Autunno
Quante volte abbiamo osservato quei movimenti garbati e gentili che solo un gatto può mettere in atto? E quante volte ci siamo chiesti perché il suo fare distinto non riesce a tradire le sue debolezze?
Svogliato, a volte seccato, non lesina confidenza al primo arrivato e anzi, con fare borioso ignora con innata maestria quel che non vuole vedere. I suoi sonni sono lunghi e assai silenziosi durante le ore in cui non deve cacciare e la notte, c’è solo la luna a guidarlo lungo i suoi vicoli stretti.
Ma quando arriva il momento, abbandona ogni espressione o condotta divenendo di nuovo gattino birbante. È un tenero illuso saltello che vuole agguantare la foglia danzante, quello che inventa sinché non arriva di nuovo il bisogno. E la sua sfida, è quella di sottrarla a chiunque per primo.
Da acuto osservatore qual era, Gianni Rodari, con il suo componimento dal titolo “Autunno” affianca senza alcun intralcio la tesi espressa pocanzi, narrando - a suo modo - quel gioco che segna la fine d’una stagione e l’inizio di quella che cerca il primo calore che inizia a mancare.
Autunno
Il gatto rincorre le foglie
secche sul marciapiede.
Le contende (vive le crede)
alla scopa che le raccoglie.
Quelle che da rami alti
scendono rosse e gialle
sono certo farfalle
che sfidano i suoi salti.
non è per lui che un bel gioco,
e per gli uomini, che ne fanno
al tramonto un lieto fuoco.
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