Le origini storiche risalgono nell’anno 1656 quando la popolazione pigliese per intercessione della Madre Santissima fu liberata dalla peste di manzoniana memoria.
Due sono le feste annuali dedicate alla Vergine: il lunedì
di Pentecoste e il 30 Ottobre giorno in cui la popolazione commemora la
liberazione dalla peste. La gestione della festa autunnale è affidata
alla Confraternita della Madonna delle Rose mentre quella estiva
viene gestita da un Comitato apposito composto da gruppi di pigliesi.
Notevole è sempre l’affluenza della popolazione che con fede e devozione antica, profonda e salda accompagna, nelle processioni, la Statua della Madonna delle Rose per le strade e le viuzze del paese insieme alle confraternite esistenti sul territorio.
I Confratelli guidati dal Priore, amministrano i beni del Santuario e della Statua onorata ogni anno dai fedeli con doni in denaro ed oro che costituiscono un piccolo tesoro da salvaguardare con tenacia.
Nel 1900, per opera della “Società Operaia”, sono state
installati i nuovi stipiti ed architravi nelle porte di accesso al Santuario ed
una cancellata in ferro nella porta centrale con una scala sempre in ferro
lavorato per accedere al soppalco dove c’è l’organo.
Il santuario venne seriamente lesionato il 13 Gennaio 1915
dal terremoto della Marsica, che rase al suolo Avezzano e poi restaurato
dall’Impresa Filippo Pacetti di Albano Laziale sotto l’egida del Vescovo di
Anagni Mons. Attilio Adinolfi.
Successivamente, negli anni ’60, il santuario è stato
oggetto di importanti lavori eseguiti dall’impresa del geometra Luciano
Pacetti, con il contributo della popolazione, riguardanti il consolidamento del
tetto con una soletta in cemento armato, il rifacimento dei cupolini e della
facciata.
Negli ultimi tempi non sono mancati i furti sacrileghi: nel
1973 venne rubata una tela ad olio raffigurante il Crocefisso e quattro
candelieri di fattura artigianale; nel 1978 vennero asportate le cornici
ricavate in legno della Via Crucis, un calice e quattro statue lignee di
angeli, nel 1987 è stato rubato un mazzetto di rose, di valore artistico, poste
nelle mani del Bambino e della Madonna.
In data 20 Agosto 2009 la Regione Lazio-Assessorato ai
Lavori Pubblici con nota prot. 162006/2D/16 indirizzata al Comune di Piglio, in
risposta alla lettera del 29/7/2009 prot. 1579, fa presente che al Santuario
della Madonna delle Rose per il recupero dell’edificio con Decreto n° 180
del 21 marzo 2008 Esercizio finanziario 2008, è stato finanziato l’intervento
5555, con Euro 417.017,03.
In data 1° Febbraio 2010 il Vescovo Lorenzo Loppa ha inviato
una lettera al Priore ed al Direttivo della Confraternita della Madonna
delle Rose, per conoscenza al Parroco don Giovanni Battista Macali con la quale
comunica “che a partire da questo anno la processione del sabato che precede la
Pentecoste, con il trasporto della Statua della Madonna delle Rose a Santa
Maria Assunta venga anticipata al venerdì sera”.
In data 19 Febbraio 2010 il Priore della Confraternita a nome del Direttivo risponde alla lettera del Vescovo comunicando che il “Consiglio all’unanimità ha approvato il Decreto e invitava il Vescovo a presiedere, per la prima volta, la Processione del Venerdì ed a officiare la Santa Messa nel Santuario della Madonna delle Rose alle ore 20,30”.
Attualmente le celebrazioni si tengono il sabato pomeriggio alle ore 16 e la domenica alle ore 9.Le notizie più antiche relative alla chiesa della Madonna delle Rose si rinvengono nei documenti conservati nell’archivio della Curia Vescovile di Anagni.
È da questi documenti che veniamo a sapere che a seguito della liberazione dalla peste avvenuta nel 1656 la comunità del Piglio volle edificare una chiesa dove era collocata l’icona della Madre Santissima detta delle Rose.
La fabbrica della chiesa cominciò il 16 novembre del 1668. Il 6 maggio 1674 fu benedetta la nuova chiesa e vi fu celebrata la prima messa dal Vescovo di Anagni Mons. Gian Lorenzo Castiglioni.
Sugli atti della visita pastorale del 22 ottobre 1686 si
legge che nella Madonna delle Rose si celebrava la messa tutti i
sabati e le feste della Beata vergine Maria.
In un inventario del 1 settembre 1782 si afferma che nella chiesa esisteva un solo altare, dedicato alla stessa B.V., “fatto fare nuovo di stucco con suo ornato da una persona divota benefattrice nel corrente anno 1782“.La medesima data è stata rinvenuta sul cemento della cornice dell’affresco durante l’ultimo restauro del medesimo avvenuto nel 2001.
Nell’archivio parrocchiale si conserva un manoscritto del
Preposto Vincenzo Bonacci, sulla storia del miracolo, dedicato ad Alessandro
Petrarca. Se ne riporta qui l’intera trascrizione.
“Storia Della prodigiosa Immagine Di Maria Santissima detta
delle Rose che si venera in vicinanza della Terra del Piglio, Diocesi d’Anagni,
Dedicata al Nobil Uomo il Sig.r Alessandro Petrarca
L’anno di nostra salute 1656 fu funesto all’Italia. Una peste sterminatrice serpeggiò per varie parti di essa, e dalla Sicilia passando o Napoli e quindi in Roma recò molta strage desolando città. Nel mese di settembre si manifestò tra gli abitanti di Piglio i quali incontanente si trovarono in braccia della morte, estinte rimanendo intere famiglie.
Terra popolato era il Piglio a quei dì, composta essendo di
sopra a 400 famiglie ed anime sopra 1550, e gli estinti nel tempo del contagio
si calcolarono a settecento venti. In vicinanza del Piglio verso il mezzogiorno
su di una amena collina si erigeva picciola aperta Cappelletta ove dipinta
miravasi l’antica Imagine di Maria SS.ma detta delle Rose. Ci è ignoto il tempo
in cui essa fu dipinta; seppure non conviene rimontare al secolo di Leone
Isauro, quando l’Italia in opposizione al furore, ond’egli le Sacre Imagini
perseguitava in Oriente, atterrò con Santo Zelo dovunque incontravansi
l’Imagini dell’empio Imperatore, e moltiplicò i dipinti in onor di Maria, e dei
Santi. Comunque però ciò sia l’Imagine si presenta in atteggiamento molto
grazioso ed obbligante.
E’ espressa in atto di allattare il Divin pargoletto, e
mostra con ciò essere Iddio ad essa soggetto, ed obbligato, mentre con guardo
pietoso rimira gli circostanti imitandoli alla sua fiducia. Insino all’epoca
accennata della pestilenza, la S. Imagine venerata era in questa picciola
Cappella, riscuotendo gli omaggi dei passeggeri divoti, e gli tributi che le
pie verginelle le donavano di fiori a rose inghirlandati.
Da qui forse ebbe la denominazione della Madonna delle Rose,
o della Rosa, e con corrotto vocabolo Santa Rosa, come si appello in una
consiliare adunanza del Comune, e come tuttora si nomina da alcuni del basso
volgo, e che ad essa S. Imagine sia riferibile tal titolo, si prova, dal non
esistere in essa terra chiesa, o altare dedicato alle tante sante di tal nome,
le quali registrate sono nel martirologio romano.
Venne però il tempo che nel luogo, ove stava l’imagine di
Maria SS. delle Rose manifestar doveasi un tesoro di grazie celesti. In mezzo
al comune pianto, e generale consternazione cagionata dall’epidemia, mentre il
Popolo disperando di ogni umano rimedio a Dio ricorreva cò voti, e alla
intercessione dei Santi, e specialmente di Maria, si ode da alcune donne, che
l’Imagine della Madonna SS.ma delle Rose sudava.
A tal propizia voce quali fossero le pie emozioni del Popolo
è facile immaginarlo.
Vi occorrono immantinente l’Arciprete del luogo D. Domenico
Gianardi, il governatore Francesco Costa ed il medico Marchetti con altre
persone, le quali accertatesi del mirabil sudore e verificato non poter
provenire dall’umido per essere la S. Imagine in muro elevato ed asciutto ed
esposto al sole, ed è questa per noi manna di salute o clementissima Regina?
(sclamarono tutti con dirottissimo pianto) o lagrime dei vostri pietosissimi
occhi per lavarci dal lezzo dei peccati? Se fossero queste, offritele al vostro
divin figliuolo e rendetelo a noi pietoso.
Accorse a queste voci la maggior parte del popolo benché
infermiccio, e giudicando che quel miracoloso umore fosse il Popolo attaccato
da peste, e che vedendo non aver più mezzi umani cui ricorrere per esserne
liberato alla sola intercessione ricorrea de Santi, e specialmente di Maria
SS.ma, non si dice attribuir a un prodigio della sua Fede l’istantanea
cessazione del flagello seguita dall’unica applicazione di quell’umore che
dalla Imagine di Maria scaturiva? Perché non ha a dirsi prodigiosamente apparso
un tal sudore, quando da niuna natural causa potea esser prodotto, siccome la
relazione di tre distinti personaggi e i più illuminati del Luogo ci prova a
sufficienza? Come non prodigioso, se fù efficace a guarire quei che già del
morbo erano affetti, e segno fù che altri mai più il contrasse? Dica pur chi
vuole, che io lo chiamerò sempre un miracolo, e lo aggiungerò a quegli infiniti
operati da Dio pel mezzo della sua gran Madre, e de quali a esprimersi colle
parole di Tullio pleni sunt omnes Libri, plene sapientium voces, plena
exemplorum vetustas. e così me lo crederà sempre balsamo al lor male, chi con
bambace, e chi con pannolini procurarono raccoglierlo, e con l’ali di amore
volarono ad applicarlo ai loro infermi. Molti quantunque poco sani non si vollero
partire dall’aspetto della S. Effige, nemmeno per la sopravvenienza della
notte, nella quale benché cadesse dirotta pioggia, neppure di una stilla si
sentirono bagnati; per lo che raddoppiarono il pianto, vedendo la cura che di
loro prendeasi la misericordiosissima Vergine, quale di molto si accrebbe,
quando nel mezzo della notte apparve un grazioso augellino che svolazzando
festevole intorno alla lampada che ivi ardea, sembrò che presagisse al Popolo
salute col volo, e suo canoro canto.
Cessò in quel punto il prestigioso umore e la pestilenza restò fugata totalmente. Quel fatto avvenne nel giorno 30 ottobre 1656.
Il popolo per gratitudine dell’ottenuto beneficio fece nello
stesso giorno larghi doni di anelli, monete, collane di oro, e di argento,
acciò si fabbricasse la chiesa alla loro liberatrice: e perché quel sito parve
troppo angusto a loro disegni, risolverono segare da quel muro la S. Imagine, e
trasportarla in Luogo più alto entro la Terra. Accinti a tal opera i Fabri,
furono immantinente fugati da una tempesta; ed un fulmine brugiò gli ordigni
preparati al lavoro ed al trasporto.
A questa evidente disposizione del Cielo nella quale
manifestavasi che la Santa Vergine erasi scelto quel Sito, cambiaronsi i
sentimenti, e fabbricarono la chiesa come al presente si vede, abbellita in
appresso dall’elarginazione dei devoti.
Il Popolo del Piglio ha conservato sempre, e conserva
tuttora verso questa S. Imagine la più viva divozione in riconoscenza a Maria
SS.ma di si segnalato beneficio, il che mostra olle continue visite, e colle
invocazioni in ogni sinistro incontro. Maria in corrispondenza benefica di
continuo gli suoi divoti, secondo che appunto disse di Lei Innocenzo III = Quis
invocavit eam, et non est auditus ab ipsa? = (Serm. de Assumpt. B.V.).
Ne celebra solenne Festa nella Feria seconda di Pentecoste,
gareggiando la ricchezza de doni colla più soda, ed esprimente divozione.
Le principali circostanze del presente Istorico racconto
trattesi sono dal De-Magistris in più opere, il quale protesta di aver letto
l’autentico originale dello stesso Governatore Francesco Costa testimonio
presente al fatto.
Altre Copie, e tutte simili del detto Costa sono pur anco da
me state lette esistenti presso alcuni abitanti del Piglio. A rendere memorando
nei posteri il giorno, in cui accadde la Liberazione dalla peste, cioè il
giorno 30 ottobre, la S. Congregazione dei Riti con Decreto del di 5 Settembre
1827 ha concesso nel Rito di Doppio Maggiore l’ufficio e Messa da potersi
recitare dal Clero Secolare del Luogo come nel Patrocinio di Maria SS.ma”.
“Em.mo et Rev.mo Sig.re P.one Col.mo, Mi trovo come
Navicella in mezzo al mare senza guida smarrita nel più profondo fondo di
travagli et disgusti, se bene ho pigliato fin animo coraggioso, dubito di
restar privo di tutte le mie pecorelle datemi in custodia da V.E., et in tanto
poco tempo diventar Pastore senza gregge avendo fatte tante fatiche in
radunarlo a Dio, con far continuamente orazione di quaranta sacrificij
Processioni, Rosarij, che questo Popolo s’avesse mantenuto in Pace et
tranquilla quiete, et hora mi vedo come Marinaio restar senza Barca, et
Pastor senza greggie, con pericolo grande di restar privo anch’io della Vita.
Ritrivandomi solo in continue fatiche, non solo nella Terra ma anche nella
Campagna per non perdere le povere anime.
Devo per scarico della mia Coscienza avisar V.E., ma
prima col darli buona nuova che ho tanto esclamato a questo Popolo una
Mutazione della Vita, lasciar vizi, in particolare tanti latrocinij
et che sarebbe stato mai liberato da tal flagello di Dio perché li Peccati
nostri meritano di peggio.
E’ apparsa la Madre Sant.ma in una iconetta fuor delle Mura,
cominciando in ore stultorum, che si commosse tanto questo popolo che è cosa da
non credere et ivi con strilli et scalzi tutti, con gridi che arrivavano fino
in Cielo.
Unitamente con il Sig. Governatore trovammo alcuni segni et
con domandar Misericordia, le Donne si cavarno l’Anelli dalle dita, che mi
furono consegnati subito in numero trenta quattro, et Denari scuti trenta la
Biancaria non c’è numero ancora et di qualche considerazione.
E.mo Sig. Mio, il flagello è troppo grande, Meritiamo
peggio, si spera dalla misericordia di Dio qualche gratia; non mi dispiace di
Morire perché son certo ma vorrei rassegnarli tutti a Dio e non perderli.
Li mando la nota di tutti li morti, et quelli con il segno
della Croce non si sono confessati, con tutto che sia andato tre volte a far
l’istanza, non me ne meraviglio perché tale vita, finis vita del resto tutti
stati rassegnati a Dio come meglio ho potuto che non venuto laborem non mi
dispiace altro che quando vado alla Campagna non ci è aiuto ne da frati ne da
preti che tutti son serrati e stanno da lontano it nomen D.ni Benedictum et
quel che peggio mi trovo senza preservativi, et senza rimedio alcuno, altro la
mia fede nella speranza di Dio.
Intanto prego Dio della sua Santa Benedizione et prego
Dio per questo Popolo, et con le lagrime à gl’ochi lascio la penna, et
gli fo profonda riverenza.
Dal Piglio il p° di 9.bre 1656 D.V.E, Obb.mo Ser,re Vero
Dom.co Janardi Arcip.te del Piglio”.
“Em.mo et R.mo Ho ricevuto una di V.E. con molto mio gusto e son certo dell’Affetto che mi prova perché ho visto gli effetti. Mi dispiace rispondere che credo gli apporterà qualche disgusto et mandargli la nota che segue, il male ti credi, che non cessa, ma moltiplica assai.
Mi creda certo, che se domani lì 25 del Corrente non si
ottiene grazia al Beato Andrea che è festa sua; essendo disposto non il popolo
a digiunare, io andarci devotamente scalzi. Vedrà che pochissimi si salveranno.
Questo è quanto mi….. e ti fo pro.ma riverenza. Dal Piglio
lì 24 di 9bre 1656. D.V.E. Obblig.mo Sempre Dom.co Gianardi Arc.te del Piglio”.
In data 14 Dicembre 2010 sono stati rubati quattro statue lignee di angeli che la Confraternita aveva acquistato nel 1978 al costo di 4 milioni e settecento mila lire delle vecchie lire.
Giorgio Alessandro Pacetti
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