La via alla foce

 "La via alla foce" (PAV Edizioni 2024)


«Gli uomini sono come i fiumi: l’acqua è in tutti uguale e ovunque la stessa, ma ogni fiume è ora stretto, ora rapido, ora ampio, ora tranquillo, ora limpido, ora freddo, ora torbido, ora tiepido». 
Mi piace aprire questa breve introduzione a “La via alla foce” con un brano tratto da “Resurrezione” di Lev Nikolàevič Tolstòj. Lo scrittore, in questo passaggio del famoso romanzo affida una riflessione al metodo della comparazione, e nel farlo, chiama in causa l’uomo e il fiume, due elementi assai distanti per natura originaria, ma così simili nella capacità di modificare il proprio stato in ragione di fattori estranei intervenuti. 

Ciò premesso, e prendendo in prestito il frammento dell’opera del popolare autore russo, ho voluto impiegare questa saggia riflessione spostando tuttavia il raggio d’esercizio in un terreno parallelo, ossia, dal punto di vista del “peso” - inteso quale insieme di elementi esterni assunti – di cui entrambi si fanno carico durante il loro viaggio, e di cui se ne libereranno nel corso o alla fine del percorso. 

A tal proposito, la conclusione che ne deriva è semplicemente il frutto di un’analogia, cosicché come un fiume si modifica, in virtù delle tante variazioni intervenute lungo il suo cammino raccogliendo ciò che incontra, così l’uomo presenta più d’una versione di sé quante sono le vicende che lo investono durante l’esistenza e che ne modificano opera, carattere e pensiero.

L’uomo e il fiume dunque, non solo condividono lo stesso principio secondo cui non è realizzabile un percorso uniforme e lineare, ma entrambi assorbono – metabolizzando - quanto incorporato nel cammino per volere o per casualità fino alla fine del tragitto.





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