Una corsa dentro la poesia del 900
Con la terza poesia di Cesare Pavese, si chiude il nostro ricco viaggio dentro la poesia del 900. Ho scelto per l'ccasione una poesia che Pavese scrisse nel marzo del 1950 e che dedicò, come molte altre sue composizioni a Constance Dowling, l’attrice americana della quale si era perdutamente innamorato e che tanto lo fece soffrire, tal com’era fortemente animato da una passione quasi incontrollabile.
Con “Passerò per Piazza di Spagna” - questo il titolo della sua poesia – egli collega con naturalezza immagini romane, in particolare quella di una delle piazze più belle della capitale, a sensazioni nate in quella circostanza e convergenti verso la speranza di riuscire a contenere la mancanza della sua amata, nell’illusione, di incontrarla magari lì, proprio in quella piazza di fiori e colori.
Ma leggiamo insieme questa splendida poesia:
Sarà un cielo chiaro.
S’apriranno le strade
sul colle di pini e di pietra.
Il tumulto delle strade
non muterà quell’aria ferma.
I fiori spruzzati
di colori alle fontane
occhieggeranno come donne
divertite. Le scale
le terrazze le rondini
canteranno nel sole.
S’aprirà quella strada,
le pietre canteranno,
il cuore batterà sussultando
come l’acqua nelle fontane –
sarà questa la voce
che salirà le tue scale.
Le finestre sapranno
l’odore della pietra e dell’aria
mattutina. S’aprirà una porta.
Il tumulto delle strade
sarà il tumulto del cuore
nella luce smarrita.
Sarai tu – ferma e chiara.
Cesare non nasconde certamente una volontà precisa: quella di poter intravedere tra le persone, la fontana e le scale di Trinità dei Monti, quel volto e quella donna che egli adora, e che gli sfugge di continuo.
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