Durante il dibattito, Rutelli ha parlato di come vi sia bisogno, in particolare nel nostro paese, di strategie atte a ottimizzare la qualità della vita soprattutto nei grossi centri non trascurando l’importanza che l’ambiente, la sostenibilità e la cultura, rivestono in seno a ogni comunità di qualsiasi agglomerato urbano. Nella fattispecie, avere la giusta acutezza nell’osservare la vita delle città del mondo allo scopo di poter cogliere ciò che può essere ritenuto utile e produttivo, evitando nel contempo quanto dimostratosi invece un fallimento.
La libertà di raccontare sentimenti ed emozioni attraverso le parole
mercoledì 18 dicembre 2024
"CITTÀ VINCE CITTÀ PERDE", IL NUOVO LIBRO DI FRANCESCO RUTELLI
martedì 12 novembre 2024
Arte e cultura in primo piano. Maria Teresa Infante La Marca, un impegno sostenuto da passione
Praticare il mondo dell’arte e della cultura oggi, è assai più impegnativo rispetto a qualche tempo fa, e lo dico paradossalmente con un pizzico di piacere sulla base di una semplice osservazione: maggiore è la difficoltà di emergere in virtù di una larga adesione di massa, più alta è la possibilità che ogni opera prodotta sia di livello superiore rispetto alle altre. Il numero di persone che fanno arte infatti (poeti, scrittori e soprattutto pittori), è di gran lunga cresciuto in questi ultimi anni e contestualmente, anche la quantità di prodotto creato.
Il fenomeno, oltre che frutto di una precisa tendenza che la società contemporanea ha assunto da qualche anno a questa parte e a cui va dato atto che rappresenta sicuramente un positivo trend, è da considerare mera espressione di un bisogno di comunicazione oltre che di condivisione in un'epoca - quella nostra - che vive di assoluta frenesia. Un concreto supporto a questo dato lo fornisce il web, social in primis, anche se vi sono tuttavia, diversi ulteriori punti di incontro tra artisti e fruitori: gallerie d’arte - cresciute non poco nel loro numero negli ultimi anni - e associazioni culturali, solo per citare le più in voga.
Esiste in buona sostanza, una discreta quantità di strumenti, utili a poter
ben diffondere le proprie passioni e questo, se da una parte rappresenta
un sostegno concreto a disposizione di ognuno, dall’altra ci fa interrogare sulla
qualità di quanto circola in rete e non solo. Ma questo è un discorso vecchio, su cui ho già espresso il mio pensiero in più di qualche circostanza.
Maria Teresa, sei membro titolare di varie accademie sparse per l’Europa, prima tra tutte l’Accademia delle Arti e delle Scienze Filosofiche di Bari di cui sei anche cofondatrice. Cosa significa istituire oggi, un organo di questo genere e in che misura potrebbe assumere una funzione spirituale, morale e anche didattica, soprattutto nei confronti dei più giovani?
L’istituzione
dell’Accademia delle Arti e delle Scienze filosofiche di Bari non è stata frutto
dell’improvvisazione ma di un percorso di crescita ad ampio spettro culturale,
infatti nasce come naturale evoluzione dell’Associazione “L’Oceano nell’Anima”,
fondata nel 2014 da Massimo Massa, – in seguito ideatore anche dell’Accademia –,
e di cui tutt’oggi sono vice presidente.
Grazie
ai progetti intrapresi con i vari Dipartimenti l’Accademia ci ha permesso di
valorizzare il nostro agito e ci sta offrendo la concreta possibilità di
collaborazioni non solo a livello nazionale ma internazionale, quindi di
comunicare e connetterci con altre realtà creando un dialogo interreligioso e
interculturale. La letteratura quindi come impegno civile per stimolare e
sensibilizzare le coscienze. Quando noi ci narriamo, ci offriamo attraverso la
scrittura – potente mezzo di comunicazione – e permettiamo all’altro di avvicinarsi,
creando un ponte non solo nozionistico ma un legame emotivo. Attraverso la
condivisione cadono le barriere fondate su preconcetti e pregiudizi: “si teme
ciò che non si conosce”, la conoscenza dimezza le distanze tra i popoli, è
integrazione, rispetto delle culture e della fede religiosa, è foriera di
pacifica convivenza.
È
tale modus operandi che speriamo venga preso a modello dai più giovani, spesso
si trasmette più con l’esempio che con i discorsi accademici, più con le azioni
che con i sermoni; le nuove generazioni hanno molte potenzialità ma poche guide
che li orientino per canalizzare le loro predisposizioni e le capacità.
All’interno
del Premio Seneca, che si svolge
annualmente, abbiamo istituito le sezioni di poesia e narrativa studenti, con
partecipazione gratuita, proprio al fine di avvicinare il maggior numero di
ragazzi a contesti formativi ed educativi stimolanti che siano spunto di
riflessioni e maturazione personale.
Hai istituito nel 2012 il movimento "Ciò che Caino non sa", da cui nel 2020 ha avuto origine il Premio letterario omonimo giunto oggi alla sua VI edizione e di cui, oltre che ideatrice, sei anche presidente. Un Premio, inserito nel Dipartimento "Solidarietà e Promozione Sociale dell'Accademia", i cui temi sono la piaga della violenza di genere, i crimini nei confronti dei minori e non meno importanti quelli legati ai soprusi e alle vessazioni nei confronti dei più deboli. Oltre a rappresentare l’immagine riflessa della tua spiccata sensibilità nei confronti di questo tema sociale assai sentito e purtroppo in continuo aumento, cosa ti proponi di raggiungere attraverso questo ciclico ritorno alla trattazione di un grosso male della nostra società? Credi che affrontare l’argomento anche e soprattutto con l’ausilio dell’arte, possa rappresentare un deterrente e/o costituire un elemento di maggior presa morale e psicologica all’interno della collettività?
Ciò che Caino non sa nasce nel 2013 con la consapevolezza che a poco serva la Giornata del 25 novembre indetta dall’UNESCO senza attuare un costante processo di educazione/rieducazione a livello sociale che conduca al rispetto tra i sessi, presupposto che non dovrebbe avere ragione a esistere in una società che ama definirsi evoluta ma purtroppo negli ultimi decenni qualcosa sembra esserci inceppato nel cammino paritario e la donna è tornata a essere considerata un’appendice del maschio, soggetta a una mentalità che la riconduce a mero oggetto di possesso, un qualcosa da usare e poi “disfarsi” a proprio piacimento.
Gli intenti di “Ciò che Caino non sa” sono sempre stati rivolti alla informazione per prevenire e alla denuncia per arginare; svariati sono stati i progetti attuati in questo percorso decennale, siamo stati un’apripista per quanto riguarda le antologie a tema, che hanno raccolto oltre duecento autori, presentate di volta in volta in vari convegni con il supporto di diverse figure professionali – psicologi, pediatri, criminologi, parlamentari, avvocati, giornalisti, rappresentanti delle Forze dell’Ordine, del clero… –
Il Premio di Poesia e Narrativa (a cui successivamente si sono aggiunte le Arti visive) nasce invece nel 2020 per continuare a stimolare e pungolare un maggior numero di autori ed evitare l’intorpidimento delle coscienze, dovute all’assuefazione alla notizia o meglio ai drammi quasi quotidiani, una sorta di alibi quindi per tenere sempre alta l’attenzione sulla difficile condizione femminile e sui crimini verso i minori. La stessa cerimonia conclusiva di ogni edizione non consiste solo in una mera consegna di riconoscimenti ma si avvale della presenza di relatori impegnati professionalmente nel campo della informazione e della prevenzione che generosamente ci supportano con la loro esperienza.
In questo 2024 in Italia, stiamo assistendo all'uccisione di una donna ogni due giorni, di recente anche due! Tra cui minorenni. Urge un cambiamento culturale e sappiamo bene che la violenza non si combatte con la violenza, ognuno deve contrastarla con le armi che ha a disposizione, la nostra arma è la Parola, noi possiamo essere i fucili, le pistole, i cannoni, i missili a lungo raggio per informare, prevenire, scardinare le coscienze e sensibilizzare.
“L’oceano nell’Anima”, è un’associazione culturale e artistica con sede a Bari e di cui sei cofondatrice. Nell’ambito delle attività che essa svolge a favore di arte e cultura esiste anche la possibilità di poter pubblicare con “Oceano Edizioni”, sezione dell’associazione di cui sei responsabile per le collane poesia, narrativa e saggistica. Sappiamo bene quanto ogni editore investa per portare un manoscritto a diventare un libro, e non solo attraverso un impegno di risorse umane ma anche mediante uno sforzo economico che non sempre ritorna. In una società dove scrittori e tirature, secondo l’ultima indagine Istat, sono in continuo aumento mentre cala il numero dei lettori, cosa prevedi nell’immediato futuro e qual è il tuo pensiero in merito nella duplice veste di autrice ed editore?
Esistono metodologie commerciali che non sempre corrispondono alla diffusione di un valido e sano sapere e lasciano a desiderare in quanto a qualità e a tale modus operandi non sono estranee le principali case editrici nazionali – asservite alle leggi del consumismo e del profitto – per cui se il numero dei lettori è in decrescita forse è dovuto anche alla perdita di fiducia verso un sistema propagandistico che delude le aspettative, puntando più sul “personaggio” o sullo scandalo/gossip del momento che sui contenuti. Quante volte in libreria abbiamo scelto il nome noto che non ha soddisfatto le nostre aspettative? Penso che non si riesca più ad essere stimolanti, che non si sappia offrire quel quid di originalità e novità che possa essere coinvolgente. Mangiare sempre la stessa minestra toglie l’appetito.
Di contro vista la proliferazione degli scrittori, con diverso livello qualitativo, è anche vero che tanti autori poco conosciuti al grande pubblico sono meritevoli di attenzioni ma nel marasma generale rischiano di restare anonimi, soprattutto se non sanno (o non vogliono) intraprendere campagne mediatiche personali attraverso i social che, di contro, rischiano di mettere in risalto chi sa farne buon uso a prescindere dai meriti.
Assodato che le principali case editrici nazionali, a differenza di qualche decennio fa, non vanno più alla ricerca e alla scoperta di nuovi talenti letterari, per azzerare i rischi, ben vengano le piccole e medie C. E. che, pur con i loro limiti, offrono la possibilità agli autori emergenti e non, di far conoscere e diffondere i propri scritti e certamente a costi più proponibili. D’altronde questo è stato anche il mio percorso personale e se qualcuno (in) illo tempore non mi avesse concesso fiducia oggi non sarei giunta alla mia 24esima pubblicazione con diverse case editrici ed è ciò che ci proponiamo con Oceano Edizioni – direttore Massimo Massa – di cui sono responsabile editoriale. In sette anni abbiamo dato voce sia ad autori emergenti, la cui maturazione letteraria ha avuto un seguito, che a nomi abbastanza affermati del panorama letterario, e nella Collana Atena, esclusiva per la saggistica, troviamo opere dai solidi e validi contenuti.
Certo che in tanti scrivano è un buon segnale, vuol dire che ci si ascolta e che si è sensibili a ciò che accade dentro e fuori da noi (ma non sempre scrivere equivale a essere scrittori/poeti), che in pochi leggano è dovuto sia ai motivi sopraelencati che all’abbassamento della soglia culturale dell’intero Paese, un fenomeno che meriterebbe ulteriori – troppi – approfondimenti.
Inoltre ho la “pruriginosa” impressione che i lettori peggiori siano proprio gli stessi scrittori (eccezioni a parte), ognuno pretende di essere letto piuttosto che leggere, credendo erroneamente di non avere necessità di confronto e crescita personale.
Il futuro? Dovrei dire “nero” se penso al self-publishing in cui non esiste filtro e ognuno pubblica sé stesso e la diffusione a macchia d’olio dell’AI che si sta sostituendo alla creatività dell’individuo. Andremo verso il suicidio letterario, i lettori si sentiranno traditi, truffati e scompariranno del tutto… cùi pròdest? ma non voglio arrendermi, spero vivamente in una inversione di rotta, anche se, dal punto di vista personale continuerò a scrivere fino al mio ultimo giorno, con o senza pubblicazioni, quando scrivo vivo.
Una volta scrissi “i poeti mentono a tutti tranne che a sé stessi”, inutile chiarire che, non mentendo a sé stessi risultano “onesti” ma preferiscono farsi considerare visionari, folli idealisti e sognatori. D’altronde per me la poesia è uno scudo alla mia vulnerabilità, una corazza grazie alla quale tiro fuori il coraggio che non sapevo di avere o almeno questo è ciò che ho compreso quando mi analizzo e divengo il mio indagatore più agguerrito. L’analisi è il momento della pausa o forse del nulla che tutto contiene in quanto ha una capienza illimitata, è il silenzio totale in cui la poesia svanisce, sembra avermi abbandonata e la solitudine si fa sentire; un’assenza dolorosa con cui ho imparato a convivere perché ho capito che quel vuoto è gestazionale, propedeutico alla nascita di un altro pezzo di me, sconosciuto fino ad allora. E quando giunge l’accettazione e abbatto le barriere del pudore, la poesia torna, simile a un rigurgito interiore irrefrenabile, e mi parla con suoni e voci che riconosco solo successivamente, quando tutto è già compiuto, è lei che decide come e quando, è despota e tiranna, io sono il suo servitore e la assecondo, mi fido di lei perché so che tutto ciò che dirà mi appartiene profondamente e senza il suo aiuto non sarei riuscita a parlar/mi. Ecco, la poesia è anche spazio infinito in cui i limiti non sono consentiti, è liberazione, mi ha concesso le chiavi per aprire le porte che temevo di oltrepassare.
Ne evince che sposo assolutamente la seconda linea di pensiero, non sono mai riuscita a guidare o pianificare il mio atto creativo, la mia scrittura è un atto completamente irrazionale e per questo lucido e vero.
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mercoledì 23 ottobre 2024
Premio "Seneca 2024", un forte contributo alle arti e non solo
Dio solo sa che sforzo hanno fatto i miei amici per convincermi ad inviare alcune mie poesie a un paio di concorsi letterari diramati in questo 2024. Sì, lo so, vanno molto di moda in questo periodo e danno anche lustro a chi da queste “prove” riesce a ottenere dei riconoscimenti ma si sa, a me non piace molto la competizione in arte, e nemmeno amo fare sfoggio di posizioni in classifica raggiunti o podi conquistati (vedasi mio precedente post “Poeta è una parola grossa” su questo blog). Tuttavia un giorno mi capita davanti e non ricordo neanche come, il bando di partecipazione a un concorso indetto dall’Accademia delle Arti e delle Scienze Filosofiche e denominato "Lucius Annaeus Seneca" aperto, tra le altre cose, anche ad autori di altre nazioni.
Già l’intitolazione, dedicata a uno dei personaggi che hanno fornito un contributo importante alla storia della Roma antica (fu, tra le altre cose, tutore e precettore del giovane Nerone) mi cattura: conosciuto semplicemente come “Seneca” fu filosofo, drammaturgo e politico Romano, nonché uno dei maggiori esponenti della prosa romana che visse tra il 4 a.C e il 65 d.C. La sua opera riformatrice ebbe grande positivo impatto sulla qualità della vita dei romani di allora.
Partecipo con piacere, e non solo al concorso ma anche, a
distanza di qualche settimana, alla cerimonia di premiazione dacché una delle
poesie da me scritte e inviate ottiene il premio speciale “Domus”.
La consegna dei premi, trascorsa tra poesie, racconti, storie, premiazioni alla carriera e tanto altro si è svolta sabato 19 ottobre 2024, in Sannicandro di Bari (BA), con orario di inizio dalle ore 16,00 e l’intera cerimonia è stata magistralmente condotta da Maria Teresa Infante La Marca, responsabile della direzione artistica del premio giunto in questo 2024 all’ottava edizione.
Oggi, come detto, di concorsi solo in Italia se ne contano alcune
centinaia l’anno, ma quanti di questi sono in grado di attribuire alle opere in concorso un giudizio
squisitamente aderente ai canoni standard e di riferimento nella valutazione della poesia, della
prosa e altro? Quanti di questi vantano al loro interno la presenza di commissioni competenti e
in grado di erogare una valutazione oggettivamente qualificata?
Doveroso da parte mia, e senza voler a tutti i costi esprimere un
giudizio di parte su un terreno che giudico spesso arido nella ricerca e nell'approfondimento dei valori della letteratura, esprimere la mia gratitudine all’Accademia
delle Arti e delle Scienze Filosofiche per aver realizzato, in un quadro
complesso come quello inerente ai valori sociali e culturali delle arti nel nostro tempo, un efficace disegno dove elementi di diversa natura convergono spontaneamente verso un unico
punto di fuga: l’aggregazione spontanea, sana e libera nel mondo delle arti.
venerdì 11 ottobre 2024
Quel fiume che vuole dialogare con la natura umana
"La via alla foce"
(PAV Edizioni 2024)
«Gli uomini sono come i fiumi: l’acqua è in tutti uguale e
ovunque la stessa, ma ogni fiume è ora stretto, ora rapido, ora ampio, ora
tranquillo, ora limpido, ora freddo, ora torbido, ora tiepido».
sabato 24 agosto 2024
L'opera e la poesia di Arturo Onofri
Precoce come pochi, iniziò a scrivere poesie all’età di 18 anni e pubblicò la sua prima raccolta poetica nel 1907. Soltanto qualche anno più tardi, nel 1912, fonderà la rivista “Lirica” collaborando, nel contempo, con varie riviste italiane tra le quali “La voce”, di Giuseppe Prezzolini, che tanto successo ebbe nonostante avesse smesso le pubblicazioni solamente nel 1916.
Fu non solo poeta ma anche acuto critico d’arte. I suoi primi approcci alla poesia possono essere accostati per stile e temi a quella di Pascoli e D’Annunzio sebbene, col tempo, dirigerà le sue attenzioni verso il Crepuscolarismo e il Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti in piena esplosione in quel periodo.
L’elemento spirituale e lo studio della coscienza, saranno gli elementi che sosterranno lo sviluppo e la creazione della sua opera poetica ma anche saggistica, come in “Nuovo Rinascimento come arte dell’io”, pregno di elementi metafisici riferibili alla scienza dello spirito, tanto cara ad Onofri.
Poco considerato nel suo tempo, fu convinto sostenitore che la parola fosse uno strumento assai potente a disposizione del poeta, attraverso la quale, stabilire connessioni spirituali con l’intero universo.
Un suo toccante componimento, elaborato in video e inserito nel mio canale YouTube è fruibile qui.
giovedì 22 agosto 2024
Quei valori finiti nella spazzatura
Tuttavia non solo la musica (rimasta viva solo fino alla fine del secolo scorso), impietosamente dimenticata quale espressione di creatività, di fantasia, di sperimentazione e di ricerca è andata via via scemando fino a lasciare oggi solo deboli tracce, ma le arti in generale ahimè, hanno subìto un lento e inesorabile tracollo, svuotandosi del proprio valore artistico collegato al genio umano e al supremo spirituale "io" interiore, fonte inesauribile di energie creative.
Un chiaro esempio arriva dagli eventi dove la musica dovrebbe essere l'ingrediente fondamentale; essere regina della serata: i concerti. Gli stadi sono pieni quando questi sono tenuti da protagonisti di un certo genere sonoro che offrono un insieme di "rumori" non sempre collegabili alla stessa arte musicale (ma
sicuramente richiesti dal mercato dell’orrore) aggregati tra loro a formare una monotona e arzigogolante nenia. Viceversa, musicisti professionisti e titolati, con alle
spalle anni di studio accademico e con esperienza pluridecennale nel
campo delle sette note, sono costretti a suonare in scialbi pub davanti a
pochi intenditori - una rarità ormai - o addirittura, per poter sbarcare il
lunario, in eventi quali matrimoni e feste di compleanno sconvolgendo - non senza dolore - il proprio repertorio.
Si assiste purtroppo, allargando raggio d'azione verso più ampi orizzonti, a un costante e inesorabile crollo generale dei valori e a un continuo ridicolizzare le istituzioni, le religioni e i popoli, attraverso aggressioni verbali, soprusi e atti di bullismo intellettuale.
Il mancato rispetto e la scarsa osservanza dei valori della vita, il deciso calo di qualità delle arti in primis, a mio parere non sono casi legati solo a una tendenza momentanea in virtù di una sensibile inversione di tendenza da parte della società contemporanea, ma un fenomeno destinato a mutare definitivamente il modo di intendere tali elementi.
Siamo quindi noi che essendo sempre meno disposti a cercare emozioni spontanee, libere da pregiudizio e conformismo, tendiamo a distruggere e/o a estremizzare ogni evento sino a snaturarlo. Abbiamo perso di vista la bellezza, il piacere dell’unicità e la voglia di stupirci, favorendo così un'implosione emotiva, spesso soppressa nel nostro inconscio adeguamento al mondo di massa e alle sue mode. Evitiamo di arrivare a percepire ciò che riesca a “umiliare” la nostra "moderna" arroganza, accettando una costante e inesorabile evoluzione verso il peggio.
Fonte immagini: Pexels.com
domenica 14 luglio 2024
Colore e cuore, il connubio vincente nella pittura di Giuseppina Marrocchino
Tuttavia, non manca di certo nel suo repertorio un latente e inconsapevole riferimento all'antico: antiquitatis imago, si direbbe, laddove ogni traccia d'antico è però proposta e riprodotta sotto una moderna dimensione, attenta e incentrata al nostro tempo. Vi sono anche riproduzioni assai fedeli a stati d'animo, riferiti a fatti ed eventi della vita e del nostro mondo. Dolorosi spesso, ma anche privi di sconforto in altri, laddove un'aura di piacere fiorisce spontanea e desta pace e distensione allo stesso tempo.
Margy, la chiameremo giustamente così, inizia a dipingere poiché attratta dall’arte in generale e per una dote innata. La sua è una continua ricerca della perfezione e la tecnica preferita è l'olio su tela, non disdegnando tuttavia, di usare tecniche diverse tra le quali anche l'acquerello. Il tutto finalizzato a meglio illustrare il suo pensiero, quella figura che la sua mente progetta e che vede già abbozzata nei tratti essenziali. La sua è una pittura che parla e la sua voce, un lungo racconto che si snoda lungo colori, tonalità, forme e giochi di luce.
La pittura di Margy è la sua essenza, il suo fluire delicato
e sincero lungo natura e sentimento conditi di storie, illusioni, verità e
speranza. Una pittura che scandisce il suo tempo attraverso la semplice vita di
tutti i giorni; una pittura che occupa un posto importante nella sua vita,
tanto, che anche durante le attività quotidiane resta in costante lavorazione.
Moltissime sono le partecipazioni a mostre collettive e personali, a testimonianza di una volontà forte di condivisione del proprio pensiero, perché come essa stessa afferma: «Ogni volta è un'occasione unica per condividere una parte di me; per lasciare che le mie emozioni fluiscano liberamente attraverso i miei quadri, raggiungendo e toccando il cuore di ogni osservatore». Una condivisione che la rende felice nel momento in cui chi volge lo sguardo alle sue opere ne rimane colpito e ne percepisce frammenti della sua anima pura e sincera che si esprime coi colori del mondo.
Come da sua stessa ammissione, lo scorso 2023 è stato l'anno della consacrazione, della maturazione piena ed effettiva, e partendo da questa solida base ormai costruita, Margy potrà soltanto continuare a dipingere opere che sapranno meravigliare e stupire.
venerdì 12 luglio 2024
"Poeta" è una parola grossa!
In quest’epoca non esisteva ancora un Internet da interrogare ogni qualvolta nascesse in chiunque una curiosità da soddisfare, e per trovare risposte a ogni quesito, non rimaneva altro che ricorrere ai mezzi, allora e da sempre in uso quali libri, enciclopedie e quant’altro rigorosamente stampato. Non esistevano neppure gli smartphone inventati solo qualche decennio più tardi che, oltre a garantire la comunicazione sono oggi usati in massicce dosi per immortalare quanto capita davanti ai nostri occhi.
Vero è, che queste conquiste tecnologiche frutto di uno sfrenato progresso, hanno sicuramente innalzato il grado di
benessere sociale a tutti i livelli. Svago, studio e perché no, un concreto aiuto
alle nostre attività quotidiane ce le fornisce anche l’intelligenza artificiale, utilizzata con sensibile efficacia sotto varie forme ma attraverso cui qualcuno, e mi viene l’orticaria solo a pensarci, sviluppa anche trame per romanzi da proporre a lettori sprovveduti.
Ma ciò che oggi mi chiedo e spero vi chiediate anche voi, si
lega a una riflessione tanto semplice quanto necessaria in questo contesto di
crescita globale: di tutta questa tecnologia, di questo eccessivo impiego di elettronica ovunque e dell’intelligenza artificiale, ne facciamo un uso ponderato oppure esagerato?
Sono davvero mezzi dei quali ci si può fidare senza limiti, o meglio dosarne l’uso e sfruttarli nei confronti di quei casi ritenuti strettamente utili e/o per cause più o meno indispensabili al fine di
scongiurare disastri a danno della collettività?
Di sicuro, a parte tutto, hanno causato un impigrire
progressivo nelle azioni di tutti i giorni. Da tale repentino aumento nel loro
impiego è andata via via scemando la manualità, il piacere d'una ricerca analizzante stimolata dalla nostra mente fortificando, per contro, una passiva rinuncia - quasi rassegnata - all’approfondimento, all’analisi e alla sana valutazione
supportata dal ragionamento. Ha istituito senza possibilità di fraintendimenti, una rassegnata accettazione
di quanto il web ci fa passare sotto il naso in un contesto ricco di fake news,
di martellanti pubblicità e non di meno, di una serie di informazioni
contrastanti tra di loro, laddove chi la spara più grossa cattura più letture, e
con esse, una serie di benefici legati al numero delle visualizzazioni.
Cosa voglio dire e dove voglio arrivare con questo lungo preambolo? Semplicemente far notare che più strumenti si hanno a disposizione per documentare e diffondere materiale multimediale inerente al proprio essere e alle proprie attività, maggiore è il rischio che possa circolare un'infinità di cose non sempre valide dal punto di vista dei contenuti, se non addirittura vera e propria spazzatura. Facile filmare ogni frammento di vita; facile riprendere fatti ed eventi più o meno di nessuna importanza generale facendoli passare per preziosi momenti di cultura; facile scattare una quantità infinita di foto e documentare in video reading cosiddetti poetici, e questo è un dato di fatto. Per questo e per tanto altro appare evidente che il rischio concreto è quello di cadere nella banalità, e grazie ai social, questa grande quantità di materiale trova dimora più o meno abbastanza lunga in rete, sovrastando spesso quel poco di buono che invece dovrebbe maggiormente circolare.
Tuttavia è e rimane una minoranza rispetto al popolo degli scrittori, sempre più agguerrito, sempre più sostanzioso e sempre meno qualificato e allora, torna alla mente ciò che eravamo e a quanto dai nostri libri abbiamo appreso, imparato ed estratto allo scopo di arricchire spirito e cultura personali. Era bello sapere che ogni buona lettura ci regalava proprio ciò che cercavamo in un unico messaggio. Il nostro libro era un sacro oggetto cui riporre fede e da cui assorbire potenziali risorse di crescita e arricchimento personali. Che si trattasse di un romanzo, di un racconto o di una semplice poesia, tutto aveva il giusto valore poiché si scriveva solo quando si aveva qualcosa da dire e si pubblicava solo quando ciò che andava in stampa recava in sé un valore letterario, un contenuto che si era guadagnato un posto nel panorama editoriale, grazie anche a un'accurata selezione (che oggi abbiamo perso quasi totalmente) da parte delle poche ma valide case editrici.
Oggi, a distanza di circa cinquant'anni, il mondo dei libri è diventato una sorta di giungla dove il sublime si confonde con la mediocrità, dove il colto autore deve fare i conti con l'esordiente che scalpita arrogante dietro il suo primo libro pubblicato dietro proposta di acquisto o peggio ancora a pagamento. Se ciò da una parte può fare piacere poiché offre maggiore scelta nei confronti dell'utenza, dall'altra fa emergere un interrogativo: è tutto buono ciò che viene stampato e pubblicato?
Cresce l’offerta dei libri mentre sono in calo i lettori. Nel 2022 infatti, sono aumentati dell’1,3% i titoli pubblicati rispetto all’anno precedente così come le tirature (+1,7%) mentre per quanto riguarda i lettori, il 39,3% della popolazione di 6 anni e più ha letto almeno un libro nell’ultimo anno per motivi non strettamente scolastici o professionali abbassando la quota rispetto al 40,8% del 2021 (Ultimi dati pubblicati da Istat). Chiaro che proseguendo questo trend, vi sarà un numero spropositato di scrittori a fronte di un numero sempre minore di lettori.
Già, scrittori. Basta affidarsi a uno degli
oltre 5000 editori in Italia e detto fatto, si diventa scrittori, così come si
diventa poeti solo pubblicando qualche verso. Al di là della narrativa dove
l’assistenza all’autore è quasi totale attraverso figure come il correttore
di bozze e l’editor, per mezzo dei quali il prodotto finale nella sua forma può
essere giudicato accettabile, la poesia, per esempio, deve partire già con una solida base strutturale: di concetto e di contenuto. Insomma, scrittori di racconti e romanzi si può diventare se le storie narrate
hanno un contenuto accattivante e una narrazione che cattura. Poeti no, poiché
nessuno può manipolare il cesellamento di parole e di contenuti eseguito dal poeta, e se non si parte già con un valore intrinseco globale, difficile sarà reputarle poesie!
Per questo affermo, e non improvvisando, che la poesia è una cosa seria, molto seria! E deve essere fruita in contesti ove esista una competenza dedicata, dove vi sia la presenza di fruitori che abbiamo una sensibilità colta e una capacità percettiva superiore, adatte ad analizzare gli scritti in maniera appropriata e competente e dove, soprattutto, vi sia equilibrio e coerenza nel riconoscere meriti e valori al di là della richiesta el mercato, al di là del personaggio, al di là del nome e/o dell'amico e oggi, ahimè, e assai difficile ottenere tali oggettivi giudizi.
Si può nascere grandi poeti, ma se questo accade in un’epoca sbagliata, in pochi saranno in grado di riconoscerne i valori e di proporre una capacità d’analisi adeguata e soprattutto competente.
martedì 9 luglio 2024
Pamela Caddeo, forme e colori di un mondo interiore
Come noto l’impressionismo si esprimeva attraverso la
sensibilità del pittore in relazione al mondo esterno, o meglio, attraverso la realtà che
lo circondava imitandonde i tratti salienti e di conseguenza, la natura e il mondo
circostante. Nel momento in cui tale esigenza, attraverso idee avanguardistiche
furono messe in discussione spostando l’attenzione verso una dimensione più intimista, nacque l’astrattismo, vera e propria rappresentazione interiore
dell’artista attraverso linee, forme e colori. Ciò, irrimediabilmente, si contrappose così alla millenaria
concezione della pittura quale vera e propria imitazione della realtà.
Pamela Caddeo come detto è ligure, terra prolifica che ha dato i natali a molti personaggi del mondo dell’arte e non solo, e che hanno in qualche modo fatto la storia. Lei, in silenzio e senza far rumore, inconsapevolmente forse, prosegue questo trend, dando lustro alla sua terra attraverso una pittura originale, di ampio respiro e soprattutto assai comunicativa. Divisa tra la sua Liguria e la Sardegna dove per almeno tre mesi l’anno trova rifugio, vive il mare in tutte le sue forme, mare che imprime in lei l’immagine dell’infinito, un infinito che ritroviamo nella sua pittura senza limiti e confini, una pittura originale e contraddistinta dall’unicità.
A volte lo fa anche dipingendo con le dita, come se volesse un contatto vero con la sua materia e con i suoi colori, riuscendo in questo modo a far dialogare tatto e colore, mentre ogni sua emozione, è un susseguirsi di idee e di immagini che nascono e prendono forma a mano a mano che la mente crea e detta.
Come ogni artista che ama sperimentare, anche Pamela si
affida a nuove tecniche e nuovi materiali. Essa infatti, non conosce solo determinati
strumenti per esprimersi. Dopo l’acrilico, principale elemento utilizzato, si
interessa al gesso, agli smalti e al pastello ad olio che, con intuito
creativo, scioglie in parte sulla fiamma, e steso poi sul supporto, conferisce
all’opera una corposa traccia innestando in questo modo la nascita di una piacevole sensazione
di rilievo e di un conseguente addolcimento nell’interpretazione visiva.
domenica 26 maggio 2024
Lo straordinario potere della scrittura. Paola Mattioli a "Open Book - Storie di libri"
Tra le varie iniziative volte a valorizzare le diverse discipline e soprattutto gli artisti che ne sono coinvolti ben tre format televisivi da me ideati e realizzati, avvalendomi del loro professionale e indispensabile ausilio, uno dei quali, dedicato esclusivamente al mondo dei libri e agli scrittori dal titolo “Open Book – Storie di libri”.
Molto di recente, abbiamo provveduto a registrare la puntata
che a breve sarà messa a disposizione per la visione sui nostri canali social e
sul sito ufficiale dell’associazione nella quale Paola Mattioli, questo il nome
dell’artista partecipante, non solo ha parlato della sua ultima raccolta poetica dal titolo "Paola, io", ma soprattutto, ha lasciato una traccia profonda con i suoi racconti
di vita e di sentimento collegati alle sue arti in generale.
Ma non finisce qui. Paola, ha pubblicato un’ulteriore opera dal titolo "Viera, Ricette e proverbi romagnoli", divisa in tre distinti libri sulla storia contadina romagnola, con le sue ricette tipiche, frutto di una tradizione consolidata. Tre libri corredati da proverbi, detti popolari, immagini e curiosità relativi ad “Antipasti e primi”; “Secondi piatti, formaggi e contorni” e infine “Dolci”. Parliamo quindi di una scrittura che abbraccia agevolmente generi davvero diversi.
Paola Mattioli è partita da Bologna per poter partecipare
al nostro programma e lo ha fatto animata da grande entusiasmo, grande
disponibilità e con una passione fuori dal comune. Ha sciorinato davanti alle
nostre camere aneddoti, curiosità, storie legate ai suoi genitori, dalle quali
anche il suo personale approccio all'arte ne ha subìto influenza. Ha parlato senza
alcun timore - emozionandosi più volte in virtù di una sensibilità estrema e fuori dal comune - del suo modo di donarsi alla scrittura e soprattutto, ci ha svelato che nel farlo vive un'inspiegabile fase attraverso cui entra in uno stato di pura estraneazione dalla realtà e nella quale, in un vortice di abbandono psicofisico, crea.
La Mattioli, per quello che ci ha raccontato nel corso
della registrazione della puntata di “Open Book – Storie di libri”, e che invito caldamente a seguire sui canali di pertinenza di Canale Cultura Multimedia Art Projects a brevissimo, rappresenta il
modello di artista che dedica ogni propria risorsa, ogni propria energia al
recupero di ciò che è solo immaginabile, ma che mediante una forza creativa straordinaria rende materiale e visibile.
venerdì 17 maggio 2024
Arte a tutto campo con Marina Mangiapelo
In particolare, mi soffermai, tra le altre cose rimanendone
ammaliato, su una serie di volti femminili inseriti in un contesto pittorico più ampio e all’interno del quale spiccavano ulteriori opere, frutto della sua geniale capacità creativa e del suo estro
innato.
Piacevolmente colpito da tale bellezza,
non ho potuto fare a meno di approfondire, con l'ausilio dell'autrice, il tema proposto da quei volti, ognuno dei quali, non solo portatore in dote di un effetto cromatico avvolgente
e ben equilibrato, ma intriso - nell’espressione e nello sguardo - di un senso
di mistero implicito, livellabile attraverso una soggettiva
interpretazione nell’attenta osservazione.
Ma Marina Mangiapelo non è solo
una saggista e una pittrice di talento. Il suo mondo artistico contempla la creazione
di forme d’arte assai diversificate quali ad esempio la
progettazione, il disegno e la creazione di costumi per il successivo
impiego nel cinema, nella danza e nel teatro. Una competenza acquisita durante gli studi giovanili e arricchita ulteriormente in Atelier
attraverso la frequentazione di laboratori di rilievo quali quello di Gianni
Versace, oppure, affinata attraverso contatti con maestri d’arte e dai quali ha
tratto ispirazione e stimolo per la ricerca e lo studio di sempre nuove tecniche
applicative nel campo della moda.
Un impegno costante il suo, pregno d’arte, di storia, di colore e soprattutto frutto di una ricerca costante e sempre aggiornata nell’individuazione di soluzioni innovative e originali.