Una corsa dentro la poesia del novecento
"Il fuoco che scoppietta"
Leggere le poesie di Eugenio Montale non è mai un'operazione fine a se stessa che si espleta e si chiude con la sola lettura. La poesia di Montale, ha una forza interiore che assale e coinvolge ogni senso. I tratti che suole impiegare, a volte severi, a volte aggraziati e di cui egli ne mostra le forme in ogni poesia, sono maturi e pregni di quei sentimenti che la vita ha forgiato e nutrito col tempo.
Per questo, assunto il significato dei versi subentra una forte emozione che scuote e rumoreggia nella coscienza. Notevole il garbo col quale innesta figure e concetti in contesti di varia natura, conducendo il lettore verso l'assidua ricerca della sostanza del tema enunciato attraverso gentili espressioni appena accennate.
Mi colpisce molto questa poesia, non solo perché scritta con una certa adesione dell'anima al sacro, ma perché esprime un concetto di palese contrasto tra il sonno, quale immagine della morte ormai arrivata e la luce e il calore nella fiamma perenne che un passante alimenta deponendovi un ramo. Un contesto nel quale si delinea l'antitesi tra morte e calore, tra mera realtà ed effimera immaginazione.
Il fuoco che scoppietta
Il fuoco che scoppietta
nel caminetto verdeggia
e un’aria oscura grava
sopra un mondo indeciso. Un vecchio stanco
dorme accanto a un alare
il sonno dell’abbandonato.
In questa luce abissale
che finge il bronzo, non ti svegliare
addormentato! E tu camminante
procedi piano; ma prima
un ramo aggiungi alla fiamma
del focolare e una pigna
matura alla cesta gettata
nel canto: ne cadono a terra
le provvigioni serbate
pel viaggio finale.
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