domenica 20 giugno 2021

I Limoni di Eugenio Montale

 I Limoni



Se parliamo di Eugenio Montale, non possiamo esimerci dal riconoscere il valore di uno dei più importanti, anzi forse il più importante rappresentante della poesia italiana del 900.

Montale, la cui vena artistica dà inizio a una fitta produzione già dal 1922, e quindi all’età di 28 anni, è stato sicuramente il poeta della decadenza e del rigore; libero da qualsiasi astrazione ideologica e scettico nei confronti di un facile ottimismo. 

Vince il premio Nobel per la letteratura nel 1975, a coronamento di una proficua attività poetica con una motivazione che mi piace ricordare: "Per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”. 

In "Ossi di seppia", tra le prime opere a circolare, e di cui ho avuto modo di parlare in altre occasioni, le liriche sono fortemente influenzate dalla sua partecipazione attiva alla prima guerra mondiale ed è proprio in questa raccolta che Montale inserisce una delle poesie più belle e sentite: “I Limoni”, dove rappresenta e descrive il suo paesaggio ligure, la sua terra che chiama in causa il proprio credo esistenziale e forse anche filosofico. 

Montale ama la natura e i panorami semplici e rurali dove sono le pozzanghere, i giochi dei ragazzi e il profumo dei limoni a disegnare quello che è il quadro delle sue sensazioni di poeta semplice in cerca di felicità. Un’illusione, quella che lo coinvolge nella narrazione, che dura però assai poco, prima dell'arrivo della noia urbana e del grigiore dell’autunno. Nella città che egli trova rumorosa e con un cielo a sprazzi imprigionato dal cemento, la pioggia porta oscurità e le giornate enfatizzano la loro brevità di luce, ma basta incontrare il giallo dei limoni per riaprire il cuore al panorama che ritorna a regalare la gioia che mancava.


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