lunedì 10 novembre 2025

PIGLIO, L’artistica porta vetrata nella chiesa di san Lorenzo compie 13 anni

L’artistica “Porta Vetrata”, commissionata da P. Taddeo Mikoda, progettata da P. Paolo Bocci, frate Francescano Conventuale di Osimo e realizzata dalla Ditta Pinzauti di Firenze, benedetta il 10 novembre 2012 dal Vescovo diocesano, Mons. Lorenzo Loppa, e dal Ministro Provinciale dei Frati Minori Conventuali, Padre Vittorio Trani compie tredici anni.

La “Porta Vetrata”, opera di fede e d’amore, è stata donata dal popolo pigliese e dai devoti del Beato Andrea Conti.

Nella parte alta è raffigurato Gesù Glorioso con le braccia aperte, tese per abbracciare il mondo con tutta la sua umanità e con tutta la sua solenne divinità, contornato da due angeli in posizione orante e dal suo corpo, su cui sono visibili i segni della passione, scendono fasci luminosi ad irradiare le figure del beato Andrea Conti e di san Lorenzo martire (patrono di Piglio), poste sulle due parti basse, una a destra e una a sinistra della Vetrata centrale.

Dalla vetrata si accede nella chiesa: l’espressione ed il gesto del braccio delle due figure invitano ad andare verso Gesù, fonte della vita. La luminosità, le appropriate sfumature di colore e l’espressività di sguardi e di gesti rendono veramente bella quest’opera.

Nella parte alta dell’entrata, superiore all’organo, si trova una finestra, visibile solo dall’altare maggiore. 

Gli ideatori hanno fatto raffigurare, sempre con una vetrata policroma, l’immagine di una colomba in volo, simbolo dello Spirito Santo, dalle cui ali provengono fasci di luce diretti verso il basso. La particolarità è che questa immagine si rifrange splendente sulla foto di Gesù miracoloso posta sulla porta della sagrestia e visibile dal centro della chiesa di pianta ovale.

L’effetto, assolutamente suggestivo e pieno di significato, è visibile osservando il quadro di Gesù solo dal centro dell’edificio, sotto la cupola.

Chissà se il progettista ha immaginato questa coincidenza: il quadro del Gesù Misericordioso, in fin dei conti, è stato posto sulla porta della sagrestia subito dopo che papa San Giovanni Paolo II ha istituito la festa della Divina Misericordia e la posa è quindi anteriore alla realizzazione delle due vetrate in questione.

Eppure, entrando in chiesa e percorrendo pochi passi verso il centro, lo sguardo è attratto dalla zona presbiteriale, bianca e luminosa, mentre solo spostandolo verso sinistra si nota la splendida colomba quasi uscire dal quadro che la rifrange, in grande bellezza, direttamente dall’immagine di Gesù.

 Giorgio Alessandro Pacetti

giovedì 30 ottobre 2025

Vinicio Salvatore Di Crescenzo


 

La via alla foce


Se bruma dona stilla e irrora curve fronde

resta casta la sterrata via dal guazzare soffocata.

 

Di siffatto dolo si vanta la palude.

Vestita d’ombra manigolda

ruba luce a cupe cavità segrete.

 

E dove a raggio

s’apre il suono di tondi mulinelli,

canta lo stormire di fogliame nuovo.

Germoglia schietto il ghermire di radici

sulla pietra dal velluto vivo.

 

Se torna pioggia di stagione

la lunga scia di fango e fiume

è sentiero nuovo per la foce.


Gianpiero Addessi

 



Il fiore del tempo

Metro: settenari sciolti

 

Godi! or della giovine

sgambata all’età, giovane!

La gerbera arancione

per l’anni verdi move

dentro e fuori il terrore,

per l’anni verdi scambia

il vero con quel vagheggio.

 

Ma sorridi, bisbiglia,

avvampa d’altrui labbra,

e privato d’affanni,

vivi fanciullo mio,

godi! or de la rapida

fuga del nostro tempo

così fugace, meno

nostro di quanto tutti

noi pensiamo che sia.

 

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Sguardo cieco

Metro: settenari

Schema rime: aba, cdc, efe, ghg

 

La panchina d’ardore

vide prati di fiori

sbocciare in nuovo amore.

 

L’albero vide i corpi

cercarsi in un rifugio:

l’altro, su rovi storpi.

 

Gli occhi videro al suono

di campana, lanterne

tiepide sotto un tuono.

 

Cuore non vide nulla,

ma fu miglior vedetta

quale, i pensieri annulla.

 

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Storie dimenticate

Metro: endecasillabi sciolti

 

Le palpebre scricchiolano furiose,

gregge di rimbombanti mormorii

volto a seguir pallidissime labbra

ree d’aver sfrisato le parole

di ghiaccio, cenere assopita sotto

la brace defessa, gelida, rigida

fiaccola a perseverar vanamente.

 

Il nostro passero esanime, ormai,

è landa deserta, distesa dove

tutte quell’anime s’arrugginiscono,

e le maschere inciampano nel fondo

delle scorrevoli sabbie, in delirio.

Momenti un tempo nostri ora affossati,

ormai dal tempo, da tempo, nel tempo.

Non saremo più gli stessi di sempre.