.

Oggi, a distanza di circa cinquant'anni, il mondo dei libri è diventato una sorta di giungla dove il sublime si confonde con la mediocrità, dove il colto autore deve fare i conti con l'esordiente che scalpita arrogante dietro il suo primo libro pubblicato dietro proposta di acquisto o peggio ancora a pagamento. Se ciò da una parte può fare piacere poiché offre maggiore scelta nei confronti dell'utenza, dall'altra fa emergere un interrogativo: è tutto buono ciò che viene stampato e pubblicato? 

Cresce l’offerta dei libri mentre sono in calo i lettori. Nel 2022 infatti, sono aumentati dell’1,3% i titoli pubblicati rispetto all’anno precedente così come le tirature (+1,7%) mentre per quanto riguarda i lettori, il 39,3% della popolazione di 6 anni e più ha letto almeno un libro nell’ultimo anno per motivi non strettamente scolastici o professionali abbassando la quota rispetto al 40,8% del 2021 (Ultimi dati pubblicati da Istat).  Chiaro che proseguendo questo trend, vi sarà un numero spropositato di scrittori a fronte di un numero sempre minore di lettori. 

Già, scrittori. Basta affidarsi a uno degli oltre 5000 editori in Italia e detto fatto, si diventa scrittori, così come si diventa poeti solo pubblicando qualche verso. Al di là della narrativa dove l’assistenza all’autore è quasi totale attraverso figure come il correttore di bozze e l’editor, per mezzo dei quali il prodotto finale nella sua forma può essere giudicato accettabile, la poesia, per esempio, deve partire già con una solida base strutturale: di concetto e di contenuto. Insomma, scrittori di racconti e romanzi si può diventare se le storie narrate hanno un contenuto accattivante e una narrazione che cattura. Poeti no, poiché nessuno può manipolare il cesellamento di parole e di contenuti eseguito dal poeta, e se non si parte già con un valore intrinseco globale, difficile sarà reputarle poesie!

Per questo credo che la parola poeta sia una parola grossa, molto grossa, e oggi se ne fa sproposito nel suo uso. Essere poeti vuol dire aver riconosciuto nella propria scrittura i favori di una critica competente, preparata. Una critica che vada oltre una visione relegata solo alle esigenze del lettore contemporaneo e che arrivi ad abbracciare l'intera tradizione letteraria, anche attraverso i classici che hanno fatto la storia della letteratura mondiale.

Certamente non parliamo di quella critica spicciola, come quelle combriccole di commissioni improvvisate nelle centinaia e centinaia di concorsi di poesia creati ad hoc per racimolare qualche soldo e permettere così all'autore di turno di postare sui social la sua bella pergamena con una menzione d’onore, il suo attestato di partecipazione oppure, il diplomino, perché selezionato quale finalista al premio di poesia "Ciccio Balocco" di Bardanzo di sotto nell’ambito dei festeggiamenti "Il pentolone di bronzo", ma di quella maturata e agente in tutt’altri ambienti. 

È mia convinzione che la stragrande quantità (per fortuna non tutte) di commissioni approntate per le centinaia di concorsi letterari che ormai pullulano nel web sia competente solo per un certo di tipo di poesia: quella che descrive sinteticamente un pensiero semplice, con parole semplici, che descrive concetti semplici a favore di una facilità di comprensione e di valutazione, sempre più aderente a congetture prive di storia e di tradizioni. Giurie e giurati di ristretta veduta insomma, pigri nell’applicare quel paradigma di elementi pertinenti alla scrittura poetica per un’oggettiva valutazione dell'insieme.

Per questo affermo, e non improvvisando,  che la poesia è una cosa seria, molto seria! E deve essere fruita in contesti ove esista una competenza dedicata, dove vi sia la presenza di fruitori che abbiamo una sensibilità colta e una capacità percettiva superiore, adatte ad analizzare gli scritti in maniera appropriata e competente e dove, soprattutto, vi sia equilibrio e coerenza nel riconoscere meriti e valori al di là della richiesta el mercato, al di là del personaggio, al di là del nome e/o dell'amico e oggi, ahimè, e assai difficile ottenere tali oggettivi giudizi. 

Si può nascere grandi poeti, ma se questo accade in un’epoca sbagliata, in pochi saranno in grado di riconoscerne i valori e di proporre una capacità d’analisi adeguata e soprattutto competente.

martedì 9 luglio 2024

Pamela Caddeo, forme e colori di un mondo interiore

Quando osserviamo un bel quadro il primo quesito che  spontaneamente ci poniamo è: cosa sta facendo qui l’artista? Sta raffigurando il mondo attorno a lui oppure riporta sulla tela ciò che il suo intimo sentire gli suggerisce sottoforma di idee, forme e colori? Per dare una risposta a questa domanda possiamo provare ad analizzare l’ultima parte del nostro tempo, quella che parte cioè, dall’ inizio circa del ‘900 e fino ai giorni nostri. Il tema è analizzare una presunta evoluzione all’interno della disciplina, oppure individuare se qualcosa è emancipato dal modo di fare pittura fino ad allora praticato, spostando il baricentro altrove. Di giovamento sarà, osservare inoltre se tale transizione (ammesso che ve ne sia traccia) abbia preso vita attraverso differenti correnti di pensiero recanti tutt’altra visione nel proporre la nobile arte chiamata pittura.

Come noto l’impressionismo si esprimeva attraverso la sensibilità del pittore in relazione al mondo esterno, o meglio,  attraverso la realtà che lo circondava imitandonde i tratti salienti e di conseguenza, la natura e il mondo circostante. Nel momento in cui tale esigenza, attraverso idee avanguardistiche furono messe in discussione spostando l’attenzione verso una dimensione più intimista, nacque l’astrattismo, vera e propria rappresentazione interiore dell’artista attraverso linee, forme e colori. Ciò, irrimediabilmente, si contrappose così alla millenaria concezione della pittura quale vera e propria imitazione della realtà.

Ebbene, l’astrattismo non solo riscosse un gran successo nell’atto della sua apparizione, ma ancora oggi è una delle forme più apprezzate. Non solo da fruitori comuni  e acuti osservatori sempre a caccia di originalità, ma anche, da molti artisti contemporanei compresa Pamela Caddeo, pittrice genovese, e vera e propria interprete di questo modo di intendere e creare la pittura. Pamela, nella sua semplice ma spesso mistica espressività artistica, mi ha subito fornito spunti di riflessione. Non solo in relazione alle proprie figure che imprime indelebilmente sulle  tele, ma su quanto l’astrattismo riesca a profondere inequivocabilmente in termini di stupefacente scoperta nella minuziosa descrizione di uno stato d’animo interiore.

Pamela Caddeo come detto è ligure, terra prolifica che ha dato i natali a molti personaggi del mondo dell’arte e non solo, e che hanno in qualche modo fatto la storia. Lei, in silenzio e senza far rumore, inconsapevolmente forse, prosegue questo trend, dando lustro alla sua terra attraverso una pittura originale, di ampio respiro e soprattutto assai comunicativa. Divisa tra la sua Liguria e la Sardegna dove per almeno tre mesi l’anno trova rifugio, vive il mare in tutte le sue forme, mare che imprime in lei l’immagine dell’infinito, un infinito che ritroviamo nella sua pittura senza limiti e confini, una pittura originale e contraddistinta dall’unicità. 

Inizia a dipingere quasi per appianare una strada irta di ostacoli; soddisfare un bisogno di cui per molti anni, attraverso varie vicissitudini della sua vita, ha dovuto fare a meno: quello dell’approfondimento, della ricerca del bello pur nella sua semplicità e dello studio inteso come indispensabile arricchimento personale prima ancora che  come strumento per interpretare con qualificata competenza ogni meraviglia. Una spinta ulteriore in questo senso gliela imprime un momento critico vissuto a causa della sua salute. E proprio da questo indesiderato passaggio nasce l’esigenza di un risveglio, di una rinascita volta a ricominciare un ciclo, consapevole che solo “colorando” ogni immagine passata, ogni monocromo episodio vissuto malamente può nascere una nuova sensazione di benessere e di appagamento. 

A volte lo fa anche dipingendo con le dita, come se volesse un contatto vero con la sua materia e con i suoi colori, riuscendo in questo modo a far dialogare tatto e colore, mentre ogni sua emozione, è un susseguirsi di idee e di immagini che nascono e prendono forma a mano a mano che la mente crea e detta. 

E così le sue opere sono uno scandire appassionato del suo tempo, del suo stato d’animo e del suo flusso creativo, mai sazio di sposare il suo infinito laboratorio delle idee. Ogni suo lavoro racchiude in sé un messaggio che si dimena e che evade dall’interno di poche tinte a volte, ma certamente scelte non a caso; essenziali per capacità penetrativa nel proporre un deciso impatto e causare, in maniera del tutto naturale, impressione emozionale nell’osservatore. In "Tropicana" (Carnevale di Rio), qui raffigurato infatti, l'artista afferma che l'arte altro non è che la ricerca del bello in un mondo reso invivibile dall'uomo.

Come ogni artista che ama sperimentare, anche Pamela si affida a nuove tecniche e nuovi materiali. Essa infatti, non conosce solo determinati strumenti per esprimersi. Dopo l’acrilico, principale elemento utilizzato, si interessa al gesso, agli smalti e al pastello ad olio che, con intuito creativo, scioglie in parte sulla fiamma, e steso poi sul supporto, conferisce all’opera una corposa traccia innestando in questo modo la nascita di una piacevole sensazione di rilievo e di un conseguente addolcimento nell’interpretazione visiva. 


Numerosissime le sue partecipazioni a prestigiose mostre e altrettanto numerosi gli attestati di stima ricevuti per i suoi lavori ma Pamela è anche poeta. Tra i suoi progetti futuri l’idea di proporre un volume contenente immagini delle proprie opere, corredate ognuna di una sua poesia allo scopo di ottenere una duplice prospettiva artistica, senza perdere di vista la fonte che eroga ogni sua idea e ogni sua progettazione.

Molti sono anche i lavori di bigiotteria attraverso cui Pamela trova un ulteriore canale di sfogo e in cui inventare e realizzare. Attraverso una molteplicità di creazioni non solo pittoriche, ha mostrato e messo in
atto sicure capacità artistiche: abile nell’uso del pantografo e nella pittura anche su stoffa; esperta nel produrre stampe attraverso l’uso di agenti chimici su legno; decora vetro e crea con paste modellanti. E ancora, pratica incisioni su cuoio e pelle. Il suo insomma è un mondo ricco di fantastiche invenzioni e le sue attività, un fattivo contributo all’arte in generale a conferma che, sebbene i tempi cambino così come le mode, il pensiero e gli stili, ciò che contraddistingue il genere umano è questa capacità di produrre l’inimmaginabile improvvisando per stupire.   

domenica 26 maggio 2024

Lo straordinario potere della scrittura. Paola Mattioli a "Open Book - Storie di libri"

Come ormai penso sia noto un po' a tutti, da circa un anno sono entrato nell’organigramma di un'Associazione Culturale denominata “Canale Cultura Multimedia Art Projects” con l’incarico di Direttore Artistico. Un team di agguerriti tecnici della ripresa che con tenacia hanno fatto della loro passione una ragione di vita mettendola a disposizione di quanto è rappresentato da bellezza, meraviglia, spettacolo e creatività: in una parola Arte! 

Tra le varie iniziative volte a valorizzare le diverse discipline e soprattutto gli artisti che ne sono coinvolti ben tre format televisivi da me ideati e realizzati, avvalendomi del loro professionale e indispensabile ausilio, uno dei quali, dedicato esclusivamente al mondo dei libri e agli scrittori dal titolo “Open Book – Storie di libri”.

Molto di recente, abbiamo provveduto a registrare la puntata che a breve sarà messa a disposizione per la visione sui nostri canali social e sul sito ufficiale dell’associazione nella quale Paola Mattioli, questo il nome dell’artista partecipante, non solo ha parlato della sua ultima raccolta poetica dal titolo "Paola, io", ma soprattutto, ha lasciato una traccia profonda con i suoi racconti di vita e di sentimento collegati alle sue arti in generale.

Pittrice, poetessa, sceneggiatrice e articolista SEO, Paola è soprattutto scrittrice. Ha infatti già pubblicato ben sei libri di cui 4 raccolte poetiche; un racconto storico intitolato "Viera Un'italiana del '23" ispirato a una storia vera relativo a fatti accaduti durante il secondo conflitto mondiale e che hanno visto Viera, la propria madre, protagonista assoluta di questo avvincente frammento di storia vissuta. E proprio su questo racconto, Paola sta lavorando alla sceneggiatura per la realizzazione di un film storico. 

Ma non finisce qui. Paola, ha pubblicato un’ulteriore opera dal titolo "Viera, Ricette e proverbi romagnoli", divisa in tre distinti libri sulla storia contadina romagnola, con le sue ricette tipiche, frutto di una tradizione consolidata. Tre libri corredati da proverbi, detti popolari, immagini e curiosità relativi ad “Antipasti e primi”; “Secondi piatti, formaggi e contorni” e infine “Dolci”. Parliamo quindi di una scrittura che abbraccia agevolmente generi davvero diversi.

Paola Mattioli è partita da Bologna per poter partecipare al nostro programma e lo ha fatto animata da grande entusiasmo, grande disponibilità e con una passione fuori dal comune. Ha sciorinato davanti alle nostre camere aneddoti, curiosità, storie legate ai suoi genitori, dalle quali anche il suo personale approccio all'arte ne ha subìto influenza. Ha parlato senza alcun timore - emozionandosi più volte in virtù di una sensibilità estrema e fuori dal comune -  del suo modo di donarsi alla scrittura e soprattutto, ci ha svelato che nel farlo vive un'inspiegabile fase attraverso cui entra in uno stato di pura estraneazione dalla realtà e nella quale, in un vortice di abbandono psicofisico, crea.

Ebbene, debbo dire che il mio contributo a favore dell’arte in generale è ormai un bisogno regolare al quale non so più rinunciare, e questo mio desiderio mi ha portato a contatto nel corso degli anni con innumerevoli artisti: musicisti, scrittori, scultori, poeti, disegnatori di abiti, Body Painter e quant’altro. Tuttavia, poche volte mi è capitato di assistere a una così elevata esternazione di emozione animata da una sensibilità sensoriale fuori dal comune. Paola Mattioli, a mio modo di vedere, è portatrice illimitata di percezioni.  Spesso, come lei stessa attesta, è colta da manifestazioni extrasensoriali durante la creazione. Il ricordo, il suo vissuto e le perdite dei suoi cari, sempre patite con dolore, balenano nella sua anima con veemenza catturando la sfera psicologica che, anziché soffrirne, ne trae stimolo per trasformare tali eventi in coraggio e forza.

La Mattioli, per quello che ci ha raccontato nel corso della registrazione della puntata di “Open Book – Storie di libri”, e che invito caldamente a seguire sui canali di pertinenza di Canale Cultura Multimedia Art Projects a brevissimo, rappresenta il modello di artista che dedica ogni propria risorsa, ogni propria energia al recupero di ciò che è solo immaginabile, ma che mediante una forza creativa straordinaria rende materiale e visibile.

venerdì 17 maggio 2024

Arte a tutto campo con Marina Mangiapelo

Ho conosciuto l’artista MarinaMangiapelo a Latina, in occasione di una delle mie presentazioni letterarie organizzata nel capoluogo pontino. All’interno della sala ove avrei presentato la mia ultima raccolta poetica erano esposte, dando vita a un meraviglioso colpo d’occhio, alcune sue opere pittoriche. 

In particolare, mi soffermai, tra le altre cose rimanendone ammaliato, su una serie di volti femminili inseriti in un contesto pittorico più ampio e all’interno del quale spiccavano ulteriori opere, frutto della sua geniale capacità creativa e del suo estro innato.

Piacevolmente colpito da tale bellezza, non ho potuto fare a meno di approfondire, con l'ausilio dell'autrice, il tema proposto da quei volti, ognuno dei quali, non solo portatore in dote di un effetto cromatico avvolgente e ben equilibrato, ma intriso - nell’espressione e nello sguardo - di un senso di mistero implicito, livellabile attraverso una soggettiva interpretazione nell’attenta osservazione.

Quelle stesse immagini poi, a cura dell'autrice, le troviamo tra le pagine del suo libro dal titolo “Talismani” -  La donna esoterica e i simboli della sua arcaicità. Un volume di cui ho avuto modo di conoscerne il contenuto e di percorrerne alcuni passi. Un libro che si fa carico di guidare il lettore verso una soggettiva interpretazione dell’infinita lotta tra il bene e il male attraverso misticismo e scienza. Ogni volto proposto, in un collage dalla forte presa sensoriale, collega un simbolo di risanamento e purificazione  esprimendo, nel complesso, un concetto di bellezza universale, tema caro alle stesso Fëdor Dostoevskij e che lei stessa cita sposando a piene mani la tesi espressa dall'autore russo di un bisogno di bellezza quale valore riconosciuto per la salvezza del mondo.

Ma Marina Mangiapelo non è solo una saggista e una pittrice di talento. Il suo mondo artistico contempla la creazione di forme d’arte assai diversificate quali ad esempio la progettazione, il disegno e la creazione di costumi per il successivo impiego nel cinema, nella danza e nel teatro. Una competenza acquisita durante gli studi giovanili e arricchita ulteriormente in Atelier attraverso la frequentazione di laboratori di rilievo quali quello di Gianni Versace, oppure, affinata attraverso contatti  con maestri d’arte e dai quali ha tratto ispirazione e stimolo per la ricerca e lo studio di sempre nuove tecniche applicative nel campo della moda.

Molteplici sono le collaborazioni, soprattutto nella qualità di costumista in svariate produzioni cinematografiche e televisive all’interno delle quali Marina ha potuto fornire il suo qualificato contributo.

Un impegno costante il suo, pregno d’arte, di storia, di colore e soprattutto frutto di una ricerca costante e sempre aggiornata nell’individuazione di soluzioni innovative e originali. 

martedì 23 aprile 2024

Arte figurativa e letteratura in Galleria


Parte venerdì 26 aprile alle ore 17,00, la mostra “Astractura & dintorni”, visitabile presso la Galleria Arca di Noesis, via Ostilia 3 b a Roma, e visitabile fino al 1^ maggio 2024.