Praticare il mondo dell’arte e della cultura oggi, è assai più impegnativo rispetto a qualche tempo fa, e lo dico paradossalmente con un pizzico di piacere sulla base di una semplice osservazione: maggiore è la difficoltà di emergere in virtù di una larga adesione di massa, più alta è la possibilità che ogni opera prodotta sia di livello superiore rispetto alle altre. Il numero di persone che fanno arte infatti (poeti, scrittori e soprattutto pittori), è di gran lunga cresciuto in questi ultimi anni e contestualmente, anche la quantità di prodotto creato.
Il fenomeno, oltre che frutto di una precisa tendenza che la società contemporanea ha assunto da qualche anno a questa parte e a cui va dato atto che rappresenta sicuramente un positivo trend, è da considerare mera espressione di un bisogno di comunicazione oltre che di condivisione in un'epoca - quella nostra - che vive di assoluta frenesia. Un concreto supporto a questo dato lo fornisce il web, social in primis, anche se vi sono tuttavia, diversi ulteriori punti di incontro tra artisti e fruitori: gallerie d’arte - cresciute non poco nel loro numero negli ultimi anni - e associazioni culturali, solo per citare le più in voga.
Esiste in buona sostanza, una discreta quantità di strumenti, utili a poter
ben diffondere le proprie passioni e questo, se da una parte rappresenta
un sostegno concreto a disposizione di ognuno, dall’altra ci fa interrogare sulla
qualità di quanto circola in rete e non solo. Ma questo è un discorso vecchio, su cui ho già espresso il mio pensiero in più di qualche circostanza.
Maria Teresa, sei membro titolare di varie accademie sparse per l’Europa, prima tra tutte l’Accademia delle Arti e delle Scienze Filosofiche di Bari di cui sei anche cofondatrice. Cosa significa istituire oggi, un organo di questo genere e in che misura potrebbe assumere una funzione spirituale, morale e anche didattica, soprattutto nei confronti dei più giovani?
L’istituzione
dell’Accademia delle Arti e delle Scienze filosofiche di Bari non è stata frutto
dell’improvvisazione ma di un percorso di crescita ad ampio spettro culturale,
infatti nasce come naturale evoluzione dell’Associazione “L’Oceano nell’Anima”,
fondata nel 2014 da Massimo Massa, – in seguito ideatore anche dell’Accademia –,
e di cui tutt’oggi sono vice presidente.
Grazie
ai progetti intrapresi con i vari Dipartimenti l’Accademia ci ha permesso di
valorizzare il nostro agito e ci sta offrendo la concreta possibilità di
collaborazioni non solo a livello nazionale ma internazionale, quindi di
comunicare e connetterci con altre realtà creando un dialogo interreligioso e
interculturale. La letteratura quindi come impegno civile per stimolare e
sensibilizzare le coscienze. Quando noi ci narriamo, ci offriamo attraverso la
scrittura – potente mezzo di comunicazione – e permettiamo all’altro di avvicinarsi,
creando un ponte non solo nozionistico ma un legame emotivo. Attraverso la
condivisione cadono le barriere fondate su preconcetti e pregiudizi: “si teme
ciò che non si conosce”, la conoscenza dimezza le distanze tra i popoli, è
integrazione, rispetto delle culture e della fede religiosa, è foriera di
pacifica convivenza.
È
tale modus operandi che speriamo venga preso a modello dai più giovani, spesso
si trasmette più con l’esempio che con i discorsi accademici, più con le azioni
che con i sermoni; le nuove generazioni hanno molte potenzialità ma poche guide
che li orientino per canalizzare le loro predisposizioni e le capacità.
All’interno
del Premio Seneca, che si svolge
annualmente, abbiamo istituito le sezioni di poesia e narrativa studenti, con
partecipazione gratuita, proprio al fine di avvicinare il maggior numero di
ragazzi a contesti formativi ed educativi stimolanti che siano spunto di
riflessioni e maturazione personale.
Hai istituito nel 2012 il movimento "Ciò che Caino non sa", da cui nel 2020 ha avuto origine il Premio letterario omonimo giunto oggi alla sua VI edizione e di cui, oltre che ideatrice, sei anche presidente. Un Premio, inserito nel Dipartimento "Solidarietà e Promozione Sociale dell'Accademia", i cui temi sono la piaga della violenza di genere, i crimini nei confronti dei minori e non meno importanti quelli legati ai soprusi e alle vessazioni nei confronti dei più deboli. Oltre a rappresentare l’immagine riflessa della tua spiccata sensibilità nei confronti di questo tema sociale assai sentito e purtroppo in continuo aumento, cosa ti proponi di raggiungere attraverso questo ciclico ritorno alla trattazione di un grosso male della nostra società? Credi che affrontare l’argomento anche e soprattutto con l’ausilio dell’arte, possa rappresentare un deterrente e/o costituire un elemento di maggior presa morale e psicologica all’interno della collettività?
Ciò che Caino non sa nasce nel 2013 con la consapevolezza che a poco serva la Giornata del 25 novembre indetta dall’UNESCO senza attuare un costante processo di educazione/rieducazione a livello sociale che conduca al rispetto tra i sessi, presupposto che non dovrebbe avere ragione a esistere in una società che ama definirsi evoluta ma purtroppo negli ultimi decenni qualcosa sembra esserci inceppato nel cammino paritario e la donna è tornata a essere considerata un’appendice del maschio, soggetta a una mentalità che la riconduce a mero oggetto di possesso, un qualcosa da usare e poi “disfarsi” a proprio piacimento.
Gli intenti di “Ciò che Caino non sa” sono sempre stati rivolti alla informazione per prevenire e alla denuncia per arginare; svariati sono stati i progetti attuati in questo percorso decennale, siamo stati un’apripista per quanto riguarda le antologie a tema, che hanno raccolto oltre duecento autori, presentate di volta in volta in vari convegni con il supporto di diverse figure professionali – psicologi, pediatri, criminologi, parlamentari, avvocati, giornalisti, rappresentanti delle Forze dell’Ordine, del clero… –
Il Premio di Poesia e Narrativa (a cui successivamente si sono aggiunte le Arti visive) nasce invece nel 2020 per continuare a stimolare e pungolare un maggior numero di autori ed evitare l’intorpidimento delle coscienze, dovute all’assuefazione alla notizia o meglio ai drammi quasi quotidiani, una sorta di alibi quindi per tenere sempre alta l’attenzione sulla difficile condizione femminile e sui crimini verso i minori. La stessa cerimonia conclusiva di ogni edizione non consiste solo in una mera consegna di riconoscimenti ma si avvale della presenza di relatori impegnati professionalmente nel campo della informazione e della prevenzione che generosamente ci supportano con la loro esperienza.
In questo 2024 in Italia, stiamo assistendo all'uccisione di una donna ogni due giorni, di recente anche due! Tra cui minorenni. Urge un cambiamento culturale e sappiamo bene che la violenza non si combatte con la violenza, ognuno deve contrastarla con le armi che ha a disposizione, la nostra arma è la Parola, noi possiamo essere i fucili, le pistole, i cannoni, i missili a lungo raggio per informare, prevenire, scardinare le coscienze e sensibilizzare.
“L’oceano nell’Anima”, è un’associazione culturale e artistica con sede a Bari e di cui sei cofondatrice. Nell’ambito delle attività che essa svolge a favore di arte e cultura esiste anche la possibilità di poter pubblicare con “Oceano Edizioni”, sezione dell’associazione di cui sei responsabile per le collane poesia, narrativa e saggistica. Sappiamo bene quanto ogni editore investa per portare un manoscritto a diventare un libro, e non solo attraverso un impegno di risorse umane ma anche mediante uno sforzo economico che non sempre ritorna. In una società dove scrittori e tirature, secondo l’ultima indagine Istat, sono in continuo aumento mentre cala il numero dei lettori, cosa prevedi nell’immediato futuro e qual è il tuo pensiero in merito nella duplice veste di autrice ed editore?
Esistono metodologie commerciali che non sempre corrispondono alla diffusione di un valido e sano sapere e lasciano a desiderare in quanto a qualità e a tale modus operandi non sono estranee le principali case editrici nazionali – asservite alle leggi del consumismo e del profitto – per cui se il numero dei lettori è in decrescita forse è dovuto anche alla perdita di fiducia verso un sistema propagandistico che delude le aspettative, puntando più sul “personaggio” o sullo scandalo/gossip del momento che sui contenuti. Quante volte in libreria abbiamo scelto il nome noto che non ha soddisfatto le nostre aspettative? Penso che non si riesca più ad essere stimolanti, che non si sappia offrire quel quid di originalità e novità che possa essere coinvolgente. Mangiare sempre la stessa minestra toglie l’appetito.
Di contro vista la proliferazione degli scrittori, con diverso livello qualitativo, è anche vero che tanti autori poco conosciuti al grande pubblico sono meritevoli di attenzioni ma nel marasma generale rischiano di restare anonimi, soprattutto se non sanno (o non vogliono) intraprendere campagne mediatiche personali attraverso i social che, di contro, rischiano di mettere in risalto chi sa farne buon uso a prescindere dai meriti.
Assodato che le principali case editrici nazionali, a differenza di qualche decennio fa, non vanno più alla ricerca e alla scoperta di nuovi talenti letterari, per azzerare i rischi, ben vengano le piccole e medie C. E. che, pur con i loro limiti, offrono la possibilità agli autori emergenti e non, di far conoscere e diffondere i propri scritti e certamente a costi più proponibili. D’altronde questo è stato anche il mio percorso personale e se qualcuno (in) illo tempore non mi avesse concesso fiducia oggi non sarei giunta alla mia 24esima pubblicazione con diverse case editrici ed è ciò che ci proponiamo con Oceano Edizioni – direttore Massimo Massa – di cui sono responsabile editoriale. In sette anni abbiamo dato voce sia ad autori emergenti, la cui maturazione letteraria ha avuto un seguito, che a nomi abbastanza affermati del panorama letterario, e nella Collana Atena, esclusiva per la saggistica, troviamo opere dai solidi e validi contenuti.
Certo che in tanti scrivano è un buon segnale, vuol dire che ci si ascolta e che si è sensibili a ciò che accade dentro e fuori da noi (ma non sempre scrivere equivale a essere scrittori/poeti), che in pochi leggano è dovuto sia ai motivi sopraelencati che all’abbassamento della soglia culturale dell’intero Paese, un fenomeno che meriterebbe ulteriori – troppi – approfondimenti.
Inoltre ho la “pruriginosa” impressione che i lettori peggiori siano proprio gli stessi scrittori (eccezioni a parte), ognuno pretende di essere letto piuttosto che leggere, credendo erroneamente di non avere necessità di confronto e crescita personale.
Il futuro? Dovrei dire “nero” se penso al self-publishing in cui non esiste filtro e ognuno pubblica sé stesso e la diffusione a macchia d’olio dell’AI che si sta sostituendo alla creatività dell’individuo. Andremo verso il suicidio letterario, i lettori si sentiranno traditi, truffati e scompariranno del tutto… cùi pròdest? ma non voglio arrendermi, spero vivamente in una inversione di rotta, anche se, dal punto di vista personale continuerò a scrivere fino al mio ultimo giorno, con o senza pubblicazioni, quando scrivo vivo.
Una volta scrissi “i poeti mentono a tutti tranne che a sé stessi”, inutile chiarire che, non mentendo a sé stessi risultano “onesti” ma preferiscono farsi considerare visionari, folli idealisti e sognatori. D’altronde per me la poesia è uno scudo alla mia vulnerabilità, una corazza grazie alla quale tiro fuori il coraggio che non sapevo di avere o almeno questo è ciò che ho compreso quando mi analizzo e divengo il mio indagatore più agguerrito. L’analisi è il momento della pausa o forse del nulla che tutto contiene in quanto ha una capienza illimitata, è il silenzio totale in cui la poesia svanisce, sembra avermi abbandonata e la solitudine si fa sentire; un’assenza dolorosa con cui ho imparato a convivere perché ho capito che quel vuoto è gestazionale, propedeutico alla nascita di un altro pezzo di me, sconosciuto fino ad allora. E quando giunge l’accettazione e abbatto le barriere del pudore, la poesia torna, simile a un rigurgito interiore irrefrenabile, e mi parla con suoni e voci che riconosco solo successivamente, quando tutto è già compiuto, è lei che decide come e quando, è despota e tiranna, io sono il suo servitore e la assecondo, mi fido di lei perché so che tutto ciò che dirà mi appartiene profondamente e senza il suo aiuto non sarei riuscita a parlar/mi. Ecco, la poesia è anche spazio infinito in cui i limiti non sono consentiti, è liberazione, mi ha concesso le chiavi per aprire le porte che temevo di oltrepassare.
Ne evince che sposo assolutamente la seconda linea di pensiero, non sono mai riuscita a guidare o pianificare il mio atto creativo, la mia scrittura è un atto completamente irrazionale e per questo lucido e vero.
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