martedì 30 settembre 2025

PIGLIO: La Collana Pilensis illumina il futuro

Nei giorni scorsi, presso la sala Consiliare del Comune di Piglio è stata proiettata in anteprima la “Collana Pilensis” del giornalista pubblicista e cultore di storia locale Giorgio Alessandro Pacetti alla presenza del sindaco avv. Mario Felli, dell’assessore alla cultura e alla pubblica Istruzione Lucia Ceccaroni, del presidente della Proloco Maurizio Ceccaroni e del consigliere comunale con delega agli eventi Marco Mapponi.

La “Collana Pilensis”, composta da 10 fascicoli, con la prefazione di Vinicio Salvatore Di Crescenzo e di don Marcello Coretti ex parroco di Piglio (2000-2009) e con la presentazione del sindaco Mario Felli e dell’assessore Lucia Ceccaroni. è una guida turistica alla visita del Borgo di Piglio per fare conoscere:

- il castello in cima alla collina, le chiese, i conventi, i santi, beati e venerabili, i gemellaggi, i personaggi storici, le pestilenze, i bombardamenti e le alluvioni;
- una Collana di ambientazione e ricostruzione con scopi didattici, di tutela, di conoscenza del Borgo e, perché no, di tempo libero.

L’iniziativa, altamente culturale, rientra nelle manifestazioni che la civica Amministrazione ha messo in programma per la Sagra dell’uva 2025.

La Collana Pilensis verrà proiettata successivamente nella sala Catering dell’Istituto comprensivo Ottaviano Bottini di Piglio e nella sala Polivalente - Centro Sociale Anziani. Due appuntamenti di alto spessore culturale e scientifico, assolutamente da non perdere.

Qui, è possibile fruire del documentario dedicato a Piglio e alle sue bellezze, realizzato da Multimedia Art Projects - ArtHeraTV. 

Giorgio Alessandro Pacetti

sabato 27 settembre 2025

Piglio, 51esima edizione della Sagra dell’Uva

Piglio si prepara ad ospitare la 51esima edizione della sagra dell’Uva che si terrà a partire dal 3 al  5 ottobre  2025, come da locandina allegata.

Una edizione – come conferma anche il sindaco di Piglio avv. Mario Felli – che è prima di tutto tradizione, passione e soprattutto tanto divertimento, con tanti appuntamenti che affascineranno, coinvolgeranno e stupiranno coloro che vorranno partecipare.

Ad attendere i visitatori, è un’atmosfera magica vicina alle tradizioni storiche, ma aperta alle innovazioni. Una festa per grandi e piccini, da vivere in ogni sua sfaccettatura, all’insegna del divertimento e della responsabilità.

Notevole è stato il lavoro organizzativo svolto dal Comitato organizzatore, sostenuto dall’amministrazione comunale, per garantire al meglio la riuscita dell’evento”.

La celebrazione della sagra è sempre stata la conferma dell’attaccamento degli agricoltori alla loro terra ed ai suoi indispensabili frutti. Per la cronaca sarebbero state 53 edizioni anziché 51 le sagre di uva che si sono tenute nel centro ciociaro se non fossero state annullate la ventesima nel 1992 e quella dell’anno 2020 per la pandemia.

La manifestazione ebbe inizio quasi in sordina nel 1972 per volontà del sindaco di allora Benedetto Illuminati contestualmente all’estendersi delle attività della cantina sociale “Cesanese del Piglio” attiva con 311 soci ed una produzione annua che nel 1983 aveva toccato 51 mila ettolitri di vino su 54 mila quintali d’uva.

Buona festa dell’Uva a tutti!

Giorgio Alessandro Pacetti


martedì 9 settembre 2025

PIGLIO, Le sagre dell’uva a Piglio

Per la cronaca sarebbero state 53 edizioni anziché 51 le sagre di uva che si sono tenute nel centro ciociaro se non fossero state annullate la ventesima nel 1992 e quella dell’anno 2020 per la pandemia.

La manifestazione ebbe inizio quasi in sordina nel 1972 per volontà del sindaco di allora Benedetto Illuminati contestualmente all’estendersi delle attività della cantina sociale “Cesanese del Piglio” attiva con 311 soci ed una produzione annua che nel 1983 aveva toccato 51 mila ettolitri di vino su 54 mila quintali d’uva ed ora, a distanza di 54 anni, la cantina sociale è in liquidazione.

La sagra era entrata nelle tradizioni folkloristiche e ricreative dei comuni limitrofi facenti parte del comprensorio del Cesanese sostanzialmente favorevole alla coltura della vite.

La manifestazione era diventata motivo di notevole richiamo turistico alla prima domenica di ottobre, per la sfilata dei carri allegorici ideati ed allestiti con notevole capacità innovativa dagli operosi agricoltori della zona del Cesanese, che ogni anno sapevano cogliere spunti e soggetti di notevole interesse con arguti riferimenti a situazioni passate o ad avvenimenti di attualità, nel rispetto della tradizione e del folklore.

La sagra era un “coktail” di folklore, tradizioni, buon vino e… buona tavola; non mancava la mostra fotografica, il concorso dei vini tipici, la mostra filatelica, la esposizione dei disegni eseguiti dai bambini delle scuole elementari e medie, il concorso delle poesie dialettali, il concorso addobbi vetrine, nonché la estemporanea di pittura con l’acquisizione al patrimonio del Comune di Piglio dei quadri di autore.

La celebrazione della sagra è sempre stata la conferma dell’attaccamento degli agricoltori alla loro terra ed ai suoi indispensabili frutti.

 Giorgio Alessandro Pacetti

 

domenica 7 settembre 2025

PIGLIO: Record di presenze di turisti a Piglio grazie ad ArtHeraTV

Mai come in questo periodo Piglio è stata presa d’assalto dai turisti. Lo sapete il perché? E’ presto detto.

Sabato 16 agosto 2025, alle ore 21.30, in Piazza Guglielmo Marconi è stato proiettato il film documentario “I Gioielli di Piglio”, che è stato successivamente divulgato sui canali di "ArtHeraTV" e che sono visibili qui e qui, dove i turisti hanno potuto vedere la storia, l’arte e le tradizioni di Piglio e precisamente: 

- il Convento di San Lorenzo, oasi di pace che regala una vista impareggiabile sulle colline;

 -il maestoso Castello Medievale, custode di secoli di storia;

 -la Collegiata di Santa Maria Assunta, scrigno di preziose opere d’arte sacra.

Il documentario ha fatto vedere anche momenti di intensa partecipazione popolare, come la suggestiva Processione della Madonna delle Rose del 9 giugno 2025 e percorsi di spiritualità come il Cammino Meditativo di San Giovanni Paolo II meta di pellegrinaggi e luogo di contemplazione.

Oltre ai monumenti e ai luoghi di culto, i turisti hanno potuto vedere scorci pittoreschi del centro storico, con le sue stradine acciottolate e le architetture che affondano le radici nell’anno Mille. Ogni inquadratura ha offerto al pubblico uno spaccato autentico della vita in uno dei borghi più affascinanti dell’Italia centrale, dove il tempo sembra essersi fermato. 

Un plauso all’equipe televisiva ArtHeraTV, guidata da Vinicio Salvatore Di Crescenzo, con il regista Rossano Surpi e il cameraman e pilota di droni Massimo Tornesi.

La proiezione del documentario ì stata l’occasione per i cittadini e per i visitatori di riscoprire, attraverso le immagini, il valore e la bellezza di un territorio ricco di storia, fede e tradizioni che probabilmente significheranno per il nostro Paese l’inizio di un allargamento degli orizzonti al di là dei confini del territorio. 

Giorgio Alessandro Pacetti

martedì 2 settembre 2025

Colleferro: Altaluna Festival 2025. Arti e spettacolo sotto la luna.

In partenza a Colleferro, all’interno del Parco Fluviale “Altaluna Festival", duegiorni all’insegna dell’arte e della cultura. Si comincia sabato 6 settembre dalle 18,30 con un programma ricco è attraente.

Organizzata dal comune di Colleferro, patrocinatore dell’evento e con il sostegno di Città Metropolitana di Roma Capitale, l’assessorato allo spettacolo e politiche giovanili guidato da Sara Zangrilli, in collaborazione con Sirius Entertainment nella Direzione Artistica di Filippo Maria Cardillo apre, presso i giardini del Parco Fluviale (Piani Artigianali) di Colleferro, in viale Riccardo Morandi la prima edizione di "Altaluna Festival". Una due giorni interamente dedicata a musica, teatro, e arti varie che intende rivolgersi - con un palinsesto mirato - a un pubblico sicuramente giovane, ma che offre tutti gli ingredienti per essere adatto a tutte le età.

Una manifestazione, dichiara il sindaco Pierluigi Sanna, che rende il giusto omaggio a un luogo simbolo della rinascita di uno spazio recentemente riqualificato e messo a disposizione dei cittadini per dare seguito alla stagione culturale e sociale della comunità colleferrina.

Sullo stesso tono la dichiarazione di Sara Zangrilli, la quale, allineando il proprio pensiero a quello del primo cittadino, ha inteso inoltre sottolineare come, attraverso collaborazioni tra amministrazioni locali e associazioni culturali, possano nascere eventi che rafforzino il senso di appartenenza a una comunità oltre che favorire un’esperienza culturale di qualità in un luogo che oggi, diventa punto di incontro non solo culturale, ma anche sociale e giovanile.

Un programma ricco che si apre alle 18,30 con il gruppo de “Gli artisti del possibile” con Sarak Hellas e Camilla Acchione per poi proseguire con due spazi musicali gestiti da DJ Set Old Boy & Lorenzo Tummolo intervallati dalle esibizioni dall’arpista Agata Ottone con “Le corde del cuore” e a seguire, dalle 21,30 presso l’arena del Parco fluviale, con il “Cristo di Periferia”, scritto e diretto da Davide Sacco e interpretato da Francesco Montanari.

Non è certo da meno la giornata di domenica 7 settembre, la quale si apre nuovamente alle 18,30 con “Gli artisti del possibile” per poi proseguire con il DJ Alessio Gatta, che lascerà, a partire dalle 21,30, il testimone al gruppo musicale Brigallé i quali proporranno musiche e canti popolari della Ciociaria.

Tutti gli eventi sono gratuiti e tra un’esibizione e l’altra si potrà fruire del Food Altaluna, uno spazio di ristorazione adiacente all’arena, dove potrà essere consumato ottimo cibo, oltre a bevande di vario genere immersi nel verde del Parco in un’atmosfera di totale relax.

Non resta dunque che approfittare di questo primo fine settimana di settembre per immergersi in un contesto di vero e proprio svago tra musica e spettacolo auspicando, nel parafrasare il nome di questa prima edizione, che la luna non rimanga così in alto ma che si faccia ammirare in tutto il suo splendore assieme all’arte e al buon cibo.

  • Data: 6 e 7 settembre 2025 dalle ore 18,30;
  • Indirizzo: Colleferro, viale Riccardo Morandi presso i giardini del Parco Fluviale:


sabato 30 agosto 2025

Martufello ad "ArtisticaMente" di ArtHeraTV

Non sempre alcune sicurezze, trovano un oggettivo riscontro nella realtà. Talvolta infatti, si ha la chiara idea che qualcuno o qualcosa corrisponda esattamente a ciò che abbiamo da sempre impresso nella nostra mente, vuoi a causa di una ciclica realizzazione con la quale si presenta, vuoi per assimilazione mentale passiva, ma non sempre è così.  

A supporto di questa teoria chiamo in causa, la mia ultima esperienza vissuta con “ArtHeraTV” di cui sono Direttore Artistico e conduttore tv, nell’ultima registrazione di “Artisticamente”, programma dedicato agli artisti di qualsiasi disciplina. Ebbene, in questa circostanza, ho avuto conferma di quanto enunciato proprio intervistando un personaggio che mi sta molto a cuore, un personaggio che per decenni ha allietato le nostre serate e soprattutto il nostro bisogno di evasione dalla quotidianità trovandolo - nella realtà - assai diverso a come  per decenni lo avevo immaginato lontano dalle camere.

Tutto nasce nel momento in cui organizzo una piacevole intervista al grande Martufello, registrata in una calda serata d’agosto presso la ResidenzaCampoli, in via Campoli a Itri dove stava per dare inizio a una delle sue tantissime serata di spettacolo all’interno di un tour che lo ha portato in giro in lungo e largo per l’Italia. Invitato dal sottoscritto qualche settimana prima a partecipare al nostro programma il cabarettista attore, umorista e showman setino, mostrando grande sensibilità ha accettato il nostro invito sebbene non conoscesse minimamente la nostra WebTV, e questo ci introduce già nel cuore nell'animo nobile dell'artista.

Che dire, esperienza da ricordare perché davanti a me non si è presentato un attore come tanti ma un uomo di grande carisma, un artista completo che ha mostrato, in poche battute, tutta la qualità posseduta e frutto di 50 anni di attività tra televisione, teatro, cinema e tanto altro.

Una breve conversazione, senza preamboli, senza preparazione, preventiva consultazione o finiture inutili, che ha steso un piacevole velo di vera armonia all’incontro. Gli esordi, il Bagaglino, le varie collaborazioni e le esperienza nel cinema e nella televisione hanno forgiato quell’animo goliardico, ironico ma anche riflessivo e sensibile al tempo stesso, di un uomo che si è costruito col sacrificio e con la passione per il proprio lavoro.

Ma il bello arriva dopo. Rimasto con la mia troupe a seguire la serata di spettacolo, e dopo aver gustato le prelibatezze di questo meraviglioso ristorante i cui locali trasudano natura e profumo di mare, abbiamo potuto assistere a una delle performance più complete dal punto di vista delle tematiche offerte e assai ricca in relazione alle molteplici esilaranti situazioni narrate davanti a un pubblico entusiasta.

Martufello non è solo un accordo tra sorriso e serenità, tra spettacolo e genialità, oppure semplicemente tra pubblico e artista. Lui è molto di più: dall’ironia che lo caratterizza da sempre nei confronti dei fatti della vita all’approdo verso temi sociali di grande importanza quali il femminicidio ad esempio; dalla pura e semplice spassosa barzelletta, impreziosita da quel suo linguaggio il quale è ormai marchio di fabbrica nella sua comicità, ai ricordi famigliari narrati con la destrezza che solo un uomo che ha vissuto il mondo all’interno dei suoi anni può esprimere con tale accattivante simpatia e semplicità.

Ma non è tutto, Martufello ha declamato versi di profonda intensità allorché guidati da forte sentimento emozionale nei confronti di genitori, di nonni e di nonne esaltando il loro essere importante risorsa in seno alla famiglia, gioiello da preservare e da conservare nei ricordi di ognuno abbia vissuto la famiglia come l’ha vissuta lui.

Uno spettacolo che pone l’uomo al centro e l’arte a cornice nell’opera sublime che solo chi è partito dal nulla, costruendosi giorno dopo giorno, anno dopo anno può raccontare.

Complimenti veri a Martufello, personaggio all’interno del quale pulsa un cuore specchio di un’epoca, di un’arte nel senso più alto e nobile, tale da costringere ogni spettatore, tra una risata e l’altra, a sopportare a volte - piacevolmente intendiamoci - anche brividi che sanno far vibrare d’emozione, e ciò non è da tutti.

A breve l'intervista sui nostri canali social :

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mercoledì 20 agosto 2025

PIGLIO I tesori di Piglio proiettati in un film documentario in Piazza G. Marconi

La ridente cittadina  di Piglio, scelta negli anni passati da Monicelli per girare il film “Brancaleone alle Crociate”, da Alberto Sordi per il film “Anastasia mia sorella”, da Marcello Conte per un cortometraggio prodotto da Raffella Gresele e Marco Sili intitolato “Pentito”, da Carlo Picone nella rubrica “C’è da salvare” della televisione Italiana TG2 l’una, da Osvaldo Bevilacqua per la Rubrica “Sereno Variabile” e da Raffaele Marallo con “SimboliKa”, è salita alla ribalta con il film documentario realizzato dall’equipe televisiva ArtHera che ha immortalato in parte storia, arte e tradizioni di Piglio.

La ciociaria terra di antiche e nobili tradizioni è senz’altro ricca di meravigliosi e preziosi tesori artistici, oltre alle città d’arte per eccellenza della nostra provincia quali, Anagni, Ferentino, Alatri e Veroli è disseminata di piccoli centri, antichi Borghi aventi ciascuno scorci di bellezze naturali vestigia antiche usi e costumi caratteristici degni di note e rilevanza.

I telespettatori, alla presenza del sindaco avv. Mario Felli, dell’assessore alla Cultura Lucia Ceccaroni, della rappresentante del Comitato Estate Piglio 2025 Nicoletta Meloni  e  al Consigliere Claudio Alessandri ,  hanno visto in parte le potenzialità di Piglio un profilo storico artistico culturale con la proiezione del film documentario “I Gioielli di Piglio”, della durata di 41 minuti, stando comodamente seduti in Piazza G. Marconi, già Piazza XX Settembre.

Il film documentario porta la firma dell’equipe televisiva ArtHera, guidata da Vinicio Salvatore Di Crescenzo, con il regista Rossano Surpi e il cameraman e pilota di droni Massimo Tornesi insieme allo storico locale Giorgio Alessandro Pacetti, che ha contribuito a mettere in risalto le ricchezze culturali e architettoniche del paese.

I telespettatori hanno visto i luoghi simbolo di Piglio:   il Convento di San Lorenzo, oasi di pace che regala una vista impareggiabile sulle colline; il maestoso Castello Medievale, custode di secoli di storia; la Collegiata di Santa Maria Assunta, scrigno di preziose opere d’arte sacra.

Il documentario ha raccontato anche momenti di intensa partecipazione popolare, come la suggestiva Processione della Madonna delle Rose del 9 giugno 2025 e percorsi di spiritualità come il Cammino Meditativo di San Giovanni Paolo II.

Oltre ai monumenti e ai luoghi di culto, i telespettatori  hanno visto scorci pittoreschi del centro storico, con le sue stradine acciottolate e le architetture che affondano le radici nell’anno Mille. Ogni inquadratura ha offerto al pubblico uno spaccato autentico della vita in uno dei borghi più affascinanti dell’Italia centrale, dove il tempo sembra essersi fermato. 

La proiezione del documentario è stata l’occasione per i cittadini e i visitatori di riscoprire, attraverso le immagini, il valore e la bellezza di un territorio ricco di storia, fede e tradizioni-

Giorgio Alessandro Pacetti

giovedì 14 agosto 2025

VIVILA - 23/24/30/31 Agosto e 6/7 Settembre - Scopri e riscopri la Città di Fondi attraverso l'Arte

Ricevo e diffondo con piacere il seguente comunicato stampa, attraverso cui si dà ufficiale avvio alla compagna promozionale di un evento che vede artisti e città di Fondi protagonisti assoluti in uno dei progetti più ambiziosi mai proposto denominato "VIVILA". 
Nella giornata inaugurale del 23 agosto, tra gli artisti di ogni disciplina impegnati in questo grande lavoro di squadra ci sarò anch'io, onorato peraltro, di essere stato inserito in questa kermesse  che intende valorizzare la città di Fondi, con i suoi monumenti, la sua storia e le sue tradizioni, attraverso la "voce" degli artisti fondani - e sono tanti - chiamati a dare il loro contributo con la propria arte:

"Sei passeggiate notturne nel Centro Storico di Fondi. Oltre settanta artisti pronti a farti innamorare. Non prendere impegni. Certe “storie” vanno vissute tutte d’un fiato" recita uno dei messaggi che l'Associazione Il Quadrato Fondi - APS sta diffondendo per promuovere l'iniziativa "Vivila". Ed è questo il succo di un Progetto ambizioso e partecipativo, che gode del Patrocinio del Comune, che prenderà il via nelle prossime settimane per concludersi nel mese di Settembre, nel cuore della Città. 

"Vivila" è un format dedicato alla nostra terra, ad una Città che potrai ascoltare, che potrai toccare, che potrai guardare, che potrai gustare, che potrai sognare e che, soprattutto, dovrai difendere. Ogni singola serata, infatti, è caratterizzata da un titolo, più che altro un'esortazione. Ed attorno a quell'invito gli artisti coinvolti presenteranno il loro talento a chi sceglierà di passeggiare insieme a noi negli angoli più affascinanti e nascosti del Centro Storico. Poesia, letteratura, musica, danza, pittura, fotografia, teatro, cinema, artigianato, scultura, archeologia, disegno, riciclo e riuso. Creatività e talento, giovani e meno giovani, più di settanta artisti della Città e del comprensorio si ritroveranno tra i vicoli, nelle piazzette. Lo stupore, la curiosità, la sorpresa, il luogo insolito, l’Arte e la Bellezza. Gli ingredienti di "Vivila" sono questi. Perché chi si affiderà a noi in queste passeggiate notturne sà solo che saranno "interrotte" da performance artistiche, non conosce il luogo, l'artista, il momento. E per questo motivo il tutto assumerà il senso di una continua scoperta e riscoperta.

"Passeggiare di notte nel Centro Storico della Città non è mai stato così sorprendente" hanno assicurato gli organizzatori durante l'Aperitivo di Presentazione della manifestazione tenutosi nei giorni scorsi presso Bella Roma. E ringraziano l'artista Pretta Fiore che ha curato la scelta delle tonalità di colore che accompagnano ogni serata. Una rete di artisti e Associazioni, infatti, si rafforza in occasioni così partecipate e condivise, e diventa naturale creare collaborazioni e dare vita ad altri progetti culturali.

"Ascoltala" Sabato 23 Agosto, "Toccala" Domenica 24 Agosto, "Guardala" Sabato 30 Agosto, "Gustala" Domenica 31 Agosto, "Sognala" Sabato 6 Settembre, "Difendila" Domenica 7 Settembre, sempre con ritrovo alle ore 21,30 nel piazzale della Giudea. Questo è il Calendario di "Vivila". Che prevede un ticket di partecipazione di €5 per ogni singola serata, con la possibilità di acquistare un Abbonamento completo a soli €20. Il Ticket permetterà di usufruire di alcune offerte speciali e sconti, presso attività commerciali partner del Progetto. E per chi volesse ci sarà anche la possibilità di cenare presso l'Antipapa, uno dei locali del Centro Storico che supporta l'iniziativa: ogni serata la Cucina dell'Antipapa delizierà il nostro palato con un primo piatto a tema ed un calice di vino al simbolico prezzo di €10.

Per informazioni e prenotazioni: vivilafondi@gmail.com

Associazione IL QUADRATO FONDI - APS

lunedì 11 agosto 2025

I gioielli di Piglio (FR) in un film documentario

Gli amanti dell'arte e della storia di Piglio potranno godere delle bellezze di questo borgo attraverso le immagini che verranno proiettate in Piazza Guglielmo Maroni sabato 16 agosto 2025 ore 21,00 da ArtHeraTV.

Piglio, un incantevole borgo medievale situato nel cuore della Ciociaria, è recentemente salito alla ribalta grazie all'equipe televisiva ArtHeraTV, guidata da Vinicio Salvatore Di Crescenzo, con al seguito il regista Rossano Surpi ed il cameraman e pilota di droni Massimo Tornesi.

Accompagnati dallo storico locale Giorgio Alessandro Pacetti la troupe ha messo in luce alcune delle meraviglie storiche e culturali di questo affascinante paese.

Durante le riprese, l'equipe ha esplorato molti luoghi di interesse che riflettono la ricca storia di Piglio:

  • Il convento di San Lorenzo: Un luogo di pace e spiritualità che offre una vista mozzafiato sui paesaggi circostanti.

  • Il castello Medievale: Una fortezza che racconta secoli di storia e che domina il panorama con la sua imponenza.

  • La collegiata Santa Maria Assunta: Una chiesa che custodisce tesori d'arte sacra, simbolo della devozione locale.

  • La processione della Madonna delle Rose del 9 giugno 2025.
  • Il cammino Meditativo di San Giovanni Paolo II: Un percorso spirituale che invita alla riflessione e alla contemplazione.

  • Il Santuario della Madonna del Monte: Un luogo di pellegrinaggio che attira fedeli e visitatori per la sua bellezza e serenità.

La troupe televisiva ha anche catturato alcuni scorci del centro storico di Piglio, un luogo che affonda le sue radici nell'anno mille. Le strade  acciottolate e le antiche architetture raccontano storie di un passato ricco e affascinante, offrendo uno sguardo unico sulla vita nel cuore dell'Italia centrale.

Giorgio Alessandro Pacetti


giovedì 7 agosto 2025

Ben-Hur agli Altipiani di Arcinazzo

Ben-Hur agli Altipiani di Arcinazzo quando Hollywood trasformò gli splendidi pratoni nel set del kolossal del 1958. La testimonianza di Giorgio Alessandro Pacetti che ad anagnia.com racconta le riprese del capolavoro di William Wyler con Charlton Heston tra le bellezze naturali del territorio

C’era una volta, nel lontano 1958, quando i magnifici Altipiani di Arcinazzo si trasformarono in un palcoscenico a cielo aperto per uno dei più grandiosi kolossal della storia del cinema. Le verdi distese che oggi accolgono turisti e appassionati di natura divennero infatti il teatro delle epiche gesta del principe ebreo Giuda Ben-Hur,  protagonista di una delle più memorabili trasposizioni cinematografiche di tutti i tempi.

La scelta di questi pratoni ciociari non fu affatto casuale, ma frutto di una ricerca accurata da parte della produzione hollywoodiana. Gli Altipiani di Arcinazzo offrivano infatti lo scenario perfetto dove far muovere centinaia di comparse, reclutate con paziente lavoro di casting tra tutti i paesi vicini della zona.

Dietro questa monumentale operazione cinematografica c’era la potente Metro-Goldwyn-Mayer, che aveva affidato la produzione a Sam Zimbalist. Il progetto ambizioso puntava a dare nuova vita al celebre romanzo di Lew Wallace, scrittore ed eroe di guerra della secessione americana, trasformando le sue pagine in un’esperienza visiva senza precedenti.

La macchina produttiva mise in campo nomi di assoluto prestigio. Edward Carfagno ricoprì il ruolo di direttore artistico, mentre la regia fu affidata a William Wyler, regista che per questo progetto ricevette la cifra astronomica di un milione di dollari, compenso mai pagato fino ad allora nella storia del cinema.

La scelta del protagonista cadde su Charlton Heston, attore che incarnò alla perfezione il ruolo  del vendicatore Ben-Hur. La sua interpretazione fu così magistrale da oscurare definitivamente la fama dei due precedenti adattamenti cinematografici del 1907 e del 1925, consegnando alla storia del cinema una performance indimenticabile. Le riprese e la produzione si svolsero principalmente negli stabilimenti di Cinecittà, in un arco temporale che va dal 18 maggio 1958 al 30 gennaio 1959. Un lavoro certosino che richiese mesi di preparazione e coordinamento tra le maestranze italiane e la produzione americana.

Il film fu poi proiettato in Italia il 21 ottobre 1960, riscuotendo un successo strepitoso che ancora oggi riecheggia nella memoria collettiva. Per realizzare l’accuratezza storica dei costumi, furono reclutati ben 100 professionisti tra sarti, armaioli e conciatori, mentre centinaia di comparse diedero vita alle scene di massa che resero immortale la pellicola.  

Particolarmente toccante è la testimonianza di Giorgio Alessandro Pacetti, che ha vissuto in prima persona l’esperienza di far parte di questo straordinario progetto cinematografico.

Le sue parole restituiscono l’atmosfera magica e al tempo stesso impegnativa di quei giorni sui pratoni di Arcinazzo: «Indossare un abbigliamento da condottiero a fianco a Charlton Heston e a Haya Harareet nei panni di Esther è stato per me un grande onore», racconta Pacetti con la commozione di chi ha toccato con mano la storia del cinema. «Anche se non sono mancate le strigliate del regista rivolte alle comparse munite di orologio al polso durante le riprese, tanto da far ripetere due o tre volte la stessa scena sotto il sole cocente del mese di luglio».

Un aneddoto che fa sorridere ma che racconta anche la minuziosa attenzione ai dettagli che caratterizzava il lavoro di William Wyler, regista noto per il suo perfezionismo e la ricerca dell’eccellenza in ogni inquadratura.

Pacetti sottolinea inoltre come la scelta di William Wyler di utilizzare questa località turistica abbia rappresentato un’opportunità di valorizzazione straordinaria per l’intera zona adiacente.

Il regista aveva infatti intuito le potenzialità di un territorio “formato da paesi piccoli, ma ricchi di bellezze naturali e di tradizioni antiche, di aria pura e di acque sorgive limpide e salutari“.

Questa intuizione si rivelò profetica: ancora oggi gli Altipiani di Arcinazzo sono meta di visitatori che, oltre alle bellezze naturali, vengono attratti anche dal fascino di camminare sui luoghi dove ha preso vita uno dei capolavori del cinema mondiale.

La storia di Ben-Hur agli Altipiani di Arcinazzo rappresenta così un perfetto esempio di come il cinema possa diventare veicolo di promozione territoriale, trasformando una location in un simbolo universale.

Un’eredità che continua a vivere nella memoria di chi c’era e nella curiosità di chi, ancora oggi, visita questi luoghi carichi di storia e di magia cinematografica. Il kolossal del 1958 ha infatti lasciato un’impronta indelebile non solo nella storia del cinema, ma anche nell’identità culturale di un territorio che ha saputo accogliere Hollywood mantenendo intatta la propria autenticità.

Nella foto:  Giorgio Alessandro Pacetti comparsa a Ben-Hur 1958 Altipiani di Arcinazzo


domenica 13 luglio 2025

L'altra faccia della fotografia vista da Viki Ders

Se pensiamo alla fotografia come semplice idea di fissazione di un’immagine, non arriveremo mai a osservare come questa si sia evoluta nel tempo e a quante categorie di attività/discipline può essere applicata per la sua duttilità e per la sua proprietà di utilizzo in molteplici campi laddove spesso, assume anche valenza di documento ufficiale in ambito storico, culturale e sociale nella vita di tutti i giorni.

Sin dal 1826, primo vero approccio con la fotografia ad opera di Joseph Nicéphore Niépce molto è cambiato e oggi, nell’era del digitale, del web e delle numerose applicazioni (AI a parte), si è in grado di modificare radicalmente una semplice immagine donandole una vita assai differente, ma mai staccata definitivamente da quella originaria.

In questa nota tuttavia, voglio dirigere il focus sulla fotografia d’arte, quella cioè che nasce come espressione pura e soggettiva nell’interpretazione del mondo e della sua natura, non intesa solo come condizione o modo di essere in origine di un soggetto/materia ma come insieme di esseri viventi, animali e vegetali del nostro pianeta in continuo studio e movimento.

Per questo, ho invitato a rispondere ad alcune mie curiosità sul mondo fotografico inserito nell’arte Vittoria De Rosa, in arte Viki Ders, esperta e vera esploratrice dell’universo immagine, allo scopo di scoprirne qualche latente sfumatura e soprattutto per individuarne aspetti meno noti o mediamente sconosciuti ai più.

Viki Ders, è fotografa di professione e svolge questa attività ormai da vari decenni. La sua grande passione tra le altre cose, è quella della composizione su elementi ritenuti straordinari o su eventi eccezionali che il nostro mondo ci propone quotidianamente. Partendo da una base la cui espressività risulta essere già performante dal punto di vista emozionale, costruisce, attraverso una sana e naturale  sensibilità innata, un insieme che incolla realtà a fantasia e viceversa, non perdendo mai di vista il fondamentale senso della coerenza tra elementi in relazione alla propria immaginazione.

 

Grazie Viki per aver accettato il mio invito. Partiamo subito con una domanda che ci fa subito capire quanta forza imprime una passione all’interno di un contesto ove primeggia l’amore per una disciplinaVolendo accostare l’arte della fotografia a quella della scrittura si potrebbe individuare nell’incipit un elemento comune, una sorta di introduzione - nel senso più ampio del termine - a una magnifica storia. Qual è stato l’incipit che Viki Ders ha colto nell’avvicinarsi all’arte dell’immagine e con essa all’applicazione delle varie tecniche di lavorazione della stessa?

Facendo un’analisi introspettiva, la sola risposta che mi viene da dare è una domanda…l’arte è parte di noi? Penso proprio di sì, l’arte vive in noi, e la esprimiamo attraverso vari strumenti che ci sono stati donati o messi a disposizione. Ci esprimiamo infatti attraverso l’uso della pittura o della scrittura. Siamo in grado di modellare un oggetto informe di qualsiasi materiale sia esso costituito e comunicare anche attraverso la fotografia, che ritengo essere un’evoluzione del disegno e della pittura, miei primi approcci all’arte dell’immagine da autodidatta. Disegnavo istintivamente su un pezzo di carta, durante le lezioni dei professori per concentrarmi su quanto dicevano, se li guardavo parlare, mi distraevo. Quindi questo sta a significare che per me, disegnare, era una cosa naturale, e oggi mi ritrovo a dare seguito a queste mie passioni “dipingendo” con la macchina fotografica. Nella evoluzione creativa rientra anche la conoscenza e lo studio dei nuovi strumenti per ottenere immagini fotografiche soddisfacenti, o che abbiano il senso artistico voluto, oppure ottenuto per caso. I programmi di editing fotografico, o le eventuali tecniche applicate in fase di scatto, sono strumenti indispensabili per creare con la fotografia, e assorbono la maggior parte del tempo necessario per arrivare ad un risultato finito, ma è eccitante tanto quanto può essere lo scrivere, il modellare, il dipingere, ricamare, recitare ecc.

Quale potrebbe essere la percentuale di miglioramento applicabile partendo da un’immagine di base e quali caratteristiche fondamentali quest’ultima deve possedere affinché ne possa nascere, attraverso genio e talento, un prodotto che possa rispondere ai criteri di opera fotografica?

Personalmente ho la sensazione che non sempre sia necessario rispettare dei canoni predefiniti o regole da seguire per trasformare una fotografia in una opera artistica. Paul Jackson Pollock, ad esempio, è ritenuto uno dei massimi esponenti dell'espressionismo astratto o action panting del secolo scorso, eppure ha semplicemente fatto cadere della pittura sulle tele, creando giochi cromatici, di forme, di linee. Ecco, se volessimo trasferire il tutto alla fotografia, si potrebbe realizzare lo stesso effetto con semplici movimenti del corpo macchina, in fase di scatto, con la giusta combinazione di apertura diaframma e tempo, Tale combinazione potrebbe offrirci un risultato sovrapponibile a quello richiesto nella creazione di un’opera d’arte, ed esattamente alla foto painting. Oppure, se otteniamo foto molto sotto esposte o sovraesposte, osservandole meglio, spesso, ci risaltano agli occhi, dei tratti che si rifanno a degli oggetti/soggetti leggibili, riconoscibili nonostante non si sia di fronte ad una foto ben eseguita, con tutti i suoi colori e la sua composizione, come da regola. Quindi sta nell’occhio di chi guarda riconoscere quei tratti artistici necessari per attribuire a quello scatto caratteristiche di opera d’arte. 

Sappiamo bene che esistono software in grado di rendere uno scatto unico, di renderlo magico attraverso filtri, oppure adoperando accorgimenti sull’effetto cromatico d’insieme o meglio ancora, modificandone effetti focali per creare sfumature calde e avvolgenti. Quanto di tutto questo è in grado di fare la sola esperienza dell’operatore in sede di cattura e congelamento del momento?

Sicuramente di programmi di editing fotografica ce ne sono, ci aiutano ed oggi con l’arrivo della AI si fanno cose inimmaginabili, ma se si vuole creare già in fase di scatto, tutto dipende dalla padronanza che si ha dello strumento fotografico. Ovvio, ci sono diverse tecniche fotografiche che ti permettono di avere da subito un’immagine artistica, come ho detto in precedenza, portando alcuni esempi. Persino con gli smartphone è possibile giocare con varie app che generano o migliorano le foto mentre le realizzi, e questo ha portato a un’elevata diffusione di massa dell’arte fotografica, laddove soprattutto i giovani realizzano cose ancora più esilaranti, essendo lo smartphone molto più snello, immediato nella gestione e disponibile per chiunque. Tale cambiamento ha dato agli stessi la possibilità di scoprire e sviluppare una creatività davvero affascinante. La fotografia realizzata comunque non resterà mai “grezza” così come viene generata, un minimo di ritocco è obbligatorio.

Credo di poter affermare che la natura è la massima fonte d'ispirazione per un fotografo, anche se spesso, scatti riguardanti opere derivanti dall’intervento antropologico sul territorio possano possedere particolari peculiarità, tali da sfidare il rigoglioso e sempre sorprendente insieme dato dal creato più selvaggio. Il tuo pensiero?

Sicuramente la natura è la scuola migliore per iniziare ad approcciarsi alla fotografia, essendo una fonte inesauribile di colori, di forme, giochi di ombre, di luce, di texture, di situazioni che stimolano la voglia di possedere per sempre una determinata. L’elemento naturale lo si trova in un posto visitato, nei colori davanti ai quali siamo rimasti incantati come in contemplazione, nelle persone che hanno condiviso con noi dei momenti irripetibili. Altrettanto affascinante è giocare con le geometrie di opere realizzate dall’ingegno umano, ulteriore fonte inesauribile e dove esercitarsi in modo creativo quasi illimitato con strutture storiche ma anche moderne, molto più lineari ma non meno interessanti da fotografare e trasformarle in opere d’arte, e ne abbiamo tantissimi esempi. Mi permetto di aggiungere o non dimenticare il cibo. Dalle nature morte dei dipinti che dalla storia ci sono arrivati, adesso fotografare un piatto ricco di decori o anche solo invitante è diventata una divertente consuetudine. Sempre più spesso ci si mette il tocco personale per curare l’inquadratura di una portata o anche solo di una bevanda ben presentata, aggiungendo dettagli che, in modo armonico con il soggetto principale, completano il racconto fotografico, rendendolo meno asettico, meno statico e facendo spostare lo sguardo in ogni angolo della composizione fotografica.  La luce comunque è la fonte primaria, senza non avremmo la foto.

Ringrazio Viki per questa piacevole chiacchierata e spero che qualche buona idea per apprezzare l'arte fotografica, al pari di qualsiasi disciplina artistica sia stata resa. A Viki, auguriamo di ottenere risultati sempre più prestigiosi nella realizzazione delle sue opere di raffinata bellezza e di pregevole realizzazione.









 


 

martedì 24 giugno 2025

Quando un Premio di Letteratura e Arti visive diventa supporto e faro contro violenza di genere e sui minori

"Qui, si fanno le cose per bene". Questo, è senz'altro stato il mio primo pensiero nel varcare l’ingresso della sala ove di lì a poco si sarebbe svolta una cerimonia di premiazione e questa volta, un plauso va anche alle Istituzioni dello Stato e nella fattispecie alla Provincia di Foggia la quale, per l’occasione, ha messo a disposizione la sala del Tribunale all’interno di Palazzo Dogana, sede oggi della Provincia.

La cerimonia in questione, ha riguardato il Premio Internazionale di Letteratura e Arti Visive denominato Ciò che Caino non sa, giunto ormai alla sesta edizione e per quest'ultima assorbito dell’Accademia delle Arti e delle Scienze Filosofiche di Bari di cui Massimo Massa ne è ideatore e Pro Rettore. 

Il premio, fondato e presieduto da Maria Teresa Infante La Marca, ha raccolto, di edizione in edizione grandi consensi, sia da parte degli addetti ai lavori che da coloro che nel tempo vi hanno preso parte a vario titolo.

L’impegno dell’organizzazione, all'interno della quale sono stato inserito quale membro di commissione per l’articolo giornalistico, è di quelli che si possono annoverare tra i più nobili e importanti e allo stesso tempo, più appaganti. Un sacrificio che è valso la pena patire non fosse altro per il tema che il Premio ha inteso trattare: la violenza di genere e sui minori

Una grande passione per la diffusione dell'arte e della cultura è stata sicuramente la dote principale mostrata e messa in campo dall'intero organico del Premio, ma allo stesso tempo lodevole e pregna di significato, la scelta di proporre, fin dalla prima edizione, un tema quanto mai attuale e di estrema gravità nella nostra società contemporanea che mai come adesso, ha urgente bisogno che il livello di attenzione sia posto sempre più in alto allo scopo di poter adeguatamente combattere un male che può e deve essere sconfitto.

Un Premio articolato in più sezioni e con all’interno della celebrazione della consegna dei riconoscimenti anche conferimenti di elogi e benemerenze a coloro che in qualche modo si sono distinti nella lotta contro ogni genere di sopruso e di violenza attraverso la loro opera.

Ciò che caino non sa non è solo una semplice riunione di artisti ma è aggregazione spirituale, unione di intenti e socialità costruttiva, ma soprattutto, è un insieme di voci che in un crescendo continuo muovono pensieri, idee e coscienze. È un'occasione irripetibile all'interno della quale vengono forniti strumenti di riflessione, utili e spesso fondamentali, a stimolare  interrogativi interiori attraverso cui recuperare i giusti valori di rispetto e di libertà prima ancora che di uguaglianza e di bene.

L’arte in contesti come questo, non è solo espressione di ingegno e di talento, ma può e deve diventare  comunicazione globale, trasmissione di valori e specchio di una società sana. Essere riferimento certo per le giovani generazioni affinché sappiano discernere ciò che è bene e ciò che è male. Affinché sappiano riconoscere il limite oltre il quale ogni azione diventa violenza e cattiveria le quali, come spesso accade, incarnano povertà di valori  e troppo spesso un limitato livello di istruzione individuale.

Complimenti quindi all’intera organizzazione che proprio facendo leva sulle molteplici applicazioni nelle quali le attività artistiche trovano fertile terreno continuano a lanciare segnali allarmanti riguardo il fenomeno in questione nella speranza che in ognuno, possa emergere una capacità d’analisi che non sia solo un termine fine a sé stesso  ma maturazione individuale e convinzione che il valore della vita, propria e degli altri, sia e debba rimanere elemento sacro e inviolabile.

Foto: Viki Ders

giovedì 12 giugno 2025

PIGLIO, Le MADONNELLE

Quella delle “edicole” sacre che si trovano abbastanza spesso agli angoli delle case e sulle facciate degli archi lungo le strade e nei vicoli del centro storico di Piglio, rappresenta un’antica tradizione ormai piuttosto desueta ma carica di atmosfere e di suggestioni del passato.

Le più vetuste sono incassate nella struttura delle costruzioni e contengono un’immagine sacra, il più delle volte l’immagine della Madonna. Di qui il nome “Madonnella”.

Le immagini sacre e le varie edicole poste nei “Rioni” del centro storico di Piglio, memoria di una fede antica è sempre viva. Sono dei quadri di ispirazione religiosa che traggono origine nel periodo alto medievale.

Sono il simbolo di una devozione della cittadinanza e rappresentavano una richiesta di aiuto celeste contro le malattie e le pestilenze che a Piglio mietevano migliaia di vittime. Inoltre, la tradizione popolare affidava alla immagine sacra incastonata nel caseggiato la protezione contro tutto ciò che di negativo potesse intervenire a disturbare la tranquillità dei suoi abitanti.

Queste “edicole” costituivano un legame di vicinato, per la gente che tributava a turno onori ed attenzioni in modo aperto ed amichevole, scambiandosi le mansioni devozionali e con esse anche i sentimenti.

Le “madonnelle”, inoltre, erano anche occasioni di incontro per recitare il Rosario, specialmente nel mese di Maggio.

Ora queste “edicole” sacre si trovano isolate e trascurate. Quasi tutte hanno bisogno di una mano umana per rifarsi il look. Ma, nonostante l’indifferenza, queste “edicole sacre” restano al loro posto a testimoniare una fede di altri tempi che resiste al passare dei secoli.

E’ sufficiente percorrere Via Maggiore, il tratto che va da Piazza Guglielmo Marconi a Piazza Santa Maria, per capire la situazione delle edicole sacre a Piglio. 

Questa splendida e grande edicola religiosa in stile classicheggiante, dove si notano colonne, capitelli e trabeazioni, contornata da un tubo di gas e da un cavo elettrico, rimane solo la cornice barocca, ma del quadro con l’immagine sacra non è rimasta che una tavola di legno senza colori.

Migliore la sorte dell’immagine sacra all’incrocio tra Via Arringo e Via Maggiore, in buone condizioni a seguito di un restauro da parte dei proprietari.

Sempre su Via Arringo il turista può ammirare altre edicole religiose caratterizzate da una struttura molto particolare che ne evidenzia lo stile classico.

Una di queste è posta alla porta dell’Arringo che, come “sentinella”, vigila sulla tranquillità degli abitanti unitamente a quella sotto l’arco della Fontana ai piedi del castello.

Si spera che queste belle immagini di Maria con il Bambino, vestigia del passato, molto venerate dagli antichi avi, ritornino al primitivo splendore in modo da costituire anche per il futuro una memoria dei tempi andati.

 

Giorgio Alessandro Pacetti

 

 


giovedì 5 giugno 2025

PIGLIO, Santuario della Madre Santissima detta delle Rose

Sullo scoglio meridionale del colle, alle porte di Piglio in Ciociaria, dopo “Porta di Piedi” è stato costruito un Santuario che ha inglobato una icona raffigurante la Madre Santissima che allatta il Divin Figliolo.

Le origini storiche risalgono nell’anno 1656 quando la popolazione pigliese per intercessione della Madre Santissima fu liberata dalla peste di manzoniana memoria.

Due sono le feste annuali dedicate alla Vergine: il lunedì di Pentecoste e il 30 Ottobre giorno in cui la popolazione commemora la liberazione dalla peste. La gestione della festa autunnale è affidata alla Confraternita della Madonna delle Rose mentre quella estiva viene gestita da un Comitato apposito composto da gruppi di pigliesi.

Notevole è sempre l’affluenza della popolazione che con fede e devozione antica, profonda e salda accompagna, nelle processioni, la Statua della Madonna delle Rose per le strade e le viuzze del paese insieme alle confraternite esistenti sul territorio.

I Confratelli guidati dal Priore, amministrano i beni del Santuario e della Statua onorata ogni anno dai fedeli con doni in denaro ed oro che costituiscono un piccolo tesoro da salvaguardare con tenacia.

Nel 1900, per opera della “Società Operaia”, sono state installati i nuovi stipiti ed architravi nelle porte di accesso al Santuario ed una cancellata in ferro nella porta centrale con una scala sempre in ferro lavorato per accedere al soppalco dove c’è l’organo.

Il santuario venne seriamente lesionato il 13 Gennaio 1915 dal terremoto della Marsica, che rase al suolo Avezzano e poi restaurato dall’Impresa Filippo Pacetti di Albano Laziale sotto l’egida del Vescovo di Anagni Mons. Attilio Adinolfi.

Successivamente, negli anni ’60, il santuario è stato oggetto di importanti lavori eseguiti dall’impresa del geometra Luciano Pacetti, con il contributo della popolazione, riguardanti il consolidamento del tetto con una soletta in cemento armato, il rifacimento dei cupolini e della facciata.

Negli anni ’80 il Santuario è stato interessato al rifacimento del nuovo altare, della nuova pavimentazione in marmo, all’istallazione di una bussola in legno alla porta destra del sacro edificio, mentre nel 2001 sono stati fatti dei lavori di conservazione che hanno interessato l’affresco della Madre Santissima, della Statua della Madonna delle Rose e del Crocifisso lavori effettuati da una ditta di restauro specializzata sotto l’egida della Soprintendenza ai beni Artistici del Lazio finanziati con i fondi del Santuario.

Negli ultimi tempi non sono mancati i furti sacrileghi: nel 1973 venne rubata una tela ad olio raffigurante il Crocefisso e quattro candelieri di fattura artigianale; nel 1978 vennero asportate le cornici ricavate in legno della Via Crucis, un calice e quattro statue lignee di angeli, nel 1987 è stato rubato un mazzetto di rose, di valore artistico, poste nelle mani del Bambino e della Madonna.

In data 20 Agosto 2009 la Regione Lazio-Assessorato ai Lavori Pubblici con nota prot. 162006/2D/16 indirizzata al Comune di Piglio, in risposta alla lettera del 29/7/2009 prot. 1579, fa presente che al Santuario della Madonna delle Rose per il recupero dell’edificio con Decreto n° 180 del 21 marzo 2008 Esercizio finanziario 2008, è stato finanziato l’intervento 5555, con Euro 417.017,03.

In data 1° Febbraio 2010 il Vescovo Lorenzo Loppa ha inviato una lettera al Priore ed al Direttivo della Confraternita della Madonna delle Rose, per conoscenza al Parroco don Giovanni Battista Macali con la quale comunica “che a partire da questo anno la processione del sabato che precede la Pentecoste, con il trasporto della Statua della Madonna delle Rose a Santa Maria Assunta venga anticipata al venerdì sera”.

In data 19 Febbraio 2010 il Priore della Confraternita a nome del Direttivo risponde alla lettera del Vescovo comunicando che il “Consiglio all’unanimità ha approvato il Decreto e invitava il Vescovo a presiedere, per la prima volta, la Processione del Venerdì ed a officiare la Santa Messa nel Santuario della Madonna delle Rose alle ore 20,30”.

Attualmente le celebrazioni si tengono il sabato pomeriggio alle ore 16 e la domenica alle ore 9.Le notizie più antiche relative alla chiesa della Madonna delle Rose si rinvengono nei documenti conservati nell’archivio della Curia Vescovile di Anagni. 

È da questi documenti che veniamo a sapere che a seguito della liberazione dalla peste avvenuta nel 1656 la comunità del Piglio volle edificare una chiesa dove era collocata l’icona della Madre Santissima detta delle Rose.

La fabbrica della chiesa cominciò il 16 novembre del 1668. Il 6 maggio 1674 fu benedetta la nuova chiesa e vi fu celebrata la prima messa dal Vescovo di Anagni Mons. Gian Lorenzo Castiglioni.

Sugli atti della visita pastorale del 22 ottobre 1686 si legge che nella Madonna delle Rose si celebrava la messa tutti i sabati e le feste della Beata vergine Maria.

La notizia più antica riguardante la processione della Madonna delle Rose il lunedì dopo Pentecoste si rinviene nella visita pastorale del 27 giugno 1689. Stessa notizia la troviamo nella visita pastorale del 17 giugno 1697 e in quella del 1700. Sugli atti di quest’ultima visita pastorale troviamo scritto anche che nelle feste di precetto del mese di maggio si recitavano le litanie e che nella chiesa della Madonna delle Rose si poteva ottenere l’indulgenza plenaria.

In un inventario del 1 settembre 1782 si afferma che nella chiesa esisteva un solo altare, dedicato alla stessa B.V., “fatto fare nuovo di stucco con suo ornato da una persona divota benefattrice nel corrente anno 1782“.La medesima data è stata rinvenuta sul cemento della cornice dell’affresco durante l’ultimo restauro del medesimo avvenuto nel 2001.

Nell’archivio parrocchiale si conserva un manoscritto del Preposto Vincenzo Bonacci, sulla storia del miracolo, dedicato ad Alessandro Petrarca. Se ne riporta qui l’intera trascrizione.

“Storia  Della prodigiosa Immagine Di Maria Santissima detta delle Rose che si venera in vicinanza della Terra del Piglio, Diocesi d’Anagni, Dedicata al Nobil Uomo il Sig.r Alessandro Petrarca

L’anno di nostra salute 1656 fu funesto all’Italia. Una peste sterminatrice serpeggiò per varie parti di essa, e dalla Sicilia passando o Napoli e quindi in Roma recò molta strage desolando città. Nel mese di settembre si manifestò tra gli abitanti di Piglio i quali incontanente si trovarono in braccia della morte, estinte rimanendo intere famiglie.

Terra popolato era il Piglio a quei dì, composta essendo di sopra a 400 famiglie ed anime sopra 1550, e gli estinti nel tempo del contagio si calcolarono a settecento venti. In vicinanza del Piglio verso il mezzogiorno su di una amena collina si erigeva picciola aperta Cappelletta ove dipinta miravasi l’antica Imagine di Maria SS.ma detta delle Rose. Ci è ignoto il tempo in cui essa fu dipinta; seppure non conviene rimontare al secolo di Leone Isauro, quando l’Italia in opposizione al furore, ond’egli le Sacre Imagini perseguitava in Oriente, atterrò con Santo Zelo dovunque incontravansi l’Imagini dell’empio Imperatore, e moltiplicò i dipinti in onor di Maria, e dei Santi. Comunque però ciò sia l’Imagine si presenta in atteggiamento molto grazioso ed obbligante.

E’ espressa in atto di allattare il Divin pargoletto, e mostra con ciò essere Iddio ad essa soggetto, ed obbligato, mentre con guardo pietoso rimira gli circostanti imitandoli alla sua fiducia. Insino all’epoca accennata della pestilenza, la S. Imagine venerata era in questa picciola Cappella, riscuotendo gli omaggi dei passeggeri divoti, e gli tributi che le pie verginelle le donavano di fiori a rose inghirlandati.

Da qui forse ebbe la denominazione della Madonna delle Rose, o della Rosa, e con corrotto vocabolo Santa Rosa, come si appello in una consiliare adunanza del Comune, e come tuttora si nomina da alcuni del basso volgo, e che ad essa S. Imagine sia riferibile tal titolo, si prova, dal non esistere in essa terra chiesa, o altare dedicato alle tante sante di tal nome, le quali registrate sono nel martirologio romano.

Venne però il tempo che nel luogo, ove stava l’imagine di Maria SS. delle Rose manifestar doveasi un tesoro di grazie celesti. In mezzo al comune pianto, e generale consternazione cagionata dall’epidemia, mentre il Popolo disperando di ogni umano rimedio a Dio ricorreva cò voti, e alla intercessione dei Santi, e specialmente di Maria, si ode da alcune donne, che l’Imagine della Madonna SS.ma delle Rose sudava.

A tal propizia voce quali fossero le pie emozioni del Popolo è facile immaginarlo.

Vi occorrono immantinente l’Arciprete del luogo D. Domenico Gianardi, il governatore Francesco Costa ed il medico Marchetti con altre persone, le quali accertatesi del mirabil sudore e verificato non poter provenire dall’umido per essere la S. Imagine in muro elevato ed asciutto ed esposto al sole, ed è questa per noi manna di salute o clementissima Regina? (sclamarono tutti con dirottissimo pianto) o lagrime dei vostri pietosissimi occhi per lavarci dal lezzo dei peccati? Se fossero queste, offritele al vostro divin figliuolo e rendetelo a noi pietoso.

Accorse a queste voci la maggior parte del popolo benché infermiccio, e giudicando che quel miracoloso umore fosse il Popolo attaccato da peste, e che vedendo non aver più mezzi umani cui ricorrere per esserne liberato alla sola intercessione ricorrea de Santi, e specialmente di Maria SS.ma, non si dice attribuir a un prodigio della sua Fede l’istantanea cessazione del flagello seguita dall’unica applicazione di quell’umore che dalla Imagine di Maria scaturiva? Perché non ha a dirsi prodigiosamente apparso un tal sudore, quando da niuna natural causa potea esser prodotto, siccome la relazione di tre distinti personaggi e i più illuminati del Luogo ci prova a sufficienza? Come non prodigioso, se fù efficace a guarire quei che già del morbo erano affetti, e segno fù che altri mai più il contrasse? Dica pur chi vuole, che io lo chiamerò sempre un miracolo, e lo aggiungerò a quegli infiniti operati da Dio pel mezzo della sua gran Madre, e de quali a esprimersi colle parole di Tullio pleni sunt omnes Libri, plene sapientium voces, plena exemplorum vetustas. e così me lo crederà sempre balsamo al lor male, chi con bambace, e chi con pannolini procurarono raccoglierlo, e con l’ali di amore volarono ad applicarlo ai loro infermi. Molti quantunque poco sani non si vollero partire dall’aspetto della S. Effige, nemmeno per la sopravvenienza della notte, nella quale benché cadesse dirotta pioggia, neppure di una stilla si sentirono bagnati; per lo che raddoppiarono il pianto, vedendo la cura che di loro prendeasi la misericordiosissima Vergine, quale di molto si accrebbe, quando nel mezzo della notte apparve un grazioso augellino che svolazzando festevole intorno alla lampada che ivi ardea, sembrò che presagisse al Popolo salute col volo, e suo canoro canto.

Cessò in quel punto il prestigioso umore e la pestilenza restò fugata totalmente. Quel fatto avvenne nel giorno 30 ottobre 1656. 

Il popolo per gratitudine dell’ottenuto beneficio fece nello stesso giorno larghi doni di anelli, monete, collane di oro, e di argento, acciò si fabbricasse la chiesa alla loro liberatrice: e perché quel sito parve troppo angusto a loro disegni, risolverono segare da quel muro la S. Imagine, e trasportarla in Luogo più alto entro la Terra. Accinti a tal opera i Fabri, furono immantinente fugati da una tempesta; ed un fulmine brugiò gli ordigni preparati al lavoro ed al trasporto.

A questa evidente disposizione del Cielo nella quale manifestavasi che la Santa Vergine erasi scelto quel Sito, cambiaronsi i sentimenti, e fabbricarono la chiesa come al presente si vede, abbellita in appresso dall’elarginazione dei devoti.

Il Popolo del Piglio ha conservato sempre, e conserva tuttora verso questa S. Imagine la più viva divozione in riconoscenza a Maria SS.ma di si segnalato beneficio, il che mostra olle continue visite, e colle invocazioni in ogni sinistro incontro. Maria in corrispondenza benefica di continuo gli suoi divoti, secondo che appunto disse di Lei Innocenzo III = Quis invocavit eam, et non est auditus ab ipsa? = (Serm. de Assumpt. B.V.).

Ne celebra solenne Festa nella Feria seconda di Pentecoste, gareggiando la ricchezza de doni colla più soda, ed esprimente divozione.

Le principali circostanze del presente Istorico racconto trattesi sono dal De-Magistris in più opere, il quale protesta di aver letto l’autentico originale dello stesso Governatore Francesco Costa testimonio presente al fatto.

Altre Copie, e tutte simili del detto Costa sono pur anco da me state lette esistenti presso alcuni abitanti del Piglio. A rendere memorando nei posteri il giorno, in cui accadde la Liberazione dalla peste, cioè il giorno 30 ottobre, la S. Congregazione dei Riti con Decreto del di 5 Settembre 1827 ha concesso nel Rito di Doppio Maggiore l’ufficio e Messa da potersi recitare dal Clero Secolare del Luogo come nel Patrocinio di Maria SS.ma”.

 In un documento rinvenuto dal dott. Stefano Parenti nell’archivio Colonna di Roma (busta Piglio III- “Le corrispondenze dal 1560 al 1730), riguardanti l’epidemia di peste), in merito all’evento miracoloso avvenuto il 30 Ottobre 1656, l’arciprete del Piglio Domenico Janardi in data 1° Novembre 1656 così scrive al Principe Colonna:

“Em.mo et Rev.mo Sig.re P.one Col.mo,  Mi trovo come Navicella in mezzo al mare senza guida smarrita nel più profondo fondo di travagli et disgusti, se bene ho pigliato fin animo coraggioso, dubito di restar privo di tutte le mie pecorelle datemi in custodia da V.E., et in tanto poco tempo diventar Pastore senza gregge avendo fatte tante fatiche in radunarlo a Dio, con far continuamente orazione di quaranta sacrificij Processioni, Rosarij, che questo Popolo s’avesse mantenuto in Pace et tranquilla quiete, et hora mi vedo come  Marinaio restar senza Barca, et Pastor senza greggie, con pericolo grande di restar privo anch’io della Vita. Ritrivandomi solo in continue fatiche, non solo nella Terra ma anche nella Campagna per non perdere le povere anime.

Devo per scarico della mia Coscienza avisar V.E., ma prima col darli buona nuova che ho tanto esclamato a questo Popolo una Mutazione della Vita, lasciar   vizi, in particolare tanti latrocinij et che sarebbe stato mai liberato da tal flagello di Dio perché li Peccati nostri meritano di peggio.

E’ apparsa la Madre Sant.ma in una iconetta fuor delle Mura, cominciando in ore stultorum, che si commosse tanto questo popolo che è cosa da non credere et ivi con strilli et scalzi tutti, con gridi che arrivavano fino in Cielo.

Unitamente con il Sig. Governatore trovammo alcuni segni et con domandar Misericordia, le Donne si cavarno l’Anelli dalle dita, che mi furono consegnati subito in numero trenta quattro, et Denari scuti trenta la Biancaria non c’è numero ancora et di qualche considerazione.

E.mo Sig. Mio, il flagello è troppo grande, Meritiamo peggio, si spera dalla misericordia di Dio qualche gratia; non mi dispiace di Morire perché son certo ma vorrei rassegnarli tutti a Dio e non perderli.

Li mando la nota di tutti li morti, et quelli con il segno della Croce non si sono confessati, con tutto che sia andato tre volte a far l’istanza, non me ne meraviglio perché tale vita, finis vita del resto tutti stati rassegnati a Dio come meglio ho potuto che non venuto laborem non mi dispiace altro che quando vado alla Campagna non ci è aiuto ne da frati ne da preti che tutti son serrati e stanno da lontano it nomen D.ni Benedictum et quel che peggio mi trovo senza preservativi, et senza rimedio alcuno, altro la mia fede nella speranza di Dio. 

Intanto prego Dio della sua Santa Benedizione et prego Dio per questo Popolo, et con le lagrime à gl’ochi  lascio la penna, et gli fo profonda riverenza.

Dal Piglio il p° di 9.bre 1656 D.V.E, Obb.mo Ser,re Vero Dom.co Janardi Arcip.te  del Piglio”.

 Lo stesso Domenico Janardi con una lettera datata 24 Novembre 1656 informa il Principe Colonna che il male dilaga senza alcuna sosta e che il popolo non potendo digiunare, perché stremato dal morbo malefico, è disposto a percorrere scalzo i due chilometri che separano il Convento di San Lorenzo dal paese, per strappare al Beato Andrea Conti la grazia desiderata (questo accadeva il 25 Novembre 1656 festa del Beato).

 Ne riportiamo il testo:


“Em.mo et R.mo Ho ricevuto una di V.E. con molto mio gusto e son certo dell’Affetto che mi prova perché ho visto gli effetti. Mi dispiace rispondere che credo gli apporterà qualche disgusto et mandargli la nota che segue, il male ti credi, che non cessa, ma moltiplica assai.

Mi creda certo, che se domani lì 25 del Corrente non si ottiene grazia al Beato Andrea che è festa sua; essendo disposto non il popolo a digiunare, io andarci devotamente scalzi. Vedrà che pochissimi si salveranno.

Questo è quanto mi….. e ti fo pro.ma riverenza. Dal Piglio lì 24 di 9bre 1656. D.V.E. Obblig.mo Sempre Dom.co Gianardi Arc.te del Piglio”.

In data 14 Dicembre 2010 sono stati rubati quattro statue lignee di angeli che la Confraternita aveva acquistato nel 1978 al costo di 4 milioni e settecento mila lire delle vecchie lire.

Giorgio Alessandro Pacetti