Si afferma spesso che le poesie più dense e struggenti sono state scritte nei momenti di grande intensità emotiva, quando cioè, colti dall’insicurezza del futuro, dal dolore e dalla malinconia più impetuosa, l’animo mostra la sua più cruda sofferenza affidandone l’espressione alle parole.
Ebbene, non v’è momento più tragico nella vita di ogni essere umano che combattere una guerra.
Distruzione, odio e una morte sempre pronta a impadronirsi della vita, mettono a dura prova ogni sensibilità umana sconvolgendone equilibrio, mente e corpo.
Giuseppe Ungaretti, che una guerra l’ha combattuta e respirata, ne descrive tutta la crudezza in una poesia, tra le sue più celebri, intitolata “San Martino del Carso”, frazione del comune friulano di Sagrado, scritta nell’agosto del 1916 allorquando proprio la frazione di San Martino, offriva generosa resistenza all’Impero Austro Ungarico, che tuttavia la rase al suolo. Una chiara parafrasi che mette a confronto un piccolo borgo ormai ridotto a un cumulo di macerie, e la morte di coloro che al suo fianco combattevano un conflitto sanguinario.
Nel dolore ritrova ogni croce nel suo cuore affranto che egli stesso eleva a nuova dimora, ancora più distrutta di quello che davanti agli occhi si presenta flagellata. A mio avviso la più pura e semplice espressione di quanto immediato e spontaneo sia ogni pensiero mesto quando è catturato da emozioni estreme.
San Martino del Carso
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
nessuna croce manca
È il mio cuore
il paese più straziato.
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