lunedì 4 aprile 2022

Le estati vestite d'amore

 Una corsa dentro la poesia del 900

"Estate"

Siamo ancora in compagnia di Cesare Pavese, in questo ipotetico viaggio dentro la poesia del 900. Traduttore, saggista, scrittore ma soprattutto poeta dall’animo sensibile che attraverso i suoi spiccati e percettivi sensi, ci ha raccontato della vita attraverso la poesia che egli sente innata tra le sue passioni.

La vita, filtrata dalle sensazioni di un uomo che ha vissuto intensi ardori, di portata tali, da segnarne irrimediabilmente il proprio destino. Questa volta si rivolge a una delle stagioni più amate: l’estate. 

Un Componimento che troviamo inserito nella raccolta “Lavorare stanca”. Ma leggiamola insieme questa delicata poesia per poterne godere a pieno ogni suo verso.

 

C’è un giardino chiaro, fra mura basse,

di erba secca e di luce, che cuoce adagio

la sua terra. È una luce che sa di mare.

Tu respiri quell’erba. Tocchi i capelli

e ne scuoti il ricordo.

 

Ho veduto cadere

molti frutti, dolci, su un’erba che so,

con un tonfo. Così trasalisci tu pure

al sussulto del sangue. Tu muovi il capo

come intorno accadesse un prodigio d’aria

e il prodigio sei tu. C’è un sapore uguale

nei tuoi occhi e nel caldo ricordo.

 

Ascolti.

Le parole che ascolti ti toccano appena.

Hai nel viso calmo un pensiero chiaro

che ti finge alle spalle la luce del mare.

Hai nel viso un silenzio che preme il cuore

con un tonfo, e ne stilla una pena antica

come il succo dei frutti caduti allora.

 

Vero che il poeta percepisce la stagione estiva come un susseguirsi di prospettive che aderiscono a una visione affascinata della terra, della luce e del mare. Vero anche tuttavia, che attribuisce a questi elementi che egli identifica come distintivi segni dell’estate, significati più ampi e variamente interpretabili. Assegna loro valori che oserei definire unici rispetto a ciò che descrive, nel loro intrecciarsi amabilmente tra la natura e il sentimento, e scanditi dallo schietto susseguirsi di versi, nei quali intravede e descrive la sua amata mentre aziona i movimenti della natura col suo corpo. E lo fa con l’armonia di cui egli ne descrive ogni passaggio e suono immaginario, avvalendosi del suo strumento preferito: la poesia.

Pavese, riesce a creare una sorta di fresco connubio, nel quale sposa l’incanto e i colori di un‘estate che "cuoce la terra" – come egli stesso afferma - e la sua donna che la definisce ed appella “prodigio”.

E la racconta, questa stagione d’amore, dalla sua prospettiva di uomo incantato, di uomo innamorato della vita, della natura e della sua donna.

(per la fruizione del video cliccare sul titolo)